La scomparsa di Evelinndel Moori Chamorro, 30enne peruviana precipitata dal sesto piano di un palazzo a Genova, ha scatenato un’indagine per omicidio preterintenzionale. Le prime verifiche partono da una lite con il compagno e dalla possibile violenza subita prima della caduta. La vicenda riporta al centro il tema delle convivenze difficili negli alloggi di emergenza e la tutela delle vittime di violenza domestica.
Lesioni e dinamica della caduta: cosa dicono gli inquirenti
La procura di Genova, con il pm Giuseppe Longo, sta indagando su quanto accaduto nella notte tra domenica e lunedì nell’appartamento di via San Martino. Il compagno di Evelinndel, Marlo Stephano V. C., è indagato per omicidio preterintenzionale, cioè per un decesso non voluto ma causato da azioni violente o imprudenti. Al momento si sospetta che Evelinndel sia stata colpita prima di cadere dalla balaustra del sesto piano, anche se non è chiaro se si sia trattato di un incidente o di un gesto volontario.
L’autopsia, effettuata dal medico legale Davide Bedocchi, ha mostrato lesioni più gravi di quanto si pensasse all’inizio. Dai primi rilievi sembrava ci fossero solo fratture a una gamba e a una costola, invece l’esame ha rivelato molte altre fratture. Sono state disposte ulteriori analisi istologiche per capire quando sono state inflitte queste lesioni: se prima o durante la caduta. Questi dati saranno messi a confronto con le testimonianze raccolte.
Urla e tensioni: cosa è successo in casa
L’appartamento al sesto piano ospitava Evelinndel, il compagno, le loro due figlie, la sorella di Marlo, il marito di lei e il loro bambino. I vicini hanno raccontato di aver sentito urla provenire dall’abitazione, seguite dal rumore di mobili spostati. Poi la discussione si è spostata sul pianerottolo, dove la lite è proseguita fino a un urlo acuto e a un tonfo sordo, probabilmente il momento della caduta.
Le autorità hanno sequestrato l’appartamento e stanno ascoltando testimoni diretti per ricostruire la dinamica. La presenza di tante persone nello stesso spazio ha portato a contraddizioni nelle dichiarazioni finora raccolte.
Famiglia in crisi e convivenza forzata negli alloggi di emergenza
La madre di Evelinndel ha raccontato che la coppia litigava spesso, soprattutto da quando la sorella del compagno e la sua famiglia si erano stabilite nell’appartamento, concesso in emergenza abitativa dal Comune. Stando a quanto emerso, la famiglia del cognato si era trasferita senza avvisare i servizi sociali o le autorità.
Questa convivenza forzata ha aumentato le tensioni di tutti i giorni. In più, la madre ha spiegato che Evelinndel era l’unico sostegno economico della famiglia, grazie al suo lavoro come badante, mentre il compagno non contribuiva alle spese, aggravando la situazione. Le autorità locali, pur sapendo delle difficoltà della famiglia, avevano già fatto alcuni interventi per i continui litigi, ma senza trovare prove di maltrattamenti prima della tragedia.
Questo caso mostra quanto sia complicato gestire situazioni di disagio in alloggi di emergenza, dove si sommano problemi economici, familiari e sociali. E mette in luce la mancanza di un coordinamento efficace per prevenire episodi di violenza che possono finire in tragedia.