Il selfie è uno degli strumenti di comunicazione visiva più diffusi e vari nel mondo moderno. Scattare una foto di se stessi è un gesto comune che attraversa età, contesti e ambienti sociali. Ma le sue radici affondano molto lontano nel tempo, molto prima dell’avvento degli smartphone. Oggi il selfie è anche un fenomeno culturale e sociale, che coinvolge vip, politici e persino figure religiose, ma si accompagna a strumenti e linguaggi particolari. E’ interessante scoprire come questo semplice gesto si sia evoluto fino ad assumere molteplici forme. Ecco un racconto dettagliato del percorso del selfie, le sue varianti e il suo ruolo attuale.
Le origini del selfie: dai primi autoritratti alle prime fotocamere
La pratica di catturare la propria immagine non è affatto una novità degli ultimi anni. Il primo autoritratto fotografico risale al 1839 e fu realizzato da Robert Cornelius, un pioniere della fotografia americana. Si tratta di uno dei primi esempi di autoritratto mai effettuati con una macchina fotografica, in un’epoca in cui la fotografia iniziava solo a farsi strada come arte e tecnica.
Nei decenni successivi, soprattutto all’inizio del XX secolo, alcune figure di rilievo si dedicarono ad autoritratti fotografici. Anastasia, la figlia più giovane dello zar Nicola II di Russia, usava una Kodak Brownie no. 2 per scattarsi delle foto in modo abituale. Questo indica come, anche senza smartphone, le persone sentissero il bisogno di fermare se stesse e i propri ricordi in immagini. Questi scatti rappresentano un primo passo verso il concetto attuale di selfie.
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L’evoluzione della tecnologia fotografica ha permesso poi di avvicinare questa pratica a un pubblico più vasto. L’arrivo di fotocamere più economiche e maneggevoli ha spalancato le porte del “fare foto a se stessi” verso nuove generazioni. Tutto ciò ha posto le basi per la vera esplosione del fenomeno nel nuovo millennio.
Il termine selfie e la sua diffusione nell’era digitale
La parola selfie, che deriva dall’inglese “self-portrait”, ossia autoritratto, è entrata nel linguaggio comune soltanto nel 2005. Il fotografo e documentarista Jim Krause ne coniò il termine proprio per definire quel tipo di scatto in cui il soggetto è chi scatta la foto.
Il vero boom del selfie cominciò nel 2010, quando Apple introdusse l’iPhone 4. Questa fu la prima versione del cellulare dotata di una fotocamera frontale, che rese più semplice per chiunque scattarsi un autoritratto in modo immediato. Da lì la pratica si è rapidamente diffusa su scala globale e ha cambiato molte abitudini sociali.
Il selfie ha invaso le piattaforme social e ha dato vita a nuove modalità di comunicazione, aumentando la quantità di immagini create e condivise. Si è affermato come mezzo per raccontarsi, celebrarsi, confrontarsi e tenere traccia della propria vita quotidiana.
Nel tempo, il concetto di selfie si è arricchito di parole e varianti per indicare specifiche tipologie di autoritratti. Questi ne evidenziano la poliedricità e la capacità di raccontare mondi diversi, dal sociale al personale, dal gioco all’arte.
Le varianti del selfie e il vocabolario legato all’autoscatto
Il selfie ha generato diverse declinazioni che portano significati specifici ai vari tipi di scatti. Questa molteplicità creativa ha dato vita a un vero e proprio “alfabeto” delle foto autoritratto con nomi endemici che si sono fatti strada nell’uso comune.
Uno dei più diffusi è l’helfie, ossia selfie dedicati ai capelli. Si tratta di foto scattate per mostrare nuovi tagli, colori o acconciature, molto popolari tra chi vuole evidenziare la cura personale o un cambiamento di stile.
Il pelfie nasce dall’accostamento di “pets” e selfie: è la foto che include i nostri amici a quattro zampe, uno scatto che racconta il legame tra persone e animali e che riscuote molto successo online.
Il welfie invece combina “workout” con selfie. Chiunque documenti la propria seduta di esercizio fisico con una foto sugli attrezzi in palestra o durante una corsa, sta scattando un welfie, mostrando impegno e disciplina.
Il termine ussie indica un selfie di gruppo, nato dall’unione di “us” e selfie. A differenza del semplice autoscatto, in questo caso la foto coinvolge più persone, spesso amici o familiari, per festeggiare momenti condivisi.
Questa varietà di definizioni testimonia come il selfie abbia conquistato spazio anche nella cultura pop, offrendo modi diversi di raccontarsi e restare in contatto in situazioni sociali e personali.
Gli accessori che migliorano l’esperienza del selfie
Chi si dedica con passione alla pratica del selfie conosce bene una serie di accessori che facilitano e migliorano la qualità delle immagini. Questi strumenti aiutano a superare le limitazioni tecniche e permettono di ottenere scatti più creativi e precisi.
Il selfie stick è un bastone telescopico su cui si fissa lo smartphone. Grazie a questo supporto si può estendere la distanza tra chi scatta e la fotocamera, consentendo di includere più soggetti o l’ambiente circostante. Il dispositivo si collega al telefono tramite supporto regolabile e spesso usa bluetooth per scattare la foto senza toccare il cellulare.
Un altro strumento amato da molti è il selfie ring, una luce anulare a clip che si aggancia al telefono. Questa piccola illuminazione permette di regolare la luce sulle immagini e rendere il volto o l’ambiente più nitido, soprattutto in condizioni di scarsa luminosità. Il selfie ring è particolarmente utile per i ritratti o per chi vuole un risultato più professionale senza attrezzature ingombranti.
Questi accessori hanno reso il selfie un’attività più accessibile e personalizzabile. Nei social network, inoltre, si trovano sempre più funzioni e filtri che completano la gamma di opzioni per migliorare o modificare gli autoscatti.
Il selfie come fenomeno sociale e culturale oggi
Il selfie è ormai un tratto che attraversa molte fasce d’età e ceti sociali, estendendosi ben oltre i giovani o i vip. Persone di ogni genere si scattano foto di sé stesse per raccontarsi e interagire con gli altri.
Figura emblematiche come papa Francesco non si sono tirate indietro: il pontefice è stato il primo papa a farsi quasi regolarmente selfie con i fedeli, confermando come questa pratica sia entrata nel linguaggio quotidiano e nella vita pubblica anche più tradizionale.
Il fenomeno è stato oggetto di attenzione da parte di esperti di comunicazione come Andrea Favaretto, che ne sottolinea l’importanza nel soddisfare diversi bisogni umani. Il selfie serve a ribadire la propria identità, a ottenere approvazione sociale e a condividere momenti con una comunità virtuale o reale.
Inoltre, la possibilità di scegliere come mostrarsi dà agli individui controllo sull’immagine che vogliono comunicare. Il selfie è dunque uno specchio tecnologico della società, non solo un gesto superficiale.
Se non si spinge nella strada dell’autocompiacimento eccessivo, rimane uno strumento che lascia spazio all’espressione personale e al contatto con gli altri in un mondo sempre più digitale. Lo sappiamo: la sua diffusione è tale che dal 2014 esiste perfino una Giornata Mondiale dedicata al selfie, che si celebra ogni anno il 21 giugno.
In questo giorno, ci si prepara a inondare le piattaforme social con una grande quantità di immagini che testimoniano non solo la voglia di apparire ma anche di condividere momenti e sensazioni diverse, in modo semplice e diretto.