La spesa degli italiani nei prodotti freschi a peso variabile sta vivendo una trasformazione significativa, influenzata da nuove abitudini e preferenze. Il settore, spesso sottovalutato, comprende alimenti senza codice a barre standard venduti prevalentemente nei negozi tradizionali e ai banchi serviti della grande distribuzione. Questo segmento mostra dinamiche interessanti, come la maggiore frequenza di acquisto e l’attenzione crescente verso la qualità e il territorio, in particolare da parte dei consumatori più maturi. Vediamo come si muove questo mercato e quali cambiamenti portano nuove opportunità e sfide per produttori e distributori.
Nuove abitudini di acquisto e impatto sull’alimentare fresco
Le abitudini di spesa degli italiani stanno mutando in modo evidente. La spesa media per scontrino è rimasta stabile nonostante l’inflazione in crescita dall’estate del 2022. Questo equilibrio non significa però che i consumatori comprino la stessa quantità di prodotti. Piuttosto, tendono a diminuire il numero di pezzi per ogni singolo acquisto, ma aumentano la frequenza degli accessi ai punti vendita.
Questa dinamica ha un risvolto positivo soprattutto per il comparto dei freschi a peso variabile. Andare più spesso al supermercato facilita l’acquisto di alimenti da consumare subito, con meno sprechi e più attenzione alle scadenze. Le famiglie italiane preferiscono quindi dividere gli acquisti in porzioni più piccole e regolari, gestendo meglio le quantità e conservando la freschezza.
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Dietro a queste scelte emerge la crescente incidenza dei consumatori over 55. Questa fascia di età si è mostrata più resiliente all’aumento dei prezzi e continua a sostenere la domanda nel largo consumo, incrementando la spesa anche di quasi il 18% negli ultimi tre anni. Al contrario, i giovani e le fasce intermedie affrontano difficoltà economiche maggiori che li portano spesso a orientarsi verso prodotti più economici, adottando strategie di riduzione della spesa.
Gli over 55 non solo conservano una certa stabilità nelle loro abitudini, ma mostrano anche una maggiore attenzione ai temi del benessere e della sostenibilità. Questo li porta a preferire prodotti freschi e locali, in quantità calibrate sulla reale necessità, alimentando il segmento dei freschi a peso variabile.
La complessità del mercato dei prodotti freschi a peso variabile
Il mercato dei prodotti freschi a peso variabile si distingue per la sua peculiarità. Questi prodotti, che non hanno un codice a barre standard, comprendono frutta, verdura, carni e formaggi venduti vaak nei banchi serviti di negozi e supermercati. La mancanza di un sistema uniformato di tracciabilità rende difficile raccogliere dati precisi sulle vendite. Per questo, spesso il valore di questo settore viene misurato in maniera incompleta o sottostimata.
In Italia, la spesa destinata a questa categoria mostra un potenziale considerevole, stimato in oltre 9 miliardi di euro in termini di valore non ancora pienamente espresso dalla grande distribuzione. Le catene più importanti riescono a trattenere solo una parte ridotta di questa spesa, intorno al 10% mediamente. Ciò suggerisce margini per migliorare la gestione degli assortimenti, puntare sulla qualità percepita e valorizzare i banchi assistiti, elementi che possono incrementare la fidelizzazione della clientela e sostenere la crescita delle vendite.
Nel contesto attuale, l’interesse verso questi prodotti non si legge solo nei numeri economici, ma anche nella modalità con cui i consumatori scelgono cosa mettere nel carrello. La ricerca di freschezza, autenticità e territorialità spinge una fetta significativa della domanda verso prodotti locali o regionali, che vengono preferiti nei negozi tradizionali o nei reparti dedicati della grande distribuzione.
L’ascesa delle private label e il ruolo crescente dei discount
Le marche del distributore o private label stanno assumendo un ruolo rilevante nella scelta dei consumatori italiani. Negli ultimi anni, queste etichette hanno mostrato un crescente successo, consolidandosi come una parte stabile della spesa delle famiglie. Rispetto ad altri Paesi europei, l’Italia era rimasta indietro per quota di mercato delle private label, ma ha iniziato a ridurre il divario.
