Ritardo nella diagnosi delle malattie rare in Italia: focus su donne e disuguaglianze di genere

Ritardo nella diagnosi delle malattie rare in Italia: focus su donne e disuguaglianze di genere

Un’indagine nazionale del progetto “Women in Rare” analizza il ritardo diagnostico delle malattie rare in Europa, evidenziando disuguaglianze di genere, impatti sociali ed economici e disparità territoriali nel sistema sanitario.
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Il progetto “Women in Rare” indaga il ritardo diagnostico nelle malattie rare in Italia, con un focus sulle disuguaglianze di genere e l’impatto su pazienti e caregiver, per migliorare accesso alle cure e politiche di supporto. - Gaeta.it

L’attenzione sulle malattie rare si concentra sempre più sul ritardo diagnostico, fenomeno che in Europa può durare fino a cinque anni. Un’indagine nazionale, parte della seconda edizione del progetto “Women in Rare”, si propone di approfondire le cause di questa lentezza e i suoi effetti, con particolare riguardo alle possibili differenze di genere. L’iniziativa coinvolge Alexion, AstraZeneca Rare Disease, Uniamo e Fondazione Onda, puntando a raccogliere dati su una realtà complessa che riguarda pazienti e caregiver.

Le sfide del ritardo diagnostico nelle malattie rare

Per le persone affette da malattie rare, ottenere una diagnosi tempestiva resta una sfida significativa. L’indagine prende in esame molteplici fattori alla base di questo ritardo: condizioni culturali, sociali e sanitarie, insieme alle differenze territoriali, concorrono a prolungare il periodo che intercorre tra i primi sintomi e l’avvio delle cure. Questo intervallo, che può arrivare fino a cinque anni in Europa, influisce negativamente sulla gestione clinica del paziente, sulle possibilità di accesso a terapie specifiche, e sulla qualità della vita in generale sia dell’individuo malato sia dei suoi assistenti.

Disuguaglianze di genere e ruolo femminile

Secondo i dati raccolti, le donne risultano più penalizzate sia per la maggiore incidenza delle malattie rare nel loro genere, sia perché rappresentano circa il 90% dei caregiver nel settore. Questo squilibrio pone ulteriore attenzione sulla necessità di valutare se il sesso femminile comporti un ritardo diagnostico aggiuntivo anche a parità di condizioni. L’indagine, aperta fino all’8 agosto e poi ripresa dal 15 settembre al 17 ottobre sul sito di Uniamo, mira ad approfondire questi aspetti attraverso un questionario diffuso su tutto il territorio nazionale.

Impatti sociali, sanitari ed economici del ritardo diagnostico

Il ritardo nella diagnosi non riguarda solo l’aspetto sanitario. Ketty Vaccaro, responsabile dell’area ricerca biomedica di Fondazione Censis, segnala che l’indagine punta a mettere in luce come questa condizione influenzi la vita lavorativa e la qualità del quotidiano dei pazienti e dei caregiver. L’analisi comprenderà anche i costi diretti e indiretti legati all’attesa nella diagnosi, con l’obiettivo di quantificare l’onere economico sulle famiglie e sul sistema nazionale.

Disparità territoriali e studi di farmaco-economia

La raccolta dati includerà un’analisi delle disparità geografiche nell’accesso ai servizi diagnostici, frequentemente più limitati in alcune aree, rendendo il percorso ancora più complesso. In collaborazione con Altems, saranno condotti studi di farmaco-economia che evidenzieranno quanto il mancato tempestivo riconoscimento delle malattie rare incida sui bilanci pubblici e privati. Tassello cruciale sarà anche considerare il carico assistenziale, spesso gravoso sul nucleo familiare femminile, e verificare in che modo influisce sulla loro vita.

Il ruolo della donna nelle malattie rare: paziente e caregiver

L’indagine si concentra in modo particolare sulle donne, protagoniste non solo come pazienti ma anche nella maggioranza dei casi come assistenti familiari. Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo, sottolinea che “il ritardo diagnostico produce un impatto prolungato sulle scelte di vita, sulle opportunità lavorative, e sulle dinamiche sociali.” Attraverso le testimonianze di pazienti e caregiver, si intende riportare le difficoltà vissute quotidianamente, superando la mera misurazione della durata del percorso diagnostico.

L’obiettivo è di offrire un quadro chiaro delle barriere esistenti e degli effetti che hanno sulle persone colpite e sul loro circondario. I dati raccolti saranno essenziali per indirizzare interventi in ambito sanitario e sociale che mirino a diminuire le disuguaglianze tra generi. Mancano evidenze concrete sulla reale estensione di queste differenze, motivo per cui l’indagine rappresenta un passo fondamentale per chiarire quanto il sesso femminile contribuisca alle dinamiche di ritardo e alle conseguenze correlate.

I risultati e gli sviluppi del progetto women in rare

Il progetto “Women in Rare” ha mosso i primi passi nel 2023 con una prima indagine che ha costruito una base dati inedita sull’impatto delle malattie rare sulla popolazione femminile italiana. Anna Chiara Rossi, vicepresidente e general manager di Alexion, AstraZeneca Rare Disease, ricorda come in questa seconda edizione “si voglia approfondire ulteriormente la raccolta di dati e la costruzione di un think tank dedicato.”

L’intento è consolidare le conoscenze scientifiche sul rapporto tra ritardo diagnostico, accesso alle cure e conseguenze sul sistema sanitario e sociale. Si cerca di coinvolgere enti istituzionali, associazioni, comunità scientifica e altre parti interessate per individuare percorsi concreti che contrastino le disuguaglianze nel trattamento delle malattie rare. Questa strategia nasce dall’esigenza di fondare le politiche future su evidenze precise, per orientare risorse e interventi in modo più mirato e giusto anche per le donne colpite.

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