Le famiglie Doros, Cormos e Molnar hanno avanzato una richiesta di risarcimento pari a 3,7 milioni di euro in seguito alla tragedia del 31 maggio 2024 sul torrente Natisone, in Friuli. Tre giovani persero la vita travolti da una piena improvvisa. Le indagini si concentrano sul presunto mancato corretto intervento dei soccorsi.
La tragedia del Natisone: cosa accadde il 31 maggio 2024
Quel giorno, il torrente Natisone fu interessato da una piena improvvisa che sorprese tre ragazzi presenti nella zona. L’aumento rapido del livello dell’acqua non lasciò loro scampo. L’episodio, avvenuto in Friuli, suscitò attenzione a livello nazionale per la gravità e la natura improvvisa dell’evento. Il bilancio fu di tre giovani vite spezzate.
La dinamica dell’incidente ha posto al centro il tema delle allerte e dell’organizzazione dei soccorsi in situazioni di emergenza idraulica. Gli inquirenti hanno verificato se, al momento dell’allarme, le procedure fossero state rispettate e se gli interventi fossero stati tempestivi. Si indagano inoltre le cause che hanno determinato una piena così violenta in un tratto solitamente sotto controllo.
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Le famiglie coinvolte hanno subito un grave lutto, non solo per la perdita affettiva, ma anche per le conseguenze sul piano giuridico e civile. Il caso ha aperto un dibattito sulle responsabilità nella gestione delle emergenze e su eventuali errori umani o organizzativi nel sistema dei soccorsi.
Le famiglie si costituiscono parte civile contro vigili del fuoco e infermiere
Le famiglie Doros, Cormos e Molnar hanno incaricato un avvocato che ha depositato gli atti di costituzione di parte civile nel procedimento penale. Sono indagati tre vigili del fuoco e un infermiere della Sores, il servizio operativo regionale emergenze sanitarie. Gli imputati sono accusati a vario titolo in relazione alla morte dei tre giovani.
La richiesta di risarcimento riguarda sia danni patrimoniali sia danni non patrimoniali, cioè biologici e morali, per un totale di 3,7 milioni di euro. Il procedimento si concentra sul funzionamento dei soccorsi e sul comportamento degli operatori coinvolti dopo l’allarme.
La costituzione di parte civile consente alle famiglie di partecipare al processo penale per sostenere la loro posizione e chiedere giustizia. Verranno esaminate testimonianze e prove per accertare eventuali omissioni o responsabilità che hanno influito sull’esito tragico.
I punti chiave dell’inchiesta sulla gestione dell’emergenza
L’inchiesta mira a ricostruire in dettaglio le fasi precedenti e successive alla piena improvvisa del Natisone. È essenziale stabilire se le procedure di allerta siano state emesse in tempo e se i soccorsi siano intervenuti secondo i protocolli previsti in caso di calamità naturale.
Tra gli aspetti verificati c’è la comunicazione tra vigili del fuoco, infermiere della Sores e altre realtà coinvolte nell’emergenza, per accertare eventuali ritardi o problemi organizzativi che abbiano compromesso l’efficacia dell’intervento.
Il fascicolo penale, ancora aperto, continuerà a raccogliere elementi per stabilire eventuali responsabilità. Le accuse riguardano principalmente negligenza e ritardi, considerati determinanti per la morte dei ragazzi. L’esito del processo influirà anche sugli sviluppi civili legati al risarcimento richiesto.
L’episodio ha messo in luce criticità nella prevenzione e nella gestione di emergenze simili, soprattutto in relazione a fenomeni meteorologici improvvisi e intensi, sempre più frequenti in alcune aree italiane. Sul fronte della sicurezza resta alta l’attenzione, anche dopo questa tragedia.