La relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi, l’italiana Francesca Albanese, ha criticato duramente le recenti sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro di lei. In un’intervista rilasciata ad al-Jazeera, Albanese ha definito queste misure “oscene” e le ha interpretate come una ritorsione contro il suo lavoro di documentazione sui crimini e le violazioni durante il conflitto israelo-palestinese. La vicenda si inserisce in un contesto di tensioni diplomatiche, mentre la relatrice prosegue le sue indagini in un’area di frontiera geopolitica complessa e di grande rilevanza internazionale.
Contesto delle sanzioni statunitensi e reazioni di francesca albanese
Alla fine del 2024, l’amministrazione guidata dal presidente Joe Biden – che ha mantenuto alcune linee della precedente politica statunitense – ha deciso di prendere provvedimenti contro diverse figure coinvolte nelle attività delle Nazioni Unite riguardanti il Medio Oriente. Tra queste, Francesca Albanese si è ritrovata soggetta a restrizioni che limitano la sua libertà di movimento e congelano eventuali beni negli Stati Uniti. Queste sanzioni vengono motivate come risposta a rapporti e inchieste ritenuti non equilibrati e potenzialmente lesivi degli interessi di Israele, stretto alleato americano.
Albanese ha bollato tali provvedimenti come tentativi di intimidazione. Ha espresso frustrazione per queste “tecniche da mafia”, che a suo dire mirano a fermare la sua attività investigativa nei territori palestinesi, particolarmente nella Striscia di Gaza, dove la guerra tra Israele e i Gazaiani ha provocato molte vittime civili. La relatrice ha sottolineato che le misure statunitensi non la fermeranno dal continuare la sua ricerca del rispetto delle leggi internazionali e della giustizia, ribadendo il proprio impegno a denunciare ogni abuso.
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Le accuse di albanese sulle finalità delle sanzioni e la risposta diplomatica
Francesca Albanese ha precisato che la sua missione riguarda esclusivamente l’osservanza dei diritti umani e delle norme internazionali. Secondo lei, le sanzioni prendono di mira chi cerca responsabilità in un conflitto segnato da dure violazioni, danneggiando la libertà di indagine. Ha detto che “queste azioni funzionano solo se riescono a instillare paura che blocchi l’impegno attivo per la verità, altrimenti non avranno effetto”.
La relatrice ha anche ricordato che queste sanzioni sono imposte proprio per frenare la ricerca della giustizia. Il rischio è quello di condizionare il lavoro delle Nazioni Unite e delle persone impegnate sul campo, creando un clima ostile verso chi tenti di mettere in luce crimini di guerra o comportamenti illegali. Da parte di alcune cancellerie europee sono giunte espressioni di preoccupazione per la situazione, ma non si segnalano ancora iniziative concrete per modificare o sospendere tali restrizioni.
L’impatto sul lavoro della relatrice onu nei territori palestinesi e le prospettive per il futuro
Da quando è stata nominata, Francesca Albanese si è concentrata sulla raccolta di testimonianze e documenti per raccontare la vita sotto occupazione, la violenza, le restrizioni di movimento e l’impatto delle operazioni militari in particolare nella Striscia di Gaza. Il suo rapporto più recente include dettagli sulle condizioni di salute, danni alle infrastrutture civili e le difficoltà di accesso agli aiuti umanitari. La pressione da parte degli Stati Uniti rappresenta un ostacolo concreto per il suo lavoro, ma non ha finora cambiato l’agenda della relatrice.
Discussioni internazionali sulle libertà delle organizzazioni intergovernative
In alcuni ambienti internazionali si discute ora di segnali preoccupanti riguardo alla libertà delle organizzazioni intergovernative di operare senza interferenze politiche. Le sanzioni statunitensi potrebbero aprire un precedente per future azioni contro altri esperti coinvolti in indagini sensibili. Albanese, da parte sua, continua a sottolineare che “il mio dovere è raccogliere prove, ascoltare le vittime e portare avanti una narrazione documentata che chiede rispetto per i diritti umani, nonostante gli ostacoli che incontro”.