Negli ultimi anni la malattia oncologica ha cambiato volto, trasformandosi in una condizione cronica grazie ai progressi nella terapia e nella diagnosi. Questo cambiamento ha aumentato la sopravvivenza dei pazienti ma ha anche portato a una maggiore complessità nella gestione clinica. A Milano, durante l’evento “Sound of science: il futuro della salute cambia musica”, Maria Teresa Montella, direttore generale dell’Istituto nazionale dei tumori , ha sottolineato come sia urgente adottare nuovi modelli di cura fondati su partenariati tra pubblico e privato, capaci di raccogliere e utilizzare i dati per migliorare l’assistenza oncologica.
L’oncologia come malattia cronica: un nuovo scenario per la cura
L’oncologia non è più solo lotta contro l’acuto, oggi molti pazienti convivono con tumori controllabili per lunghi periodi. Questa evoluzione richiede un cambio di paradigma nelle strategie di cura, spostando il focus dalla sola fase di emergenza verso un’assistenza continua e personalizzata. Montella ha messo in luce la necessità di integrare le conoscenze e le risorse pubbliche con l’esperienza del privato per creare percorsi clinici più efficaci, che tengano conto della qualità di vita e della normalità dei pazienti.
La malattia cronica impone anche una maggiore attenzione alla raccolta e all’analisi dei dati clinici. Solo attraverso un confronto costante tra ospedali, centri di ricerca e industrie farmaceutiche è possibile individuare soluzioni terapeutiche innovative e adattare i protocolli alle esigenze specifiche di ogni individuo. Questo approccio può portare a una gestione più precisa delle terapie, limitando gli effetti collaterali e migliorando gli esiti a lungo termine.
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Ostacoli da superare: privacy, diffidenza e separazione dei flussi dati
Nonostante le potenzialità di un modello pubblico-privato, restano diversi ostacoli. Montella ha indicato in primo luogo la barriera della privacy il nodo principale che frena la condivisione dei dati tra enti diversi. La tutela delle informazioni sensibili dei pazienti spinge a una certa diffidenza e lentezza nell’adozione di sistemi condivisi. Questo frena la possibilità di sfruttare al massimo le informazioni scientifiche raccolte.
Un altro problema sono i lunghi tempi che separano i flussi informativi nel sistema sanitario e la scarsa collaborazione tra esperti di settore. L’organizzazione attuale tende a mantenere separate le competenze e le risorse, impedendo la circolazione fluida tra pubblico e privato. Quei silos ostacolano la creazione di reti integrate, fondamentali per sviluppare nuovi percorsi clinici e monitorare in tempo reale i risultati clinici.
Montella ha inoltre evidenziato come la cultura del settore fatichi a riconoscere il valore concreto della ricerca nella gestione quotidiana dei pazienti. Questa resistenza rallenta anche l’accesso rapido alle nuove terapie e all’innovazione scientifica.
Ricerca e prevenzione: risparmio e beneficio per pazienti e sistema sanitario
La ricerca rappresenta un elemento centrale nella lotta contro il cancro. Montella ha spiegato che investire nella ricerca non significa solo sperimentare nuovi farmaci, ma anche prevenire e ridurre i rischi per i pazienti. La prevenzione secondaria, ovvero intervenire rapidamente quando si individuano i primi segni di ricadute o complicanze, può contenere costi e migliorare l’efficacia delle cure.
Il valore aggiunto della ricerca emerge anche dal punto di vista economico. Spesso si sottovaluta come testare nuovi trattamenti contribuisca a evitare spese future, limitando errori terapeutici e ottimizzando l’uso delle risorse. Lo sviluppo scientifico, quindi, porta vantaggi estesi a tutto il sistema sanitario, permettendo di allocare meglio i fondi e migliorare l’accesso alle terapie più avanzate per tutti i pazienti.
L’Italia dispone di molti talenti nel campo oncologico, ma devono essere superate le difficoltà organizzative e culturali per sfruttare pienamente queste capacità. La sfida è passare da un modello basato su episodi acuti a uno che accompagna il paziente in ogni fase della malattia, garantendogli una vita il più possibile normale e libera dalle pressioni della diagnosi.
Il paziente oggi: da utente a protagonista della propria vita
Oggi il paziente oncologico è chiamato a giocare un ruolo diverso rispetto al passato. Non basta più curare solo la malattia, ma bisogna prendersi cura anche della persona che vive con essa. Montella ha richiamato l’attenzione su come chi convive con tumori controllati necessiti di sentirsi più cittadino che paziente. Questo significa promuovere modelli assistenziali che permettano un ritorno a un’esistenza quotidiana, non dominata dalle limitazioni imposte dalla malattia.
L’aspetto umano prende corpo attraverso un’assistenza continuativa, fondata su un dialogo aperto e la condivisione delle decisioni. Le terapie innovative non bastano se non vengono affiancate da un sistema capace di accompagnare il paziente nei diversi momenti, anche quelli più difficili. È qui che le connessioni tra pubblico e privato, tra ricerca e cura, possono realmente aprire nuove strade per migliorare la qualità della vita.
Il percorso verso una sanità più collaborativa e integrata, dove i dati supportano ogni decisione e ogni passaggio è coordinato, richiede impegno da tutte le parti coinvolte. Ma è proprio questo approccio che può cambiare la vita di chi affronta un tumore, restituendo dignità e normalità.