Alexei Navalny è morto nel 2024 in una colonia penale in Siberia. Ora la moglie, Yulia Navalnaya, ha reso noto che esami fatti all’estero confermano come la causa del decesso sia stata un avvelenamento. Una nuova pagina in una vicenda politica che ha tenuto banco per anni, segnata dal duro scontro tra l’oppositore e il Cremlino di Vladimir Putin.
Analisi estere confermano: Navalny avvelenato
Yulia Navalnaya ha usato il suo profilo su X, ex Twitter, per informare che sono stati inviati fuori dalla Russia campioni biologici di Navalny. Questi sono stati analizzati in due laboratori indipendenti, in due Paesi diversi. Entrambi gli esami hanno trovato tracce di sostanze tossiche, ritenute responsabili della sua morte.
La vedova ha sottolineato l’importanza di rendere pubblici questi risultati, chiedendo trasparenza e il diritto di tutti a conoscere la verità. Portare i campioni fuori dai confini russi non è stata un’operazione semplice, vista la stretta sorveglianza delle autorità sulle informazioni riguardanti Navalny. I test, anonimi e indipendenti, escludono cause naturali o malattie: è stato un avvelenamento volontario.
Queste conferme rafforzano le accuse che l’opposizione e i sostenitori di Navalny avevano già mosso: il regime russo avrebbe perseguitato l’attivista con metodi letali. Le parole di Yulia mantengono alta l’attenzione internazionale sulla sua tragica morte.
Il Cremlino tace sulle accuse di avvelenamento
Dalla Russia non è arrivata nessuna reazione ufficiale sulle analisi estere. Nessuna conferma, nessuna smentita da parte dei canali governativi. Dmitri Peskov, portavoce di Putin, ha risposto ai giornalisti dell’agenzia Tass con un secco “non ho abbastanza informazioni per commentare”.
Questo silenzio aumenta la tensione e lascia aperti molti dubbi sulla reale dinamica della morte di Navalny. Finora, Mosca aveva sempre negato ogni coinvolgimento in avvelenamenti. L’assenza di una risposta netta sembra più una strategia per non alimentare ulteriori polemiche internazionali.
Il caso Navalny ha già scosso i rapporti diplomatici e attirato l’attenzione di governi occidentali e organizzazioni per i diritti umani. Il silenzio di Mosca non fa che alimentare le preoccupazioni, segnalando la complessità politica che circonda questa vicenda.
La prigionia e la morte di Navalny in Siberia
Alexei Navalny è morto a febbraio 2024 nel carcere di Charp, in Siberia. Aveva 47 anni ed era detenuto con una condanna che superava i 30 anni per accuse di “estremismo” e altri reati legati alla sua attività politica contro il regime di Putin. Navalny era il volto più noto dell’opposizione russa, arrestato più volte nel corso degli anni.
Secondo l’opposizione, la sua morte è il risultato di un avvelenamento lento iniziato nell’agosto 2023, pochi mesi prima del decesso. Non era la prima volta che Navalny subiva un avvelenamento: nel 2020 era stato colpito da un tentato omicidio con agenti neurotossici. Dopo quel grave episodio era stato ricoverato in Germania, dove si era ripreso e dimesso all’inizio del 2021.
Dopo il recupero, era tornato a Mosca per affrontare il processo e la detenzione, dove la sua salute si è progressivamente aggravata. L’avvelenamento rientra in un quadro di ritorsioni e persecuzioni legate alla sua lunga battaglia contro corruzione e autoritarismo.
La morte di Navalny è un campanello d’allarme nel panorama politico russo. L’attenzione internazionale resta alta sulle condizioni delle carceri russe e sul destino degli oppositori e attivisti ancora detenuti.