Un peschereccio impegnato nelle acque del golfo di Gaeta ha accidentalmente catturato due grandi anfore romane nelle proprie reti. La scoperta ha mobilitato la Guardia Costiera di Gaeta, che ha coordinato un intervento rapido per mettere in sicurezza i reperti archeologici senza compromettere la pesca del giorno. L’episodio dimostra come la tutela dei beni culturali sommersi possa coesistere con l’attività pescatoria, grazie a un dialogo tra istituzioni e operatori locali.
La scoperta e il primo intervento della guardia costiera
Nel pomeriggio del 13 aprile 2025, attorno alle 16, durante una battuta di pesca a strascico, il peschereccio ha sollevato due anfore di notevoli dimensioni rimaste impigliate nelle reti. La loro mole non ha permesso l’imbarco a bordo senza compromettere il restante pescato, creando così un rischio concreto per le catture. Immediatamente, l’equipaggio ha allertato la Capitaneria di Porto di Gaeta.
La Guardia Costiera si è portata sul posto per valutare la situazione. Considerata la delicatezza dei reperti e l’impossibilità di trasferirli sull’imbarcazione, il comando ha avviato un piano di recupero coadiuvato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici. Il coordinamento tra questi enti ha evitato il sequestro o il danneggiamento degli oggetti, mantenendo intatta la qualità del pescato.
Il trasferimento e la tutela dei reperti archeologici
Una volta recuperati con attenzione, i due reperti sono stati spostati a terra presso il porto pescherecci di Gaeta. L’intervento ha previsto una delicata operazione di sollevamento per prevenire danni, assicurando la conservazione delle anfore in vista di successivi esami e studi. La presenza della Soprintendenza si è rivelata essenziale per gestire ogni fase nel rispetto delle norme sulla tutela dei beni culturali sommersi.
Questi oggetti, risalenti all’epoca romana, rappresentano testimonianze preziose delle rotte commerciali e delle attività marittime dell’antichità, frequenti nell’area del golfo di Gaeta. Il ritrovamento puntualizza l’estensione e la rilevanza storica di quest’area, riconosciuta come sito archeologico sommerso. Le procedure adottate mostrano come sia possibile conciliare l’attività economica con la salvaguardia dei resti culturali.
L’importanza della collaborazione tra enti e operatori locali
L’operazione si è svolta grazie a uno stretto rapporto tra Guardia Costiera, Soprintendenza, Comune di Gaeta, operatori portuali e servizio veterinario dell’ASL. Quest’ultimo ha consentito la verifica sanitaria del pescato, che è stato venduto regolarmente al mercato ittico e messo all’asta senza esitazioni. Questa convergenza di competenze ha evitato perdite economiche per i pescatori, tutelando al tempo stesso l’integrità del patrimonio archeologico.
L’episodio del golfo di Gaeta conferma la capacità delle istituzioni e degli operatori locali di lavorare insieme, soprattutto quando i bisogni legati alla pesca si intersecano con quelli della conservazione culturale. Il modello adottato permette di gestire scoperte archeologiche accidentali senza penalizzare le attività tradizionali, valorizzando così sia il lavoro dei marittimi che il patrimonio storico sommerso. La Guardia Costiera di Gaeta continua a svolgere un ruolo chiave in queste dinamiche, garantendo sicurezza e rispetto delle norme lungo la costa.