La pellicola “La trama fenicia” di Wes Anderson è arrivata nelle sale italiane dopo la sua presentazione al festival di Cannes 2025. Il film segna il ritorno del regista alle famiglie disfunzionali, ambientato in un contesto europeo con un cast scelto con cura, in cui emerge la presenza di Benicio Del Toro nel ruolo del magnate Anatole “Zsa-zsa” Korda. Un racconto costruito tra caratterizzazioni complesse e scelte stilistiche precise, che si riflettono anche nella gestione degli attori sul set.
L’idea del film nata sulla croisette a cannes
L’ispirazione per “La trama fenicia” è arrivata a Wes Anderson nel 2021, proprio durante il festival di Cannes, mentre presentava “The French Dispatch”. Ha confessato in conferenza stampa di aver osservato Benicio Del Toro che indossava uno smoking e stava immobile, dando corpo a un’idea che aveva da tempo. L’immagine che ha catturato il regista è quella di un uomo potente, un magnate europeo in stile Antonioni, che sembra portare un dolore fisico invisibile e indossa un orologio costoso.
Benicio Del Toro ha partecipato al progetto ancor prima che la sceneggiatura fosse scritta, mostrando come il personaggio fosse concepito già intorno all’attore. Wes Anderson ha collaborato con Roman Coppola alla scrittura, sviluppando una storia che ruota attorno a un miliardario sopravvissuto per la sesta volta a un incidente aereo, che tenta di riconnettersi con la figlia diventata suora. Questo intreccio familiare, tipico delle trame di Anderson, si arricchisce di conflitti interni e contraddizioni delineate con cura nel testo.
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Benicio del toro e la creazione di anatole “zsa-zsa” korda
Il lavoro di Benicio Del Toro sul personaggio ha richiesto una comprensione profonda delle sfumature scritte da Anderson, descritte dall’attore come stratificate e ricche di contraddizioni. Questo ha permesso a Del Toro di sviluppare la storia di Anatole Korda nella mente, dando credibilità al magnate tormentato. L’attore ha spiegato come parte del processo attoriale consista nel completare ciò che non è esplicitamente raccontato, facendo sì che il pubblico percepisca un personaggio completo.
Un esempio significativo del rapporto con il regista riguarda una scena in cui Anatole incontra la figlia e un tutore, interpretato da Michael Cera. Del Toro ha raccontato di essersi sentito a disagio nel rivelare dettagli sui suoi affari in presenza di uno sconosciuto, e a quel punto Anderson ha inventato in maniera estemporanea un “rivelatore di bugie” portatile per rendere credibile quella dinamica in scena. Questo intervento è emblematico dello stile di Anderson sul set: preciso ma aperto a soluzioni creative condivise con gli attori.
Le scelte registico-visive e la sequenza dei titoli di testa
Un momento fondamentale del film è la sequenza iniziale, che cattura subito l’attenzione con una ripresa dall’alto su Del Toro sdraiato in una vasca da bagno. L’attore ha descritto le difficoltà legate alle riprese in slow motion, guidate da Anderson che richiedeva un movimento rapido nonostante la tecnica adottata. La scena è stata girata in circa trenta ciak, con infermiere che si muovevano in modo coordinato come in una coreografia, per creare un effetto visivo unico che ha richiesto grande pazienza da parte del cast.
Questo approccio riflette la cura maniacale del regista per i dettagli visivi e la precisione dei movimenti dei personaggi. Scarlette Johansson ha confermato il rigore di Anderson, sottolineando però che dietro l’immagine di estrema meticolosità si nasconde anche uno spazio per la spontaneità e il divertimento durante le riprese. La vitalità del set nasce proprio da questo equilibrio tra controllo e gioco, con Anderson protagonista di un’atmosfera che stimola gli attori.
Il cast tra precisione e collaborazione sul set
Anche Bryan Cranston ha condiviso impressioni sul lavoro con Wes Anderson, ricordando che i dialoghi di Del Toro potevano risultare lunghi e impegnativi, tanto che si chiedevano come aiutare il collega a gestirli. La difficoltà di Anderson a lasciare spazio all’improvvisazione, dovuta alla precisa visione del film, ha costretto gli attori a un impegno intenso, spesso isolandoli dalle situazioni conviviali come le cene collettive.
Nonostante ciò, Del Toro ha sottolineato la sua volontà di dare il massimo per un regista che ammira e con cui ha già lavorato in passato. La sua lunga collaborazione ha portato a caratterizzare Anatole con forte presenza e precisione nei dettagli, in linea con il linguaggio visivo e narrativo inventato dal regista texano. La collaborazione con Scarlett Johansson, già alla terza esperienza con Anderson, conferma la sintonia e la consapevolezza del metodo adottato dal regista durante ogni tappa della lavorazione.
Le particolarità del set e le dinamiche di lavoro raccontate da chi ha recitato nel film permettono di capire come Wes Anderson costruisca i suoi film partendo da uno script estremamente dettagliato, ma aperto al contributo attivo degli interpreti per raggiungere un risultato coerente e originale.