La malvasia rivela una storia lunga e articolata tra età antiche, rotte commerciali e protagonismo nelle isole e città italiane. Considerata “vitigno nomade” per la sua diffusione fuori dai confini d’origine, questa uva si lega a racconti di cultura, economia e scoperte archeologiche che ne confermano l’importanza ma anche la capacità di adattarsi ai cambiamenti del tempo. Intorno a queste uve ruotano iniziative che puntano a valorizzarne la produzione, intrecciandola con lo sviluppo dell’enoturismo e della formazione professionale in ambito enogastronomico.
La storia antica e la diffusione geografica della malvasia
Le origini della malvasia si perdono nel passato remoto, portando la memoria a tempi ben prima dell’epoca romana. Ricerca e archeologia attribuiscono le prime coltivazioni a periodi che risalgono al XII secolo a.C., come dimostra il ritrovamento di vinaccioli nell’area di Portella, sull’isola di Salina. Questi reperti rimandano a un villaggio distrutto dagli Ausoni, popolazione d’età del bronzo nell’Italia meridionale, a testimonianza che la coltivazione della vite in queste terre era già pratica consolidata ben prima del dominio romano.
Di certo c’è anche il contributo della colonizzazione greca, che portò la malvasia a diffondersi lungo le coste mediterranee. Questo vitigno non ha un’autoctonia stretta come altri, quindi si è spostato spesso grazie agli scambi commerciali. Nel corso dei secoli è stato fondamentale per le attività mercantili soprattutto tra Oriente e le repubbliche marinare come Venezia e Genova. Leonardo da Vinci, simbolo del Rinascimento italiano, non è estraneo a questo racconto: per la sua opera ‘L’ultima cena’ è stato pagato con una vigna a Milano, proprio coltivata con uve malvasia. In Italia oggi si contano ben 19 tipologie di questa uva, molto diverse tra loro, diffuse soprattutto nelle regioni centro-meridionali e nelle isole maggiori.
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L’importanza della malvasia nelle isole e il rilancio con le denominazioni
Le isole Eolie conservano un legame forte con la malvasia, considerata vitigno ideale per la produzione di vini secchi ma anche dolci. La denominazione di origine controllata “Malvasia delle Lipari” nasce nel 1973 con l’intento di proteggere e valorizzare queste coltivazioni eroiche, praticate su vigneti a forte pendenza, difficili da gestire. L’estensione attuale copre circa 80 ettari, segno della tenacia degli agricoltori locali.
Il sindaco di Lipari, Riccardo Gullo, ha sottolineato l’importanza di questa tradizione nella recente due giorni di incontri tra esperti, istituzioni e imprenditori, svoltasi tra Salina e Panarea. Questi appuntamenti sono occasioni per rafforzare la collaborazione tra produttori e operatori del settore, puntando a creare un sistema solido intorno alla malvasia. A questo si aggiungono i marchi registrati “malvasia senza confini” e “medoc”, che raggruppano le denominazioni siciliane Malvasia, Mamertino e Faro, per promuovere l’enoturismo nelle isole e aumentare la presenza turistica anche fuori stagione.
Enoturismo e sviluppo economico: le prospettive per le aziende siciliane
L’interesse crescente verso i vini malvasia si accompagna alla spinta dell’enoturismo, un segmento che ottiene riscontri positivi e coinvolge un numero sempre più alto di visitatori. Roberta Garibaldi, esperta di questi percorsi, ha evidenziato come molte aziende, anche quelle di dimensioni ridotte, trovino nelle iniziative di promozione europea e nei contributi al settore un sostegno concreto. L’Organizzazione Comune di Mercato vino ha spinto numerosi consorzi a sviluppare attività mirate, creando un’opportunità per una rete di aziende che consolidano identità e proposte enogastronomiche.
Secondo dati recenti, il 77% degli italiani ha frequentato almeno una cantina negli ultimi tre anni, riconoscendo il vino come prodotto rappresentativo della cultura nazionale. Questo trend ha effetti diretti sull’economia locale, spingendo molte imprese a investire nella relazione col pubblico e nel turismo legato alla produzione vitivinicola.
Formazione universitaria e ricerca: nuovi profili professionali per il settore agroalimentare
L’università di Messina sta espandendo la propria offerta nelle scienze enogastronomiche, riproponendo i corsi già attivi, anche nella sede di Noto. La rettrice Giovanna Spatari ha annunciato programmi per supportare percorsi formativi mirati alle certificazioni e validazioni delle caratteristiche organolettiche e nutrizionali degli alimenti. Altrettanta attenzione è rivolta al controllo della sicurezza lungo tutta la filiera agroalimentare, con studi microbiologici e chimico-fisici.
Questa scelta punta a creare figure professionali pronte a inserire e sviluppare competenze nel territorio, offrendo opportunità di lavoro ai giovani laureati. La formazione appare così un pilastro per sostenere una filiera vitivinicola che mette insieme tradizione e innovazione, fungendo da motore per le economie locali.
Sinergie tra istituzioni, imprese e comunità per la crescita della malvasia
Il coordinamento tra enti locali, imprese agricole, associazioni e centri di ricerca è alla base della strategia che il network Mirabilia sta portando avanti per rafforzare il valore della malvasia nelle sue diverse realtà territoriali. Angelo Tortorelli, alla guida di questo gruppo, ha sottolineato come la cooperazione rappresenti la chiave per mantenere vivo un patrimonio vitivinicolo che ha radici antiche e capacità di rinnovarsi.
L’istituto regionale del vino e dell’olio, rappresentato dalla presidente Giusi Mistretta, ha posto l’attenzione sulle nuove generazioni che gestiscono numerose aziende familiari, spesso con visione orientata allo sviluppo locale. Il sostegno alla produzione di malvasia passa quindi anche dal legame con l’enoturismo e un modello di crescita che considera la qualità, l’identità culturale e la sostenibilità ambientale. In questo quadro, le isole e le regioni coinvolte intendono mantenere e migliorare la presenza di questo vitigno nel mercato nazionale e internazionale.