Negli ultimi anni la trasformazione delle filiere agroalimentari ha spinto molte aziende agricole a cambiare approccio verso una gestione più attenta delle risorse naturali. Una ricerca del Politecnico di Milano sottolinea come quasi tre quarti degli agricoltori abbiano adottato almeno una pratica circolare, per prevenire il degrado ambientale e limitare gli sprechi. Questo articolo indaga le strategie messe in campo dagli operatori del settore, le pratiche più diffuse e le dinamiche di mercato tra filiere corte e grande distribuzione.
L’adozione delle pratiche circolari nelle imprese agricole italiane
Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano, il 74% delle aziende agricole nel nostro Paese utilizza almeno una tecnica riconducibile al modello circolare. Tale modello si basa sull’uso rigenerativo e sostenibile delle risorse naturali per evitare l’esaurimento del suolo, dell’acqua e per preservare la biodiversità. Gli agricoltori, davanti alle crescenti preoccupazioni ambientali, assumono un ruolo pratico per ridurre le perdite agricole e gli sprechi alimentari. Nonostante le scelte green, molti tengono conto anche delle condizioni economiche, mostrando come l’equilibrio tra tutela ambientale e reddito sia un punto chiave nel settore.
Le pratiche più diffusi riguardano tecniche rigenerative, tra cui l’agricoltura integrata e quella conservativa, che puntano al mantenimento degli ecosistemi e alla salvaguardia della biodiversità. Oltre il 50% delle aziende ha scelto queste soluzioni, dimostrando una chiara inversione di tendenza rispetto al passato, quando pratiche intensive mettevano a rischio il terreno e le risorse idriche. L’adozione di materie prime derivate da scarti di processo, il riutilizzo dell’acqua e l’energia da fonti rinnovabili coinvolgono invece il 48% del campione analizzato, un segno di evoluzione anche sotto il profilo tecnologico.
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Valorizzazione degli scarti e gestione delle eccedenze per limitare gli sprechi
Il recupero delle eccedenze di produzione è un capitolo importante nell’ambito dell’economia circolare in agricoltura. Il 38% delle aziende agrarie intervistate utilizza tecniche di valorizzazione delle eccedenze, sviluppando progetti di recupero, donazione o ritrasformazione dei prodotti in eccesso. Queste operazioni aiutano a ridurre gli sprechi alimentari a monte della distribuzione e favoriscono il riciclo di materiali potenzialmente persi.
Gli scarti agricoli e le biomasse trovano impiego anche come materie prime secondarie, utilizzate sia in campo industriale che agricolo. La loro conversione in fertilizzanti, componenti per bioenergia o altre applicazioni tecniche si ritrova nel 33% delle aziende. Questa pratica permette di chiudere il ciclo produttivo e di ridurre la dipendenza da risorse non rinnovabili, con un impatto diretto sui costi e sull’impronta ambientale aziendale.
È interessante osservare come la dimensione dell’azienda influisca sull’adozione di questi metodi: nelle imprese molto grandi la circolarità coinvolge l’82% delle attività, mentre nelle grandi si attesta al 77%, nelle medie al 76% e nelle piccole al 73%. Questi dati indicano come le realtà più strutturate possano contare su maggiori risorse e know-how per integrare pratiche complesse, ma anche le piccole realtà rispondono comunque con un impegno diffuso.
Filiere corte e grande distribuzione: due modelli a confronto nella sostenibilità alimentare
Nell’ambito della transizione verso sistemi alimentari più sostenibili, si affacciano due modelli con caratteristiche diverse e potenzialità complementari. Da un lato c’è la filiera corta, dove i gruppi di acquisto solidale rappresentano una valida opzione con vendite dirette e una prossimità maggiore tra produttore e consumatore. Questi gruppi permettono di controllare meglio gli sprechi e mantenere alta la qualità dei prodotti freschi, offrendo un’altra via rispetto ai canali tradizionali.
Dall’altro lato si trova la grande distribuzione, che mantiene la leadership soprattutto in termini di accessibilità e convenienza. Non a caso, per molti consumatori resta la scelta più comoda per l’acquisto quotidiano di alimenti, garantendo prezzi competitivi e disponibilità immediata. I due modelli non si escludono a vicenda, ma possono coesistere costruendo una rete di canali diversificati e complementari nella filiera alimentare. Queste soluzioni sono al centro di molti confronti sul futuro della sostenibilità, dove si cerca un equilibrio praticabile fra sostenibilità e consumi di massa.
Il ruolo centrale del packaging nel sistema agroalimentare circolare
Uno dei temi più discussi nel passaggio alla circolarità riguarda il packaging alimentare. Le confezioni rappresentano un punto critico per l’impatto ambientale, ma anche per la conservazione del prodotto e la riduzione degli sprechi. Molti esperti e operatori indicano la necessità di ripensare il packaging partendo da una visione circolare, che preveda materiali tracciabili, riciclabili o biodegradabili.
La sfida si pone nel trovare il giusto equilibrio fra protezione del cibo, contenimento degli sprechi e riduzione degli scarti. Aumentare la sostenibilità della confezione significa anche adeguare i processi produttivi e di distribuzione, mantenendo alta la qualità. Il dibattito coinvolge diverse realtà della filiera e spinge a misure concrete per trasformare i materiali di imballaggio in un elemento a basso impatto ambientale, capace di chiudere il ciclo produttivo e ridurre la pressione sulle discariche.