L’ippica spesso si associa soltanto alle corse e alle scommesse, ma in realtà il rapporto con il cavallo va ben oltre la competizione sportiva. In Italia, come nel Regno Unito, si discute del ruolo del cavallo come essere vivente che merita tutela per tutta la sua esistenza. Il confronto recente tra esperti italiani e britannici ha messo in luce non solo l’importanza economica dell’ippica, ma anche il potenziale sociale e sanitario legato ad attività come l’ippoterapia, impiegata nella lotta contro dipendenze e disturbi mentali.
Un confronto tra ipica italiana e regno unito
All’Istituto italiano di cultura di Londra, Remo Chiodi, direttore generale per l’ippica del Ministero dell’Agricoltura italiano, ha esposto la situazione del settore nel nostro paese, facendo un confronto con il Regno Unito. Gli inglesi vantano un sistema ippico che genera circa 85.000 posti di lavoro e contribuisce con 5-6 miliardi di sterline al PIL, cioè lo 0,3% dell’economia nazionale. Le tasse derivanti dall’ippica contribuiscono per 1,2 miliardi di sterline ogni anno alle casse pubbliche, includendo imposte su scommesse, redditi, iva e tasse societarie. Questi numeri mostrano una struttura ben radicata, tradizionale, ma anche redditizia, che sostiene migliaia di famiglie e imprese.
In confronto, l’Italia appare come un “gigante dormiente”. Nonostante una lunga tradizione e numerose eccellenze nel settore, il mercato nazionale fatica a raggiungere un peso simile. Mancano politiche di sostegno e un coordinamento efficace per valorizzare le risorse umane e i cavalli. Il settore ippico italiano resta quindi sotto la soglia delle potenzialità che potrebbe sviluppare, e ha bisogno di una spinta per ritagliarsi un ruolo più significativo anche a livello internazionale.
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Iniziative per rilanciare l’ippica italiana
Remo Chiodi ha sottolineato che nel nostro Paese sono state avviate iniziative di rinnovamento grazie al ministro Lollobrigida e al sottosegretario La Pietra. Si punta a rilanciare il comparto con nuovi strumenti di promozione e un posizionamento più efficace nel contesto globale. Tra le azioni previste c’è la creazione di un brand – “Grande ippica italiana” – concepito per valorizzare il cavallo come atleta, ma anche come elemento culturale e di identità territoriale.
Il progetto guarda al cavallo come protagonista di varie dimensioni: la sostenibilità ambientale legata alla cura e alla gestione degli spazi rurali, l’inclusione sociale attraverso attività che coinvolgono persone con disabilità, e l’inserimento del cavallo in percorsi artistici e culturali. L’obiettivo è riconoscere questo animale come un valore da tutelare e rispettare, estendendo la sua funzione oltre lo sport e le corse.
Questo approccio più ampio può contribuire a rafforzare l’industria ippica italiana, animando nuovi modelli di sviluppo. La crescita del settore potrebbe portare vantaggi economici, sociali e ambientali, legando tradizione e innovazione in un equilibrio che valorizza le caratteristiche uniche dell’Italia.
Il modello britannico basato sulla tutela dell’animale
Il confronto ha coinvolto anche rappresentanti britannici come Brant Dunshea, amministratore delegato della British Horseracing Authority, e Paull Khan della European and Mediterranean Horseracing Federation. Entrambi hanno illustrato una filosofia di gestione del mondo ippico centrata sul rispetto dell’animale. Nel Regno Unito, a fianco degli eventi tradizionali come le corse di Ascot, si è sviluppato un sistema che pone grande attenzione alla salute e al benessere del cavallo durante tutta la sua vita.
Questa visione prevede investimenti in strutture adeguate, supporto veterinario continuo e la promozione di progetti che coinvolgono il cavallo in attività di riabilitazione e formazione. La tutela dell’animale non è solo un obbligo etico, ma un elemento che contribuisce a rendere il settore più sostenibile e credibile agli occhi del pubblico e delle istituzioni.
Francesco Bongarrà, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra, ha descritto questo modello come un esempio concreto che l’Italia potrebbe adattare. Ritiene possibile trasferire nel contesto italiano l’approccio britannico per migliorare la gestione e la percezione dell’ippica, evitando di ridurla a un mero attività ludica.
Il cavallo come patrimonio culturale e risorsa sociale
Al termine degli incontri, Remo Chiodi ha lanciato un’appello perché l’Unesco riconosca formalmente il ruolo del cavallo nella civiltà. L’idea è inserire il legame storico e culturale tra uomo e cavallo nella lista del patrimonio culturale immateriale mondiale. Questo riconoscimento valorizzerebbe il contributo del cavallo non solo alle competizioni ma anche alle tradizioni, al lavoro rurale e a modalità di terapia come l’ippoterapia.
L’ippoterapia è un campo emergente in cui il cavallo aiuta a migliorare condizioni di disagio mentale e dipendenze, favorendo percorsi di riabilitazione. In diverse realtà italiane e straniere si è constatato che il contatto con questi animali stimola la socialità, la motivazione e l’autostima nelle persone in difficoltà. Il riconoscimento dell’Unesco permetterebbe di dare maggiore visibilità alle pratiche che usano il cavallo in ambito sociale, consolidandone il ruolo anche fuori dalle competizioni sportive.
Se il settore ippico saprà integrare tecniche di cura, iniziative culturali e attenzione ambientalista, potrà diventare un punto di riferimento in Italia. Al momento, resta aperta la sfida di trasformare i segnali positivi in un sostegno concreto e duraturo, che coinvolga istituzioni e operatori.