L’Europa affronta una sfida importante nel definire regole comuni sull’intelligenza artificiale. L’attuale situazione, con normative differenti in 27 paesi, rallenta lo sviluppo tecnologico e rischia di danneggiare la competitività economica del continente. A Roma, durante l’incontro ‘Italia, Europa e Stati Uniti: l’innovazione al centro del dialogo transatlantico’, Domenico Lombardi, direttore del Policy Observatory della Luiss School of Government, ha spiegato le difficoltà e le scelte necessarie per rilanciare il settore AI.
La complessità normativa tra i 27 stati europei
Il sistema attuale si basa su 27 giurisdizioni indipendenti, ciascuna con regole proprie che riguardano la privacy, la sicurezza dei dati, e le autorizzazioni legate all’intelligenza artificiale. Questa frammentazione crea ostacoli all’attività delle aziende che lavorano sul mercato europeo, costrette spesso a rispettare standard diversi e talvolta contrastanti. Domenico Lombardi ha posto l’accento sulla necessità di un’unica regolamentazione per superare queste divisioni. Non si tratta solo di semplificare, ma di trovare un equilibrio tra il rispetto della privacy, tema molto sentito in Europa, e la necessità di favorire lo sviluppo di nuove tecnologie. Senza questo bilanciamento, ha sottolineato, l’Europa rischia di essere sempre più marginale rispetto a mercati più dinamici.
Questa situazione rallenta gli investimenti e complica la vita delle piccole e medie imprese , che rappresentano la spina dorsale dell’economia europea. Le PMI faticano a sostenere costi e procedure diversi da Paese a Paese e vedono minata la loro capacità produttiva. L’assenza di una regola unica limita anche le opportunità di cooperazione tra governi e aziende. In effetti, è l’intero modello di sviluppo europeo nel campo dell’AI che viene messo in discussione.
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Il rischio di perdere terreno rispetto agli stati uniti
Lombardi ha puntato il dito contro il crescente divario tecnologico tra Europa e Stati Uniti. Secondo lui, l’Europa rispetto agli Usa investe meno nel settore tecnologico e questo dislivello si aggrava per effetto della regolamentazione eccessiva. Le regole spesso rigide risultano un freno alla crescita delle imprese, specialmente quelle di piccole dimensioni, che non riescono a sostenere i costi operativi legati alla conformità normativa. Il risultato è una riduzione degli investimenti in innovazione e una conseguente perdita di forza lavoro specializzata.
Questo scarto rischia di compromettere la posizione commerciale e industriale dell’Europa in un momento in cui la sfida globale sull’intelligenza artificiale si fa più serrata. A New York e San Francisco, enti pubblici e privati procedono con una velocità e un’agilità difficili da raggiungere quando la burocrazia rallenta ogni passaggio. Il dialogo tra i due continenti coinvolge ora anche aspetti di sicurezza e geopolitica, che si riflettono sulle scelte economiche. Il ritardo dell’Europa spinge quindi a riflettere sull’efficacia di una regolamentazione che, pur volendo proteggere, finisce per frenare il progresso.
L’importanza di un approccio cooperativo con chi sviluppa l’intelligenza artificiale
Oltre alla semplificazione normativa, Lombardi ha richiamato l’attenzione sull’importanza di collaborare attivamente con chi produce tecnologie AI. A suo avviso, un modello di regolamentazione efficace deve nascere dal confronto costante tra istituzioni, aziende e centri di ricerca. Solo così si può arrivare a regole che rispettino i diritti dei cittadini senza soffocare l’innovazione.
In pratica, ciò significa instaurare un dialogo aperto che consenta di monitorare e reagire alle evoluzioni continue del settore. Chi sviluppa AI conosce meglio di chiunque altro le potenzialità e i rischi, e le loro osservazioni possono aiutare a definire norme realistiche e funzionali. Questa cooperazione è anche uno strumento per evitare che si creino barriere inutili e per mantenere il mercato europeo competitivo senza rinunciare alla tutela delle libertà fondamentali.
La sfida per il 2025
La sfida per il 2025 è quindi trovare la strada che metta l’Europa nella posizione di protagonista, senza ansie burocratiche o regole troppo rigide ma con una visione chiara, condivisa e sostenibile. Le parole di Lombardi smuovono un dibattito che riguarda non solo chi è direttamente coinvolto nell’AI, ma l’intero ecosistema economico e sociale del continente.