Un dialogo intenso sta animando da settimane le relazioni tra Confindustria e i principali sindacati Cgil, Cisl e Uil. Da Roma si cerca un’intesa su temi centrali per il futuro economico e sociale del paese, dalla salute sul lavoro fino alle ripercussioni dei dazi internazionali. Questo confronto avviene dopo una pausa di anni e fissa nuovi appuntamenti per settembre, con l’obiettivo di affrontare insieme problematiche cruciali per imprese e lavoratori.
Il percorso di dialogo tra confindustria e sindacati
L’incontro del 26 giugno ha rilanciato il confronto tra le parti sociali, che ieri si sono ritrovate negli spazi di Confindustria a via Veneto, a Roma. Le discussioni sono durate oltre tre ore, segno di un confronto articolato su vari fronti. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha sottolineato l’importanza di questo filo diretto, specie tenuto conto delle tensioni generate dall’introduzione dei dazi commerciali.
Confindustria ha portato al tavolo una vasta agenda di temi, dalla salute e sicurezza sul luogo di lavoro ai nuovi modelli di rappresentanza tra imprese e lavoratori. Alla riunione, oltre a Orsini, hanno partecipato anche il vicepresidente Maurizio Marchesini e il direttore generale Maurizio Tarquini, segno della volontà di mettere in campo una strategia condivisa. Si è trattato di un confronto non solo sui problemi, ma anche sulla costruzione di soluzioni comuni che siano sostenibili per entrambe le parti.
Leggi anche:
I prossimi passi, già programmati per il 17 e il 30 settembre, rappresentano un tentativo di dare continuità a questo dialogo, che non si vedeva dallo scorso 2020. La scelta di programmare più incontri unitari indica una volontà chiara di proseguire con un confronto ampio e costruttivo.
Le preoccupazioni sui dazi e l’incidenza su export e investimenti
La questione dei dazi doganali è emersa come uno dei punti più critici del dibattito. Orsini ha comunicato una stima preoccupante, con una potenziale perdita di esportazioni fino a 22,6 miliardi di euro. La posta in gioco riguarda direttamente i mercati esteri e la competitività delle imprese italiane. Per far fronte a questa sfida, Confindustria ha proposto di puntare su un sistema di compensazioni e una politica industriale forte che apra nuovi mercati, sostenendo gli investimenti strategici.
Secondo il rappresentante delle imprese, l’Unione europea deve farsi carico del problema, avviando un piano straordinario per rilanciare l’industria comunitaria. Questo piano dovrebbe tenere conto anche della rivalutazione del cambio euro-dollaro, elemento che sta pesando sugli scambi internazionali e che rischia di aggravare la situazione oltre ai dazi. Orsini ha ribadito che “non servono solo ristori ma un intervento strutturale capace di mettere l’industria italiana nelle condizioni di confrontarsi efficacemente sulla scena globale.”
A esempio, ha citato le misure già adottate in alcune aree del Sud Italia, come la Zes unica e il credito d’imposta per il Mezzogiorno, che hanno consentito investimenti per 28 miliardi in due anni e favorito la creazione di 35mila posti di lavoro con un contributo del 4% al Pil locale. Questi modelli vorrebbero essere estesi e replicati su scala nazionale per stimolare la crescita produttiva.
Il punto di vista dei sindacati sui rischi per lavoratori e produzioni
Anche i sindacati manifestano preoccupazioni forti riguardo ai dazi e alle trasformazioni industriali in corso. Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, ha evidenziato il rischio di delocalizzazioni verso gli Stati Uniti e ha chiesto una riflessione approfondita in vista dell’incontro fissato per il 17 settembre. Per il leader sindacale, “non si può accettare che le imprese spostino produzioni all’estero, compromettendo lavoro e redditi in Italia.”
Landini ha sottolineato che la risposta a queste minacce deve essere innanzitutto politica, senza ricorrere a finanziamenti indiscriminati ma con interventi mirati a preservare il tessuto industriale e le condizioni occupazionali. Il sindacato ha inoltre richiesto un confronto diretto con il governo per affrontare la questione, ma fino ad ora non ha ricevuto risposte ufficiali.
Aggiungere un filo diretto operativo tra governo, imprese e sindacati appare indispensabile per gestire le ricadute sul mercato del lavoro e per evitare tensioni sociali causate dalla perdita di produzione o da interventi poco efficaci. Il tema della rappresentanza e della tutela dei lavoratori si lega così strettamente al confronto sulle politiche industriali e commerciali.
Le prospettive per una politica industriale italiana e europea
Il dialogo che si sta sviluppando tra Confindustria e i sindacati mette al centro dell’agenda politica la necessità di un piano industriale italiano in grado di integrare le azioni con quelle europee. Tra gli elementi prioritari c’è l’individuazione di nuove strategie per rilanciare l’export, promuovere gli investimenti e rafforzare la produttività sulle filiere più fragili.
Viene evidenziato come senza un coordinamento su scala europea sulle misure anti-dazi e sulle politiche di sostegno, l’Italia rischia di perdere terreno nelle competizioni globali. Per evitare questo, occorre ripensare le politiche attuali con misure concrete che comprendano sgravi fiscali, incentivi all’innovazione e tutela dei settori strategici.
La presenza di due incontri programmati a breve conferma la volontà di evitare frizioni tra sindacati e imprese, favorendo un confronto pragmatico. L’auspicio è che da questo dialogo emergano proposte efficaci, capaci di incidere sulle scelte governative e di mettere in campo risposte adeguate alle sfide immediate e future dell’industria italiana.