L’inchiesta avviata dalla Dda di Milano e dalla Dna ha portato alla luce presunte operazioni di spionaggio e dossieraggio ai danni del cantautore Alex Britti, coinvolto insieme ad altri personaggi pubblici. Le accuse si concentrano sull’agenzia investigativa Equalize, coinvolta in diverse forme di controllo e pedinamento, e su un possibile mandante dietro queste azioni. Il caso ha acceso i riflettori su metodi investigativi contestati nel mondo dello spettacolo e del cronaca giudiziaria italiana.
La dinamica delle molestie subite da Alex Britti secondo il suo racconto
Il 12 maggio, davanti ai pm milanesi e agli investigatori, Alex Britti ha spiegato in modo dettagliato le tre fasi del presunto spionaggio subito. La prima consiste in un dossieraggio su di lui, realizzato tramite un sistema chiamato Sdi, che ha riscontrato solo un vecchio precedente di polizia risalente al 1991. Questo episodio non ha avuto conseguenze giudiziarie ma ha rappresentato un primo segnale di aggressività nei suoi confronti.
Successivamente, Britti ha segnalato l’esistenza di pedinamenti e di un controllo costante da parte di agenti o investigatori, attività messe in atto senza che lui ne fosse consapevole. Lo stesso cantautore ha negato di aver rilevato movimenti strani o di aver colto la presenza di controlli. La terza fase di questo sistema di molestie, secondo il suo racconto, sarebbe stata un tentativo di costruire delle prove false contro di lui, previsto ma mai concretizzato grazie all’intervento delle autorità competenti che hanno bloccato questa escalation.
Britti ha ammesso di aver vissuto un periodo di forte ansia quando ha capito di essere stato oggetto dell’indagine e del dossieraggio. Il timore di essere fermato o pedinato lo ha disturbato nei momenti successivi all’emersione del caso, tanto da segnare il suo quotidiano. Nel descrivere gli eventi, il cantautore ha dato una testimonianza precisa delle modalità con cui sono state condotte queste azioni, delineando un quadro preoccupante del sistema di controllo e pressione a cui è stato sottoposto.
Equalize e il controverso ruolo Nell’indagine della dda di Milano
Equalize, l’agenzia investigativa che figura al centro dell’inchiesta, viene accusata di aver svolto attività di spionaggio illegali rivolte a figure di spicco del panorama pubblico e sportivo italiano, Alex Britti incluso. Le indagini hanno rivelato l’esistenza di un gruppo che si dedicava a pedinamenti, dossieraggi e raccolta di informazioni riservate con metodi non consentiti dalla legge.
L’operato di Equalize coinvolgeva diverse persone e ha portato al rinvio a giudizio di 15 soggetti nel primo mini filone dell’inchiesta. La modalità di azione del gruppo è stata segnalata come stratificata e articolata, con fasi che comprendevano il monitoraggio costante delle vittime, l’estrazione di dati pregiudizievoli e, in alcuni casi, la messa in atto di vere e proprie campagne di danneggiamento attraverso informazioni false.
Le autorità hanno evidenziato come l’uso di queste tattiche ottenesse effetti gravi sui destinatari, causando disagio e turbamento, come nel caso di Britti. Gli sviluppi del procedimento indicano la rilevanza del tema della tutela della privacy nel contesto delle attività investigative private ed evidenziano ambiti problematici in cui si può incorrere nella violazione di diritti personali.
Fulvio Pravadelli indicato come possibile mandante dello spionaggio
Nell’ambito dell’inchiesta è emerso il nome di Fulvio Pravadelli, ex dirigente di Publitalia e direttore generale della Veneranda Fabbrica del Duomo, come possibile committente delle operazioni di controllo ai danni di Alex Britti. Secondo le accuse della procura, Pravadelli avrebbe richiesto agli investigatori di acquisire informazioni compromettenti, presumibilmente legate alla fase di separazione dalla figlia.
Nonostante il coinvolgimento indicato dalla procura, Pravadelli non compare nel primo elenco degli indagati relativo al maxi filone di inchiesta che riguarda le presunte attività di Equalize. Questo elemento lascia aperti interrogativi sulle ulteriori indagini in corso e potrebbe indicare un approfondimento successivo riguardo ai ruoli e alle responsabilità effettive.
Il presunto interesse di Pravadelli verso Britti sembrerebbe dunque motivato da ragioni familiari, con il giro di vite investigativo che avrebbe mirato a ottenere prove in modo illecito. Questa circostanza amplia l’ambito dell’inchiesta, mostrando come il dossieraggio e i pedinamenti possano essere impiegati in contesti anche privati e personali, oltre che pubblici.
Gli sviluppi giudiziari nelle prossime settimane saranno decisivi per chiarire la posizione di tutti i soggetti coinvolti e per definire la portata delle operazioni attribuite a questa rete di presunti cyber-spie.
La reazione di britti e gli effetti personali dell’inchiesta
Alex Britti ha confessato di aver vissuto un forte stato di apprensione quando il suo nome è comparso tra le vittime dell’inchiesta. La paura degli attacchi e della possibile costruzione di prove false lo ha tenuto sveglio per molte notti, soprattutto per il timore delle conseguenze pratiche come essere fermato o pedinato dalle forze dell’ordine.
Il quotidiano del cantautore, fino alla divulgazione dell’inchiesta, non aveva fatto emergere anomalie o segnali di controllo. Il processo di scoperta degli atti d’indagine ha imposto a Britti una nuova consapevolezza riguardo alla vulnerabilità personale e alla facilità con cui la privacy può essere violata.
Questo tipo di episodi solleva questioni rilevanti sul grado di tutela effettivo garantito ai cittadini famosi e non solo, soprattutto quando sono coinvolti servizi investigativi privati che agiscono con metodi non trasparenti. L’inchiesta Equalize sta mettendo a nudo una realtà in cui il confine tra controllo legittimo e abuso sembra sfumare, con ricadute dirette sulle vite delle persone coinvolte.