La mostra sulla magna mater al parco archeologico del colosseo racconta il legame con il sito di zama in tunisia

La mostra sulla magna mater al parco archeologico del colosseo racconta il legame con il sito di zama in tunisia

La mostra al parco archeologico del Colosseo racconta il culto della Magna Mater tra Anatolia, Grecia e Roma, evidenziando la cooperazione culturale tra Italia e Tunisia e l’importanza di Zama nel Nord Africa romano.
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La mostra al Parco Archeologico del Colosseo racconta la storia millenaria della Magna Mater, divinità madre venerata tra Anatolia, Roma e Nord Africa, attraverso reperti e testimonianze frutto di una collaborazione culturale tra Italia e Tunisia. - Gaeta.it

La figura della Magna Mater ha attraversato oltre mille anni di storia tra Anatolia, Grecia e Roma, vestendo diversi nomi come Kubaba, Cibele e Meter Theon. Un progetto internazionale tra archeologia e mito ora mette al centro questa divinità madre con una mostra al parco archeologico del Colosseo, aperta dal 2025 fino al 5 novembre. L’esposizione, nata dalla collaborazione tra Italia e Tunisia, esplora le origini e le evoluzioni del culto, dal suo arrivo a Roma nel 204 a.C. fino alla sua presenza nel Nord Africa romano, unendo reperti, riti e testimonianze in un viaggio tra le culture del Mediterraneo antico.

La magna mater e il suo culto tra anatolia e roma

La Magna Mater è una divinità che ha radici profonde nell’area anatolica, dove era adorata in forme come Kubaba e Cibele. Il culto si diffuse poi in Grecia e infine a Roma, dove assunse una centralità particolare a partire dal 204 a.C. Un passo cruciale fu il trasferimento della sua immagine sacra da Pessinunte al Palatino, su indicazione dei Libri Sibillini, in un momento in cui Roma cercava protezione durante la seconda guerra punica. Qui divenne un simbolo di salvezza e rigenerazione per la città, entrando a far parte della religione di stato.

Evoluzione del culto e ruolo sociale

Nel corso dei secoli repubblicani e imperiali, il culto della Magna Mater si sviluppò in strutture monumentali, subendo continui interventi architettonici specie in età augustea e tra il primo e secondo secolo d.C. Questa evoluzione si accompagnò a una crescita sociale legata ai suoi sacerdoti, che dagli inizi si aprì a figure di rango e liberti imperiali, segnando una connessione evidente tra religione e potere. La sopravvivenza del culto nel tempo dimostra il suo ruolo persistente fino all’affermazione definitiva del cristianesimo a Roma.

Il sito di zama e la sua importanza nella storia del nord africa

Zama è conosciuta soprattutto come teatro della battaglia decisiva della seconda guerra punica, ma la sua storia va ben oltre quel momento. Situata in Tunisia, fu la capitale della Numidia e mantenne un ruolo centrale anche durante la romanizzazione. Secondo il direttore dell’istituto nazionale del patrimonio di Tunisi, Tarek Baccouche, la conquista romana in questa zona avvenne senza grandi contrasti e favorì un intreccio culturale importante.

Reperti e testimonianze archeologiche

La mostra offre dati archeologici e storici sul sito di Zama, inserendolo in un contesto geografico ed economico più ampio. Gli scavi hanno portato alla luce tracce che confermano la diffusione del culto di Magna Mater anche nel Nord Africa romano, testimoniando come la religione e le forme di devozione varcarono il Mediterraneo per insediarsi in città lontane da Roma. La collaborazione tra l’Italia e la Tunisia ha permesso di valorizzare questo patrimonio, creando un ponte tra passato e presente.

L’organizzazione della mostra e il percorso espositivo nel parco archeologico del colosseo

La mostra si articola in più sedi all’interno del parco archeologico del Colosseo, con installazioni e reperti che permettono di seguire il culto della Magna Mater a partire dalle sue radici orientali fino alla diffusione in tutto l’impero romano. Nel Tempio di Romolo vengono esposte per la prima volta opere provenienti dagli scavi di Zama Regia, evidenziando la presenza del culto africano. La Curia Iulia amplia il racconto verso le province romane, con reperti dall’Egitto alla Brittania.

Approfondimenti tematici per sedi

Sul Palatino, alle Uccelliere Farnesiane, si approfondiscono le origini greche e ellenistiche della dea, mentre il Ninfeo della Pioggia ospita un’installazione sonora e visiva che rievoca rituali e simboli legati al culto romano. Infine, il museo del Foro Romano espone opere scelte per mostrare l’evoluzione iconografica della Magna Mater nei secoli successivi. L’intero percorso offre un’immersione tra storia, mito e archeologia, evidenziando il ruolo della dea non solo a Roma ma nel Mediterraneo antico.

La cooperazione culturale italia-tunisia e il valore del progetto

Il progetto trae origine dal piano Mattei per l’Africa e raccoglie il lavoro congiunto di studiosi e istituti italiani e tunisini. Questo sforzo ha permesso di costruire un racconto condiviso che valorizza il patrimonio comune e apre nuove prospettive di studio. Il ministro della cultura Alessandro Giuli ha sottolineato come questa iniziativa vada oltre l’archeologia, contribuendo a mantenere vivo un dialogo culturale tra le due sponde del Mediterraneo.

Le ricerche e i restauri che hanno accompagnato la mostra si basano sul confronto tra i reperti romani e quelli tunisini, mettendo in evidenza l’importanza di una religione che ha attraversato continenti e secoli. Il progetto invita quindi a riflettere su tradizioni religiose e culturali che ancora oggi influenzano le società affacciate sul Mare nostrum. Questo scambio rafforza legami storici e offre nuove chiavi per leggere territori e memorie comuni.

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