L’attenzione sulle aree interne italiane torna al centro del dibattito politico e istituzionale. Il nuovo Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne, presentato dal governo, ha sollevato reazioni forti in alcune regioni, in particolare in Emilia-Romagna. Le dichiarazioni di Maurizio Fabbri, presidente dell’Assemblea legislativa e già sindaco di Castiglione dei Pepoli, evidenziano una frattura netta sugli indirizzi da seguire. Mentre Roma prospetta una sostanziale riduzione degli investimenti in zone ritenute in declino, le regioni chiedono invece un approccio diverso, basato su investimenti mirati e rilancio sociale e infrastrutturale.
La visione critica del presidente dell’assemblea legislativa emiliano-romagnola
Maurizio Fabbri, al centro della discussione sulle aree interne, ha espresso un giudizio netto sul nuovo piano. La sua esperienza come sindaco in una piccola comunità appenninica lo ha portato a dire che ci si avvicina troppo spesso a queste realtà in modo passivo, quasi rassegnato. Secondo Fabbri, infatti, il piano nazionale sembra legittimare un abbandono programmato delle zone più fragili, definendo come “irreversibile” il declino di alcune aree e suggerendo di “accompagnarne la decadenza”.
Il rischio di una profezia che si autoavvera
Questo approccio rischia di diventare una profezia che si autoavvera, impoverendo ancora di più territori ricchi di risorse culturali e ambientali, ma che hanno bisogno di un sostegno deciso. Per l’esponente emiliano-romagnolo, il governo invece dovrebbe mantenere una responsabilità attiva, investendo su infrastrutture, servizi e iniziative capaci di fermare lo spopolamento e di creare nuove opportunità di sviluppo.
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Le contraddizioni tra l’abbandono delle aree interne e la crisi delle città italiane
Fabbri sottolinea un paradosso nel modo in cui il fenomeno viene affrontato: mentre le aree interne sono considerate marginali e messe da parte, le città italiane si trovano ad affrontare problemi crescenti. Gentrificazione, affitti in salita, difficoltà nella mobilità e accesso ai servizi stanno trasformando i centri urbani, rendendoli sempre meno vivibili per vaste fasce della popolazione.
Rigenerare attraverso le aree interne
A suo avviso, queste difficoltà dovrebbero spingere a guardare oltre le città, riconoscendo nelle aree interne un potenziale diverso. Questi territori potrebbero rappresentare una possibilità concreta di rigenerazione, offrendo spazi e condizioni per una nuova qualità della vita. L’esperienza mostra come, investendo sulle comunità locali e migliorando le infrastrutture, sia possibile invertire il trend di declino.
L’esperienza dell’emilia-romagna tra investimenti e risultati concreti
L’Emilia-Romagna viene citata come esempio di come si possano ottenere risultati quando la politica regionale coinvolge le comunità e mette a disposizione risorse adeguate. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha fornito strumenti importanti, che la regione ha saputo sfruttare per rafforzare istruzione, salute, digitalizzazione e infrastrutture.
Fabbri ricorda come l’Emilia-Romagna si sia impegnata con fondi e strategie per le aree interne, ricavandone benefici misurabili. Questo modello dimostra che il rilancio non è una chimera, ma un obiettivo realizzabile con scelte precise e lungimiranti. Il futuro dell’Italia non può dipendere solo da quello che avviene nelle grandi aree metropolitane: quasi due terzi del territorio nazionale sono costituiti da queste zone e non possono essere trascurate.
Un appello per rivedere il piano nazionale e valorizzare il patrimonio interno
Lo scontro tra il governo e le regioni come l’Emilia-Romagna si concentra su un tema cruciale: il ruolo dello Stato nella tutela e nello sviluppo delle aree interne. Da un lato la visione governativa sembra orientata a lasciare andare alcune zone verso un progressivo abbandono. Dall’altro, le amministrazioni locali premono per mantenere vigile l’attenzione e investire risorse.
Maurizio Fabbri richiama l’importanza di interrompere questo disegno e rilanciare le aree interne, considerandole una risorsa strategica, da cui partire per ricostruire un equilibrio territoriale più equo. Le difficoltà presenti in molte città possono spingere a riscoprire questi luoghi come spazi vitali, capaci di ospitare nuove forme di economia e di socialità. Il confronto politico resta aperto, ma segna un passo decisivo verso una maggiore consapevolezza del valore di questi territori.