La repressione in Russia si estende alle élite: casi, arresti e nuovo controllo sul web

La Repressione In Russia Si Es

Repressione in Russia, arresti tra le élite e stretta sul web. - Gaeta.it

Donatella Ercolano

9 Settembre 2025

La stretta del regime russo ha raggiunto nuovi livelli nei primi mesi del 2025, con un aumento delle misure repressive rivolte non solo ai dissidenti comuni, ma anche a esponenti delle élite politiche e culturali. Il clima di paura si estende ormai a ogni strato della società, con arresti, condanne e un controllo capillare delle comunicazioni online. La vicenda coinvolge figure un tempo ritenute protette. Ecco un quadro dettagliato dei recenti sviluppi.

Le persecuzioni si espandono fra gli ambienti vicini al potere

Nel corso del 2025, la repressione in Russia ha colpito anche i sostenitori di Putin e i membri dell’establishment. A differenza del passato, quando il dissenso veniva punito soprattutto tra chi manifestava apertamente contrarietà al regime, oggi viene incriminato anche chi in precedenza era distante dalla scena politica o si era limitato a posizioni discrete e silenziose. La situazione ha creato un senso di apprensione generalizzata, persino fra gli ambienti più vicini al potere.

Elena Kostioukovitch, nel comitato scientifico di Memorial Italia, ha definito questo fenomeno una “farsa tragica” in cui prigioni e condanne sono ormai parte della routine, coinvolgendo anche chi aveva giurato fedeltà al Cremlino. Lo scrive anche l’analista Andrei Kolesnikov su Foreign Affairs, sottolineando come in Russia sia mutata radicalmente la percezione della sicurezza tra le élite: mantenere una posizione nelle istituzioni non garantisce più immunità da indagini e punizioni. Il «nuovo fattore paura» configura un clima in cui l’establishment viene accerchiato e sottoposto a un continuo controllo punitivo.

I casi simbolo fra politici e centri culturali

Un esempio emblematico di questo inasprimento riguarda Sergei Markov, ex deputato di Russia Unita e consigliere di Putin nel 2012, inserito nell’elenco degli “agenti stranieri”. Questo status comporta sanzioni pesanti e restrizioni, che influenzano anche i contatti personali degli interessati. La vicenda è stata rilanciata in televisione da Vladimir Solovyov, noto propagandista, che ha chiesto apertamente la detenzione di Markov.

Anche il Centro Eltsin di Ekaterinburg, fondato nel 2015 in onore del primo presidente russo, è finito nel mirino degli inquirenti. Alcuni di suoi dirigenti sono stati sanzionati per aver rilanciato post critici sulla guerra in Ucraina, pubblicati da Tatiana Yumasheva, figlia di Boris Eltsin, e altri interventi contro il conflitto. Una giudice locale ha assegnato una multa di 45.000 rubli alla vicedirettrice Lyudmila Telen e ha avviato procedimenti contro il critico cinematografico Vyacheslav Shmyrov per il suo attivismo online. L’accusa principale riguarda il “discredito” delle forze armate, reato introdotto per reprimere dissensi sul conflitto.

Questa intolleranza si è manifestata anche attraverso l’utilizzo di canali social collegati a Solovyov, come UralLive su Telegram, che ha denunciato le attività del Centro. Questi provvedimenti mostrano che non esistono più spazi riservati o ambiti protetti, nemmeno nel campo della cultura o quella appartenente a figure vicine al sistema.

Misteriose morti e arresti di alti funzionari fra sospetti e scandali

Dal 2022 sono ormai 56 i casi di top manager e funzionari legati allo stato ritrovati morti in circostanze poco chiare. Le dinamiche di queste morti spesso evocano episodi inquietanti come cadute da finestre, una caratteristica che ha alimentato sospetti sulle reali cause. Tra i casi più noti c’è Roman Starovoit, ministro dei Trasporti, trovato morto per presunto suicidio alcuni giorni dopo il suo licenziamento e in vista di un’indagine su corruzione negli appalti nella regione di Kursk.

Anche l’ex vice presidente di una grande azienda petrolifera, Andrei Badalov, è deceduto in modo simile. Questi episodi alimentano ipotesi di una purga interna che coinvolge anche nomi vicini a Putin, come i fratelli Rotenberg e Anton Vaino. Le reti di protezione che un tempo assicuravano immunità agli uomini dell’establishment sembrano vacillare.

I dati di Novaya Gazeta indicano che solo fra giugno e luglio 140 funzionari, di varia importanza, sono stati arrestati soprattutto con accuse di corruzione. Fra questi spicca la condanna a 13 anni per Timur Ivanov, ex vice ministro della Difesa. Il ricambio nelle élite passa anche attraverso l’incarico a veterani dell’operazione militare speciale in Ucraina, come anticipato da Putin nel 2024.

Casi giudiziari legati al dissenso e al sostegno all’Ucraina

Il sistema repressivo si è concentrato anche su cittadini accusati di tradimento e attività “anti-statali”. Sergei Irin, ex ingegnere della multinazionale Yandex, è stato condannato a 15 anni per aver inviato 500 dollari a una fondazione umanitaria ucraina che supporta le forze armate. Il pagamento risale ai primi giorni del conflitto e coincide con le prime restrizioni bancarie internazionali.

Dopo un periodo trascorso all’estero, Irin è tornato in Russia per motivi familiari ed è stato arrestato subito. Le accuse sono scattate in successione, dal vandalismo al tradimento, rispecchiando un metodo già noto nello scenario repressivo. Il controllo sulle transazioni economiche e il monitoraggio dei profili social delle persone favorisce l’individuazione di chi ha fornito aiuto o sostegno all’Ucraina. L’Fsb ha puntato al “gulag digitale”, sottolineato dal rafforzamento della censura online.

Rafforzati controlli sul web e limitazioni nelle comunicazioni

Dal 1° settembre è obbligatorio per qualsiasi nuovo smartphone o tablet venduto in Russia avere preinstallata l’app di messaggistica Max, sviluppata da Vkontakte e controllata da Yuri Kovalchuk, figura di spicco vicino a Putin. Istituzioni pubbliche, scuole e università devono usare questa app per le comunicazioni ufficiali, in un ampio tentativo di monitorare e circoscrivere le conversazioni private.

Roskomnadzor ha tagliato funzioni come le chiamate su WhatsApp e Telegram, considerati servizi esteri non controllabili dal governo. Il blocco completo di queste piattaforme potrebbe essere il prossimo passo, mettendo a dura prova le modalità di comunicazione dei russi. Per aggirare i limiti, gli utenti si adattano con strumenti alternativi, spesso affidandosi a servizi stranieri o a sistemi aziendali Apple.

I criteri per definire contenuti o progetti “estremisti” si sono ampliati a includere movimenti sociali come quello LGBTQ, vietando ricerche su questi temi e pubblicità per servizi VPN, accelerando così l’isolamento digitale del paese.

Reazioni e dinamiche interne all’establishment

Sergei Markov ha respinto le accuse di attività vietata e il riconoscimento come “agente straniero”. Ha dichiarato di aver sostenuto per oltre vent’anni le politiche di Putin, accusando invece nemici esterni di orchestrare attacchi per destabilizzare la Russia. Markov ha definito queste azioni frammenti di lotte intestine che porteranno inevitabilmente alla rimozione di chi si oppone al regime o viene considerato corrotto.