La Global Sumud Flottilla segnala un nuovo episodio di aggressione contro una delle sue imbarcazioni impegnate a portare aiuti a Gaza. Dopo l’attacco alla Family Boat con Greta Thunberg a bordo, un drone ha colpito la nave britannica Alma in acque tunisine, aumentando le tensioni sul passaggio delle missioni civili nel Mediterraneo.
Il secondo attacco alla nave Alma durante la missione umanitaria in acque tunisine
Il 9 settembre la nave Alma, parte della Global Sumud Flottilla, è stata colpita da un attacco aereo presumibilmente condotto da un drone. La flotta, composta da imbarcazioni civili provenienti da diverse zone del Mediterraneo con l’obiettivo di fornire aiuti sanitari, alimentari e di prima necessità a Gaza, ha denunciato l’accaduto tramite i propri canali social. Secondo quanto riportato, il drone non emetteva alcun segnale luminoso, rendendolo quasi invisibile durante l’azione.
Le immagini diffuse mostrano il momento in cui il drone ha sganciato un dispositivo incendiario sul ponte della Alma. L’incendio che ne è seguito è stato domato rapidamente senza feriti tra l’equipaggio. L’episodio è avvenuto in acque internazionali sotto la giurisdizione tunisina, un elemento che complica la situazione e solleva dubbi sulla legittimità e lo scopo dell’attacco in quella zona.
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Gli attivisti hanno ribadito che, nonostante il rischio, la missione proseguirà senza cambiamenti. La rotta delle navi di solidarietà umanitaria non sarà interrotta, secondo quanto dichiarato dalla Global Sumud Flottilla.
Confronto con l’attacco alla Family Boat e implicazioni per la sicurezza delle flotte umanitarie
L’episodio della Alma segue di poco quello della Family Boat, altra imbarcazione della stessa flotta, anch’essa colpita da un drone. A bordo c’era anche l’attivista Greta Thunberg. L’attacco ha creato tensione, ma nessuno ha riportato ferite.
Le autorità tunisine hanno escluso responsabilità sul loro territorio, ma i membri della flotta hanno fornito dettagli che confermano la natura mirata dell’aggressione. In particolare, dall’incendio della Family Boat è stato recuperato un dispositivo elettronico carbonizzato, considerato prova dell’attacco intenzionale.
Questi due episodi evidenziano i rischi concreti che affrontano le navi impegnate nelle missioni umanitarie nel Mediterraneo. La sicurezza degli equipaggi e dei materiali trasportati resta fragile, mentre il blocco israeliano su Gaza complica il passaggio delle organizzazioni internazionali. Gli attacchi hanno sollevato preoccupazioni sul rispetto dei diritti in mare e sulla necessità di protezione per chi opera in queste missioni.
Sviluppi delle indagini e reazioni della comunità internazionale
Le indagini sugli attacchi alle navi Alma e Family Boat sono ancora in corso. Il dispositivo incendiario recuperato dall’equipaggio dell’ultima imbarcazione è considerato un elemento importante per ricostruire i fatti e individuare responsabilità. Le autorità tunisine continuano a escludere coinvolgimenti diretti, ma non hanno fornito elementi per escludere del tutto l’intervento di forze esterne.
Il caso richiama l’attenzione sulle difficoltà nel garantire il passaggio delle navi cariche di aiuti verso Gaza, dove la popolazione civile vive in condizioni difficili a causa del blocco marittimo. Diverse organizzazioni e governi hanno espresso preoccupazione, chiedendo di assicurare il transito sicuro delle missioni umanitarie nel Mediterraneo.
Questi episodi riflettono questioni più ampie legate ai diritti, al rispetto degli accordi internazionali e alla sicurezza delle rotte marittime, mentre la comunità internazionale segue con attenzione gli sviluppi che potrebbero influire sulla stabilità regionale e sul sostegno ai civili palestinesi.