Un leader tradizionale del delta del Niger ha presentato una richiesta formale di risarcimento a Shell, puntando a 12 miliardi di dollari per i danni ambientali causati in decenni di attività petrolifere nella regione. La vicenda apre un nuovo capitolo nelle tensioni tra comunità locali e compagnie energetiche, mentre Shell si prepara a ridurre la sua presenza onshore in Nigeria.
Il contesto ambientale e sociale del delta del Niger
Il delta del Niger, situato nel sud della Nigeria, rappresenta una delle aree più ricche di petrolio dell’Africa, ma anche una delle più colpite dai danni causati dall’estrazione di idrocarburi. Le comunità locali, formate principalmente da agricoltori e pescatori, hanno visto progressivamente compromesse le risorse naturali fondamentali per la loro sopravvivenza. La contaminazione delle acque, la distruzione dei terreni agricoli e l’aumento delle fuoriuscite di petrolio hanno pesanti ripercussioni economiche e sanitarie.
Decenni di operazioni petrolifere, spesso prive dei necessari controlli ambientali efficaci, hanno lasciato un’eredità difficile da sanare. Le tensioni sociali e le proteste nelle comunità sono frequenti, riflettendo il disagio causato dall’inquinamento e dalla percepita assenza di adeguati risarcimenti. Qui, il petrolio rappresenta una fonte di ricchezza nazionale, ma anche una grave fonte di conflitto.
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La denuncia di bubaraye dakolo e la causa contro Shell
Bubaraye Dakolo, capo tradizionale del regno di Ekpetiama, ha intrapreso un’azione legale davanti all’alta corte federale di Yenagoa, città focale nel delta del Niger, dove si concentrano le attività oil & gas. Dakolo ha richiesto formalmente che Shell sia obbligata a versare 12 miliardi di dollari come risarcimento per bonifiche ambientali.
Questa somma si basa sui danni accumulati in decenni di fuoriuscite di petrolio e flaring di gas, che hanno devastato fiumi, foreste, terreni coltivabili e pesca. L’istanza è riferita al recente annuncio da parte di Shell di un disinvestimento superiore ai 2 miliardi di dollari dalle proprie attività terrestri nella regione, con il trasferimento degli investimenti verso le operazioni offshore.
Il capo tradizionale sottolinea che l’azienda non può lasciare la zona senza aver prima riparato ai danni prodotti. Il processo, che coinvolge anche le autorità nigeriane, è stato rinviato al 22 luglio per ulteriori fasi istruttorie.
Impatti e responsabilità delle attività petrolifere nella regione
Le attività estrattive di Shell nel delta del Niger includono perforazioni, pompaggio di greggio e gestione dei gas residui tramite flaring, che consiste nella combustione controllata di gas naturale associato. Questo processo emette sostanze inquinanti e contribuisce all’aumento della tossicità ambientale.
Nel corso degli anni, sono emerse numerose segnalazioni di sversamenti accidentali e perdite di petrolio che hanno contaminato sorgenti d’acqua fondamentali per le comunità circostanti. La pesca e l’agricoltura, pilastri dell’economia locale, risultano gravemente compromesse. I danni hanno effetti a catena anche sulla salute umana, con incrementi di malattie correlate all’inquinamento.
Le cause legali contro Shell non sono nuove, ma questa volta è il rappresentante diretto di una comunità a chiedere il risarcimento con una cifra di rilievo, legata al disimpegno finanziario dell’azienda.
L’inclusione delle autorità nigeriane nella causa legale
Oltre a Shell, la causa ha citato in giudizio anche i ministri nigeriani del petrolio e della giustizia, assieme a un’agenzia nazionale di regolamentazione petrolifera. Questi soggetti sono ritenuti corresponsabili per non aver garantito un adeguato controllo sulle operazioni industriali e per la gestione inefficace della tutela ambientale nell’area.
Il coinvolgimento delle istituzioni riflette la complessità dei rapporti tra compagnie energetiche e governo nel delta, dove l’estrazione petrolifera rappresenta una parte consistente del reddito statale. Le critiche riguardano la mancanza di azioni concrete per prevenire i danni ambientali e l’insufficiente supporto alle comunità colpite.
La causa apre un confronto sulle responsabilità condivise tra settore privato e pubblico nella gestione e mitigazione delle conseguenze legate allo sfruttamento petrolifero.
Il futuro del delta del Niger tra petrolio e tutela ambientale
Il caso sollevato da Bubarayé Dakolo arriva in un momento in cui Shell ridisegna la sua attività in Nigeria, spostandosi verso operazioni offshore che teoricamente presentano rischi ambientali diversi rispetto alle estrazioni onshore.
Il passaggio lascia però un’eredità che la popolazione locale si aspetta venga affrontata. L’attenzione pubblica si concentra sul come assicurare che i danni ambientali possano essere riparati e che vi siano garanzie per le nuove generazioni.
Parallelamente, il governo nigeriano dovrà risolvere questioni di regolamentazione e controllo più stringenti. Il delta del Niger resta un punto critico per l’economia nazionale e per la sostenibilità ambientale, dove conflitti, diritti delle comunità e potere delle compagnie petrolifere si intrecciano stretto.
Il giudizio atteso a luglio potrebbe aprire linee nuove nelle responsabilità di chi opera in questi territori.