Francesca e Giulio sono due allevatori italiani che hanno scelto di adottare il pascolo brado, una tecnica tradizionale che mette al centro il rispetto della natura e il benessere degli animali. Lavorano sui monti della Tolfa, a circa 50 chilometri dal Grande Raccordo Anulare di Roma, gestendo oltre mille ettari di terreni storici, appartenuti ai butteri, i celebri cowboy italiani. Nonostante la loro determinazione, la loro attività fatica a trovare spazio in un mercato dominato dall’allevamento intensivo e dalla domanda di carne a basso costo. La loro storia, come quella di molti piccoli allevatori nel mondo, parla di resistenza e scelta di vita controcorrente.
Il documentario “cose che accadono sulla terra” racconta la sfida di due allevatori contro il modello intensivo
Massimo Cinque è il filmmaker dietro “cose che accadono sulla terra”, un documentario prodotto da Lazy Film in collaborazione con Trent Film. Il film ha ottenuto vari riconoscimenti, tra cui il premio principale al Festival dei Popoli e un premio dalla Regione Lazio per la distribuzione. Negli Stati Uniti ha ricevuto il premio nella categoria Feature documentary al 58° Houston International Film Festival e ha partecipato al concorso del Big Sky documentary festival in Montana. La pellicola ha iniziato un tour attraverso sale cinematografiche, arene e festival italiani, con una tappa recente al cinema Farnese a Roma e proseguirà fino a dicembre.
Regia e tematiche affrontate
La regia è firmata da Michele Cinque, già noto per “Iuventa” su Netflix, dedicato all’ONG Jugend Rettet, e attualmente impegnato nella realizzazione del suo primo lungometraggio di finzione, “Brace”. “Cose che accadono sulla terra” unisce tematiche legate alla crisi climatica, questioni etiche e la relazione tra uomo e natura in questa fase di emergenza ambientale.
Leggi anche:
Il contesto ambientale e la scelta della pratica del pascolo rigenerativo
Secondo dati dell’International Panel on Climate Change, il 30% dei suoli mondiali risulta già degradato e si stima un aumento fino al 90% entro il 2050. Questo dato porta con sé pesanti ripercussioni per la produzione alimentare globale. Francesca e Giulio si sono trovati ad affrontare la desertificazione dei loro terreni e la perdita di numerosi capi di bestiame a causa della siccità. Per far fronte alle difficoltà, hanno deciso di adottare la tecnica del pascolo rigenerativo.
Questa pratica è adottata in contesti con problemi di siccità come Australia, Africa, Messico e Stati Uniti. Al contrario degli allevamenti intensivi, che si affidano a fertilizzanti chimici e metodi più invasivi, il pascolo rigenerativo mira a valorizzare la simbiosi tra suolo, piante e animali. Il risultato è un adattamento dell’ecosistema che sostiene la sua stessa rigenerazione.
I principi e gli effetti del pascolo rigenerativo sugli ecosistemi e sul clima
La strategia di questo tipo di pascolo è semplice ma efficace: simula il comportamento dei grandi erbivori selvatici che migrano continuamente in base alle stagioni e alla presenza di predatori. Il pascolo itinerante permette di accelerare la formazione dell’humus nel terreno, favorendo il recupero dei suoli degradati e un maggiore assorbimento di carbonio atmosferico.
La Royal Society, associazione scientifica britannica, riconosce il pascolo rigenerativo come un intervento a basso costo e facilmente accessibile capace di contribuire alla mitigazione della crisi climatica. Questo metodo aiuta a diminuire le emissioni di gas serra derivanti dalle pratiche agricole convenzionali e dagli allevamenti intensivi.
Allevamenti intensivi, le emissioni di gas serra e nuove prospettive per la produzione di carne
Gli allevamenti intensivi sono responsabili di una quota rilevante delle emissioni globali di gas serra, con un trend in crescita da parte della Fao. Tra le risposte a questo problema si trovano la produzione di carne sintetica e le alternative vegane, che puntano a ridurre l’impatto ambientale. Il pascolo rigenerativo rappresenta un’altra strada, che Francesca e Giulio hanno scelto di percorrere. Il documentario ne mette in luce il valore, raccontando come gli erbivori possano diventare alleati nel contenere gli effetti dei cambiamenti climatici.
La loro esperienza è un esempio tra le tante di piccoli allevatori nel mondo che rifiutano metodi intensivi e tentano di sviluppare modelli rispettosi dell’ecosistema. L’efficacia del pascolo rigenerativo può influenzare il modo in cui si pensa alla relazione tra uomo, bestiame e ambiente.
La narrazione del film: temi familiari e confronto con la natura selvaggia
“cose che accadono sulla terra” è raccontato con una voce femminile che segue il rapporto tra Brianna, una bambina di 6 anni, e la madre Francesca. La narrazione si sviluppa nell’arco di due anni, portando lo spettatore a riflettere sul concetto di vita, futuro e rispetto per la natura.
Nel corso della storia, si affronta anche la presenza dei lupi. All’inizio sono percepiti come una minaccia per la famiglia di allevatori. Nel corso del documentario, però, diventano una metafora dell’uomo stesso in un gioco di specchi, mettendo in luce la complessità del rapporto tra esseri umani e fauna selvatica. Questo elemento aggiunge una dimensione profonda alla vicenda, stimolando una riflessione più ampia sul nostro ruolo nel mondo naturale.