Ciriaco di Ancona, vissuto tra il 1391 e il 1452, è considerato il padre dell’archeologia moderna, un ruolo che ha assunto più come stratega politico che come semplice studioso. Mercante e viaggiatore, ha codificato la disciplina archeologica come mezzo per difendere la cultura occidentale, in particolare quella conservata dall’impero bizantino minacciato dall’espansione turca. La sua figura è tornata alla ribalta in un incontro alla Mole Vanvitelliana di Ancona, parte di UlisseFest, il festival dedicato al viaggio che fino al 6 luglio 2025 porta in città oltre cento ospiti e quaranta eventi.
Il ruolo della rete di potere tra impero bizantino, papa e cardinali
Ciriaco non ha operato da solo. La sua attività, infatti, si è svolta grazie al sostegno di figure influenti, a cominciare dall’imperatore bizantino che trovava in lui un alleato prezioso. Questo legame tra archeologia e politica divenne evidente nella collaborazione con il papa Eugenio IV e il cardinale Basilio Bessarione, leader filogreco a Roma. Questi personaggi condividevano l’interesse a contrastare la minaccia turca e vedevano in Ciriaco un agente capace di ricostruire e valorizzare la tradizione greco-romana che l’impero bizantino incarnava.
Una teoria religiosa sincretica tra rito latino e bizantino
La parte più originale del pensiero di Ciriaco riguarda la sua visione religiosa. Libero di elaborare idee senza imposizioni troppo rigide, si avvicinò a una posizione sincretica ispirata all’umanista platonico Pletono, suo contemporaneo. Secondo lui, i riti cristiani latino e ortodosso erano equivalenti e potevano convivere. Nel 1446 partecipò alla festa dell’Assunzione a Costantinopoli, celebrata nel rito bizantino e, poco dopo, a quella latina organizzata dalla colonia genovese nella stessa città.
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Altri momenti importanti furono legati ai suoi scritti poetici per il funerale di Carlo Tocco II, re degli Acarniani, nel 1448. In quei versi invocava san Luca e la Vergine Maria per l’anima del sovrano, senza dimenticare di citare la Sibilla e il mito profetico legato alla sua figura. Questa commistione di elementi religiosi, simbolici e culturali rifletteva la sua visione aperta e articolata, capace di unire mondi diversi sotto un’unica eredità da difendere.
Il viaggio di ciriaco di ancona tra politica e archeologia
Ciriaco Pizzecolli, noto come Ciriaco di Ancona, ha costruito la sua fama in poco più di vent’anni, attraversando territori ed epoche diverse. Nato mercante, è diventato archeologo autodidatta. La sua passione si è trasformata in uno strumento politico, volto a proteggere l’eredità greca, base fondamentale della cultura occidentale. Le sue ricerche e i suoi studi non erano fini a se stessi ma miravano a difendere l’impero bizantino contro l’avanzata dei Turchi, allora in grande espansione. Questo legame tra archeologia e geopolitica ha conferito una nuova dimensione al suo lavoro, che univa elementi culturali, storici e diplomatici.
Durante i suoi viaggi raccolse epigrafi, statue, monete, reliquie e oggetti d’arte, catalogandoli con grande precisione. Non si limitava a documentare, ma li trasformava in simboli potenti, status symbol per chi li possedeva. La sua abilità stava nel presentare ogni reperto non solo come testimonianza storica, ma come segno tangibile dell’appartenenza a una tradizione millenaria da difendere. A questo fine, scriveva anche testi esplicativi e narrazioni, a volte romanzate, per aumentare il valore culturale e politico dei reperti.
L’eredità di ciriaco di ancona nella storia e nella città
Ancona e la storia hanno ritrovato in questi anni una figura spesso dimenticata, ma fondamentale per la storia dell’archeologia e della diplomazia culturale del primo Rinascimento. Gli studi di Giorgio Mangani, curatore di due volumi su Ciriaco, hanno permesso di rinnovare l’interesse attorno a un personaggio che univa in sé molteplici ruoli. Mercante, viaggiatore, studioso e politico, è stato capace di trasformare l’archeologia da semplice recupero di antichità in una vera e propria arma culturale.
Oggi il suo contributo appare chiaro: senza di lui la difesa dell’eredità bizantina avrebbe avuto maggiori difficoltà e il legame tra archeologia e politica non sarebbe stato così marcato. UlisseFest, scelto come contesto per rilanciare il racconto di Ciriaco, è il luogo giusto per restituire alla città quel patrimonio storico e culturale che lui ha contribuito a diffondere. Ancona si riappropria così di un passato che parla di scambi, viaggi, conflitti, cultura e identità, raccontando una storia più complessa e articolata di quanto si possa immaginare.