Congestione nei principali porti italiani: aumentano i costi per i trasporti di frutta e verdura

Congestione nei principali porti italiani: aumentano i costi per i trasporti di frutta e verdura

Il congestion fee nei porti di Genova, La Spezia e altri terminal italiani aumenta i costi per esportatori di frutta e verdura, aggravando ritardi e inefficienze logistiche con rischi per la competitività nazionale.
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L’introduzione del "congestion fee" nei porti italiani, con un sovrapprezzo di 90 euro per container, sta aumentando i costi per esportatori di frutta e verdura, aggravando le inefficienze logistiche e rischiando di spostare i traffici verso porti europei più efficienti. - Gaeta.it

L’applicazione del cosiddetto “congestion fee” nei porti italiani sta cambiando radicalmente il conto economico per chi si occupa di esportare e importare prodotti freschi come frutta e verdura. Questa nuova tariffa aggiuntiva, imposta da alcuni trasportatori, si traduce in un sovrapprezzo considerevole per ogni container movimentato. La misura interessa per ora Genova e La Spezia, ma a breve toccherà anche Livorno, Vado Ligure e Marghera. Il fenomeno mette sotto pressione un sistema portuale già in difficoltà, con ricadute dirette sulle filiere produttive e logistiche italiane.

Il congestion fee e il suo impatto sui porti italiani

Il congestion fee è un sovrapprezzo di 90 euro per ogni container che deve passare attraverso alcuni terminal italiani considerati congestionati. Questa tariffa è stata introdotta da alcuni trasportatori per contenere i costi dovuti ai lunghi tempi di attesa e ai rallentamenti nelle operazioni portuali. Finora la misura riguarda Genova e La Spezia, porti chiave che lavorano un grande volume di merci fresche, ma presto si estenderà anche a Livorno, Vado Ligure e Marghera, porti strategici per la movimentazione di prodotti agroalimentari.

L’aumento dei costi non colpisce allo stesso modo tutti i settori: in particolare, i prodotti a basso valore unitario, come frutta e verdura, subiscono un aggravio che può risultare gravoso per le aziende e i piccoli produttori. Il congestion fee si applica infatti nel momento in cui i container hanno già sostenuto spese per lunghe attese al porto, dovute alla congestione e a ritardi nella gestione delle pratiche doganali e fitosanitarie. In questo contesto, la tariffa aggiuntiva viene percepita come una penalizzazione rispetto a un problema che non dipende dalle imprese ma da inefficienze strutturali.

Le criticità della logistica portuale e le conseguenze per le filiere agroalimentari

Le difficoltà dei porti italiani non si limitano solo alla congestione fisica degli spazi e dei mezzi. Fruitimprese, associazione che rappresenta le imprese italiane di frutta e verdura, denuncia la carenza di personale in settori essenziali come dogane, sanità e controllo fitosanitario. Questa mancanza rallenta le operazioni e contribuisce a prolungare i tempi di sosta delle merci nei terminal.

Gli esportatori e importatori si trovano quindi a dover affrontare code che possono durare giorni se non settimane, con conseguenze pesanti. Da un lato bisogna pagare canoni per depositi refrigerati, dall’altro si deve fare i conti con la perdita di freschezza e valore dei prodotti. Inoltre, per ottenere documenti come certificati di analisi o nulla osta fitosanitari, si registra una lentezza burocratica che aggrava ritardi e costi.

La situazione, oltre a essere ingiusta, viene vissuta come paradossale: chi soffre a causa di questi ritardi deve anche sostenere il sovrapprezzo del congestion fee. L’associazione sottolinea come questa misura si traduca in un aggravio aggiuntivo per chi sta già pagando l’inefficienza del sistema.

La normativa e le misure adottate per limitare l’impatto del congestion fee

Il decreto infrastrutture ha previsto una regolamentazione che, per certi versi, cerca di bilanciare il conflitto tra trasportatori e committenza. La legge riconosce ai trasportatori un diritto a imporre sovrapprezzi per le attese prolungate nei porti, ma ne limita i tempi di applicazione per evitare abusi. Tuttavia, la questione rimane spinosa perché l’effetto finale pesa sulle aziende di produzione e sugli esportatori, specie quelli di prodotti freschi a basso margine.

Fruitimprese preferisce non alimentare lo scontro tra operatori e trasportatori, ma richiama l’attenzione sul fatto che la situazione alla base del congestion fee non si risolve con tariffe aggiuntive. Serve una riorganizzazione complessiva del sistema portuale che affronti la carenza di personale e migliori la gestione burocratica e logistica.

Il rischio di spostamento dei traffici verso altri porti europei

Il perdurare delle inefficienze rischia di far migrare gran parte dei traffici di frutta e verdura verso porti europei più veloci e organizzati. Già oggi operatori e aziende italiane cercano alternative allungando le catene logistiche verso terminal di Francia, Germania e Paesi Bassi. Questo fenomeno potrebbe provocare una riduzione significativa del giro d’affari nazionale legato alla movimentazione di merci.

Le conseguenze per il prodotto interno lordo italiano potrebbero essere rilevanti, in quanto si ridurrebbe il ruolo strategico dei porti italiani nelle esportazioni agroalimentari. Non è solo una questione commerciale, ma anche di competitività e di presidio economico del territorio. Senza un intervento che affronti i nodi dell’organizzazione e dei servizi portuali, il sistema rischia di diventare meno attrattivo per operatori e investitori.

Le prossime settimane si annunciano decisive per capire se si metterà mano a queste criticità o se invece la nuova tassa aggiuntiva peserà ancora di più sul sistema produttivo italiano.

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