Hashish nascosta nella fodera del giubbotto di un detenuto: sequestro al carcere di Alessandria

Hashish nascosta nella fodera del giubbotto di un detenuto: sequestro al carcere di Alessandria

La polizia penitenziaria del carcere di Alessandria sequestra 32 grammi di hashish nascosti su un detenuto albanese, mentre il Sappe chiede maggiori controlli e tecnologie per contrastare il traffico di droga negli istituti piemontesi.
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La polizia penitenziaria del carcere di Alessandria ha sequestrato 32 grammi di hashish nascosti su un detenuto albanese, evidenziando il problema della droga nelle carceri piemontesi e la necessità di rafforzare controlli e misure di sicurezza. - Gaeta.it

La polizia penitenziaria del carcere di Alessandria ha scoperto 32 grammi di hashish nascosti nella fodera del giubbotto di un detenuto albanese durante una perquisizione nella camera di pernottamento. Il sequestro conferma la presenza continua di sostanze stupefacenti negli istituti penitenziari piemontesi, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza e i controlli. Il sindacato autonomo di polizia penitenziaria ha reso nota l’operazione e ha chiesto un rafforzamento delle misure di prevenzione e sorveglianza.

Dettagli dell’operazione al carcere di alessandria

La scoperta della droga è avvenuta nel carcere di Alessandria durante un controllo effettuato dagli agenti di polizia penitenziaria nella zona destinata alla permanenza dei detenuti. Il quantitativo di hashish sequestrato ammonta a 32 grammi, nascosti in modo non appariscente all’interno della fodera del giubbotto di un detenuto di nazionalità albanese. Il ritrovamento è frutto di una perquisizione accurata e sistematica, a dimostrazione dell’attenzione riservata dagli agenti verso la prevenzione del traffico illecito dentro le mura del penitenziario.

Modalità di occultamento e problemi di sicurezza

La modalità con cui la sostanza era occultata riflette le tecniche utilizzate spesso per il passaggio di droga in carcere, attraverso gli effetti personali o gli indumenti dei detenuti. Questo caso dimostra come, nonostante le misure di sicurezza, l’ingresso di sostanze vietate rappresenti un problema concreto, che richiede un monitoraggio costante e strumenti adeguati per contrastare il fenomeno. L’operazione al carcere di Alessandria offre una prova dell’impegno della polizia penitenziaria ma suggerisce anche la necessità di incrementare i controlli.

Commenti del sappe sul rischio droga negli istituti piemontesi

Il sequestro è stato subito commentato dal Sappe, sindacato che rappresenta il personale di polizia penitenziaria. Il segretario regionale Vicente Santilli ha sottolineato che l’episodio non deve restare isolato, ma può costituire lo stimolo per rafforzare la sicurezza negli istituti piemontesi. Ha richiesto misure concrete, come l’incremento degli organici, una maggiore frequenza e accuratezza nelle perquisizioni e l’adozione di strumenti tecnologici moderni. Tra questi, ha citato scanner portatili, kit antidroga e body cam, pensati per controlli più efficaci e meno invasivi.

Santilli ha espresso fiducia nella capacità degli agenti di svolgere il loro lavoro in condizioni più sicure e protette, affinché si tuteli l’incolumità di chi lavora dietro le sbarre. Il sindacato ha inoltre indicato la necessità di un intervento strutturale sui sistemi di prevenzione, puntando alla formazione e al riconoscimento del ruolo degli operatori penitenziari. La gestione dei flussi di droga resterebbe un nodo da sciogliere, vista la persistenza di simili episodi.

Un quadro nazionale sulla droga in carcere secondo Donato Capece

Donato Capece, segretario generale del Sappe, ha ricordato che lo stato delle carceri italiane riflette un quadro complesso sul fronte della droga. Nel nostro Paese circa il 30% dei detenuti soffre di dipendenze da sostanze stupefacenti, con oltre il 20% degli stranieri coinvolti in questa problematica. Capece ha evidenziato il paradosso di un sistema legislativo avanzato, che consente ai tossicodipendenti di scontare la pena all’esterno, mentre in carcere sono presenti molti detenuti con problemi di droga.

Questi dati confermano come la droga rappresenti un elemento diffuso all’interno degli istituti penitenziari, per cui episodi come quello di Alessandria siano espressione di una realtà strutturale e non casi isolati. Secondo Capece serve un cambiamento profondo, che coinvolga dalla tecnologia ai protocolli di accoglienza e sorveglianza, fino a un impegno formativo per gli operatori del settore. Il sindacato ha ricordato che la presenza di droghe in carcere è un rischio per la sicurezza di tutti, dagli agenti ai detenuti.

Richieste di intervento e lotta al traffico di droga

L’intervento tempestivo della polizia penitenziaria ad Alessandria ha bloccato la diffusione della sostanza tra i detenuti, evitando conseguenze più gravi all’interno del carcere. Questa azione però riporta al centro il problema di come la droga riesca ad entrare negli istituti e quanto spesso circoli nascosta negli effetti personali. Il Sappe sollecita che si passi oltre le dichiarazioni, indicando l’urgenza di un rafforzamento generale della sorveglianza e delle dotazioni tecnologiche.

Le richieste vertono su un aumento degli agenti in servizio, controlli più frequenti e accurati, e lo sviluppo di strumenti come body cam e scanner portatili che rendano più sicuro e meno invasivo il lavoro di controllo. Si punta così a ridurre lo spazio per il microtraffico interno e a tutelare chi opera quotidianamente in ambienti difficili. Il dibattito sul tema rimane aperto, con l’auspicio che episodi come quello di Alessandria spingano a un impegno serio sulle misure di sicurezza e prevenzione.

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