Sequestrati 26,5 milioni a Torino: scoperta rete di fatture false e lavoro in nero

Sequestrati 262C5 Milioni A Tor

Sequestrati 26,5 milioni a Torino in un blitz contro fatture false e lavoro nero. - Gaeta.it

Sara Gatti

10 Settembre 2025

Una maxi operazione della procura di Torino ha portato al sequestro di beni per 26,5 milioni di euro. L’inchiesta, battezzata “Epicentro”, ha smascherato un sistema illecito attivo dal 2018 al 2023, basato su fatture false, appalti finti e sfruttamento di lavoratori. Al centro ci sono due gruppi imprenditoriali torinesi, accusati di evasione fiscale e di far lavorare in condizioni precarie più di 2.000 persone.

Come funzionava il sistema di fatture false e società fantasma

Dietro questa truffa c’era un meccanismo ben oliato, costruito su due tipi di società. Le cosiddette “società serbatoio”, intestate a prestanome, erano vuote, senza attività reale, usate solo per accumulare debiti fiscali e contributivi che poi venivano scaricati sui lavoratori. Erano insomma dei contenitori per nascondere i mancati pagamenti.

Accanto a queste, c’erano le “società filtro”, aziende apparentemente attive nel settore dei servizi. Queste rifatturavano le prestazioni ai clienti sparsi in varie regioni — Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Lazio ed Emilia-Romagna. Così si creava una fitta rete di fatture che rendeva quasi impossibile per le autorità scovare le irregolarità. La combinazione tra società fantasma e filtro ha permesso di gonfiare i bilanci e abbassare i costi con metodi fuori legge.

L’indagine parla di un giro di fatture per servizi inesistenti superiore ai 100 milioni di euro, insieme a debiti tributari non saldati. Questa rete era costruita per schermare le responsabilità e mantenere un’apparenza di regolarità.

Il peso sociale e il dramma dei lavoratori

Più di 2.000 lavoratori sono stati coinvolti in questa storia, spesso costretti a lavorare in condizioni precarie, senza vedere versati i contributi previdenziali. Molti erano impiegati in aziende con clienti importanti, ma che si reggevano su schemi illeciti, scaricando su di loro tutte le responsabilità fiscali e contributive.

La Guardia di Finanza, con testimonianze dirette e indagini digitali, ha ricostruito come questi lavoratori fossero assunti con contratti irregolari o addirittura senza contratto. Il fenomeno riguarda settori come la logistica e la ristorazione, arrivando anche alla gestione di locali storici nel centro di Torino. Questo dimostra che il sistema illegale non toccava solo le periferie, ma si infilava anche nei luoghi simbolo della città.

I dati raccolti raccontano di uno sfruttamento diffuso, con lavoratori impiegati senza garanzie di legge, causando un grave danno economico allo Stato e una ferita alla dignità e sicurezza dei dipendenti.

Indagati, società sequestrate e le mosse della procura

Nel registro degli indagati sono finiti nove soggetti, accusati di associazione per delinquere, dichiarazione fraudolenta, omesso versamento dell’Iva e mancata dichiarazione. Sono state sequestrate dieci società; una di queste, con oltre 500 dipendenti, è stata messa sotto amministrazione giudiziaria. È attiva soprattutto nella logistica e nella ristorazione.

Uno dei gruppi è in liquidazione giudiziale, probabilmente a causa delle indagini. La Guardia di Finanza ha eseguito anche sequestri informatici, bloccando documenti digitali e tracce delle operazioni, fondamentali per ricostruire il sistema e fermare la dispersione dei capitali ottenuti illegalmente.

La procura di Torino vuole vederci chiaro sui legami tra società serbatoio, filtro e committenti, per capire se questi ultimi fossero complici o semplicemente inconsapevoli. Gli strumenti usati mirano a congelare ogni movimento che possa far sparire i beni accumulati con la frode.

Una rete che tocca logistica, ristorazione e commercio

Le indagini confermano che il sistema illegale si estende su più fronti. Dalla logistica alla ristorazione, passando per il commercio al dettaglio, diverse realtà si sono appoggiate a questa rete criminale. Le società serbatoio e filtro hanno creato una filiera che ha coinvolto varie regioni italiane, ma Torino resta il cuore dell’organizzazione.

Il nome “Epicentro” non è casuale: sottolinea proprio la centralità territoriale e l’impatto sul territorio. Le conseguenze sono già evidenti, con effetti che coinvolgono lavoratori, clienti e fornitori spesso all’oscuro di tutto.

L’inchiesta va avanti per mappare tutte le connessioni tra le società e ricostruire l’intera catena di responsabilità. Ne esce un quadro chiaro: combattere le frodi fiscali e lo sfruttamento sul lavoro resta una sfida delicata e urgente in tante parti del Paese.

L’operazione “Epicentro” è un colpo importante contro un sistema che per anni ha drenato soldi pubblici e sfruttato lavoratori senza rispetto delle regole e dei diritti. Le ripercussioni si faranno sentire, soprattutto nel modo in cui verrà controllata la logistica e la ristorazione nella provincia di Torino.