Il vino della val di susa riscopre varietà antiche collegate ad annibale e la sua traversata alpina del 218 a.C.

Il vino della val di susa riscopre varietà antiche collegate ad annibale e la sua traversata alpina del 218 a.C.

Due amici, Mattia Longoni ed Edoardo Marzorati, rilanciano la viticoltura nella val di Susa recuperando vigneti antichi legati a Annibale e sperimentando varietà autoctone con metodi sostenibili.
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Nel cuore della Val di Susa, due amici rilanciano antiche varietà di uve legate alla storia di Annibale, unendo tradizione vitivinicola e innovazione per far rinascere i vigneti piemontesi abbandonati. - Gaeta.it

Nel cuore delle montagne piemontesi, un progetto enologico punta a far rivivere varietà di uve antiche, quelle stesse che probabilmente accompagnarono Annibale durante l’attraversamento delle Alpi nel 218 a.C. La val di Susa torna così a essere teatro di una scommessa tra storia e viticoltura, grazie a due amici uniti dalla passione per il vino e dalla volontà di riportare in vita vigneti lasciati in abbandono per decenni.

Dalla storia alla vigna: la sfida di mattia longoni ed edoardo marzorati

Mattia Longoni, 31 anni, enologo di professione, ha ereditato terreni in val di Susa, terra che porta con sé numerose tracce storiche. In compagnia del suo amico Edoardo Marzorati, ingegnere nel settore dei trasporti, ha deciso di avviare un progetto ambizioso: recuperare un ettaro e mezzo di vigneti accanto a Mompantero, vicino a Susa, abbandonati oltre 40 anni fa. La scelta di questo luogo non è casuale, i due conoscono bene la val di Susa e la sua storia millenaria legata alla famosa spedizione di Annibale e ai suoi elefanti sulle montagne piemontesi. Il loro obiettivo è riportare alla luce varietà autoctone che si sono perse nel tempo, restituendo alla zona un’identità enologica che si credeva dimenticata.

Il progetto è nato da un sentimento profondo verso il territorio e da un desiderio di connettere passato e presente. Riprendere la vocazione vitivinicola di questi terreni vuol dire anche interpretare quel racconto storico in chiave contemporanea, facendo rivivere un’epoca lontana ma ancora palpabile nei vigneti. Mattia ed Edoardo lavorano con metodi che rispettano la biodiversità locale e credono che le uve da loro selezionate possano riflettere le condizioni che Annibale e i suoi uomini trovarono più di 2200 anni fa.

La rinascita dei vigneti di mompantero: tra ricerca e sperimentazione

A marzo dello scorso anno, sono cominciati i lavori concreti nell’appezzamento di Mompantero. Due varietà autoctone, una rossa e una bianca, sono state messe a dimora. Accanto a queste, è stato piantato anche un Nebbiolo, uva simbolo del Piemonte e legata strettamente alla tradizione locale. Il team ha anche introdotto dei porta innesti, fra cui uno realizzato in collaborazione con l’Università di Milano, risultato di studi attentissimi mirati a migliorare la resistenza delle piante senza compromettere i caratteri originali dei vitigni.

Il terreno, rimasto inutilizzato per decenni, è stato riportato in vita con attenzione manuale e passione; la scelta delle uve si basa su ricerche storiche e documentazioni scientifiche che collegano queste varietà all’epoca di Annibale. Il lavoro è molto delicato: bisogna fare i conti con le condizioni montane e con il clima, molto diverso rispetto alle zone vinicole più note. Il microclima della val di Susa offre sfide e opportunità particolari, permettendo di ottenere vini dal carattere unico.

Già da ora si possono immaginare i primi risultati: le prime bottiglie, commercializzate con il marchio “Barone di Clivio”, usciranno fra circa quattro anni. Lo sviluppo tecnologico e la sperimentazione scientifica sono parte integrante del processo, ma la vera forza rimane la passione di chi lavora quotidianamente in vigna. L’attesa sarà lunga, ma anche questo aspetto fa parte della tradizione vitivinicola che si è tramandata di generazione in generazione.

Connessione tra enologia e storia: il fascino della val di susa e il mito di annibale

L’idea di ricreare il vino che Annibale potrebbe aver bevuto non è solo un gesto nostalgico. È un tentativo di capire cosa significasse il rapporto tra uomo e terra in un’epoca remota, in una zona tanto strategica quanto difficile. La val di Susa, crocevia degli eserciti e dei commerci da sempre, nasconde storie che vanno oltre il semplice scorrere del tempo. Non a caso, Annibale con i suoi elefanti attraversò proprio queste montagne, affrontando un percorso estenuante che ha segnato la storia.

Riscoprire quei vitigni significa anche sperimentare come l’ambiente alpino potesse sostenere la coltivazione della vite e quale gusto potesse caratterizzare quei vini. Il collegamento tra la leggenda di Annibale e il progetto di Longoni e Marzorati ha attirato l’attenzione di appassionati e studiosi, perché mette in gioco un pezzo importante di cultura agricola e storica. Le montagne piemontesi si trasformano così in un laboratorio a cielo aperto, dove il passato viene reinterpretato con metodi attuali, creando un ponte solido tra le generazioni.

Una ricerca continua per un passato viticolo rivissuto

La strada intrapresa dai due giovani produttori implica una ricerca continua sul campo, una raccolta di esperienze che serve a ricostruire in modo concreto quel passato viticolo. Allo stesso tempo, la loro opera mette in risalto la val di Susa come territorio adatto non solo a colture tradizionali ma anche a sfide inedite, stimolando nuove riflessioni sulla viticoltura alpina e le sue potenzialità.

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