I dati evidenziano che quattro anni fa le famiglie italiane spendevano poco più di 700 euro annui per prodotti a marchio distributore. Nel 2025 questa cifra si avvicina ai 1.000 euro con un incremento del 40% in cinque anni. Parallelamente, i brand industriali perdono terreno, anche se sono cresciuti in valore, ma a ritmi inferiori rispetto alle private label.
L’aumento riguarda anche la frequenza degli acquisti. Le private label vengono inserite nel carrello mediamente 104 volte l’anno per famiglia, più della metà degli atti d’acquisto complessivi. Inoltre cresce la penetrazione del canale discount: aumenta il numero di famiglie che scelgono questi punti vendita, anche se la spesa media tende a stabilizzarsi.
Questi dati segnalano come le scelte d’acquisto evolvano anche in funzione del prezzo, della qualità garantita e della disponibilità di prodotti locali o freschi a peso variabile all’interno dei discount.
Il mercato estero e le incognite legate ai dazi sui prodotti italiani
Il successo dei prodotti alimentari italiani all’estero, in particolare negli Stati Uniti, resta un elemento centrale per le esportazioni e la valorizzazione del made in Italy. Il mercato USA apprezza i prodotti freschi italiani, che rappresentano un simbolo di qualità e tradizione.
Tuttavia la possibile introduzione di nuovi dazi doganali rischia di compromettere questa dinamica positiva. Misure tariffarie più elevate potrebbero penalizzare diversi comparti di prodotti freschi e trasformati italiani, riducendo la competitività dei produttori sui mercati internazionali.
Per questa ragione è fondamentale mantenere alta l’attenzione sugli sviluppi delle relazioni commerciali e delle politiche internazionali. Un monitoraggio costante può aiutare imprese e distributori a prepararsi a eventuali cambiamenti e a trovare strategie capaci di preservare le quote di mercato e il valore dei prodotti italiani.
Il mercato dei freschi italiano tra frequenza elevata e standard in leggera flessione
In Italia il mercato dei prodotti freschi coinvolge tutte le famiglie, con una frequenza d’acquisto particolarmente elevata. Ogni famiglia acquista prodotti freschi in media 121 volte l’anno, una numerosità che riflette l’importanza di questi alimenti nell’alimentazione quotidiana.
La spesa media per singolo acquisto supera i 10 euro, un valore stabile nonostante una lieve flessione. Il calo è legato alla crescita del peso dei prodotti confezionati rispetto a quelli a peso variabile, e alla pressione dei grandi distributori sui negozi tradizionali, che tende a ridurre i margini e la visibilità del comparto variabile.
Nonostante ciò, il segmento dei prodotti freschi a peso variabile continua a generare valore. Le famiglie italiane spendono più di 1.200 euro l’anno in questa categoria, dato in aumento rispetto al passato e che sottolinea come questo tipo di offerta sia centrale per i consumatori.
Le esigenze di comodità diventano sempre più marcate. Anche nel fresco a peso variabile cresce l’interesse per servizi come il take-away, già molto diffuso tra i prodotti pronti e gli alimenti veloci. Questa tendenza fa pensare a una domanda più orientata alla praticità, senza rinunciare alla qualità e freschezza del prodotto.
I consumatori traditionals e la valorizzazione del fresco a chilometro zero
L’attenzione verso il prodotto fresco, soprattutto a peso variabile, è particolarmente forte in un gruppo identificato come “traditionals”. Si tratta di famiglie residenti principalmente nel Centro-Sud Italia che considerano il fresco una priorità nelle proprie scelte alimentari.
Questi consumatori danno grande importanza al chilometro zero, alla qualità e al effettivo rapporto qualità-prezzo. Il loro comportamento premia la provenienza regionale e la selezione accurata dei prodotti, anche se sono attenti alle variazioni dei prezzi.
Sebbene il numero di questi gruppi stia diminuendo, essi pesano ancora in maniera significativa sulla spesa nazionale, rappresentando un segmento da non trascurare per chi opera nel retail e nella produzione alimentare.
Questi consumatori continuano a frequentare i negozi tradizionali e a prediligere il banco servito nelle grandi superfici, riconoscendo in questo canale l’opportunità di acquistare prodotti freschi di qualità, spesso legati al territorio.