Le trattative tra Stati Uniti e Russia sul conflitto in Ucraina continuano, con scambi tecnici che lasciano intravedere qualche spiraglio. A Washington, nonostante qualche frustrazione per la lunghezza delle negoziazioni, si respira un cauto ottimismo dopo il summit di Anchorage di metà agosto. Quel faccia a faccia ha segnato un’apertura da parte di Mosca verso possibili concessioni, un fatto che fino a poco tempo fa sembrava impensabile.
Anchorage, quando Washington e Mosca sembrano parlare la stessa lingua
Il vertice di Anchorage ha rappresentato una piccola svolta. Mosca sembra disposta a discutere qualche compromesso sul conflitto in Ucraina, una novità che gli ambienti della Casa Bianca hanno colto con attenzione. Steve Witkoff, l’inviato speciale americano per la Russia, ha incontrato Putin da solo almeno sei volte negli ultimi mesi e racconta di un’apertura significativa durante il summit.
Non è certo la fine delle tensioni, ma un passo avanti per capire quali temi si possono davvero affrontare. Ancora caldi restano, ad esempio, i nodi sulla gestione amministrativa delle zone sotto controllo russo in Ucraina. Per Witkoff, la disponibilità di Putin a prendere in considerazione compromessi potrebbe essere la base per nuovi negoziati, anche se Kyiv resta molto ferma nel rifiutare qualsiasi concessione territoriale.
Washington non spinge Zelensky a cedere: il ruolo degli alleati europei
In una riunione riservata a Washington, esperti di sicurezza e diplomatici del mondo arabo hanno discusso del sostegno Usa all’Ucraina. Fonti del National Security Council hanno ribadito con chiarezza che Washington non chiederà mai a Zelensky di cedere territori per chiudere un accordo con Mosca. Questo messaggio è stato trasmesso con fermezza anche a Mosca, per fissare dei limiti ben precisi alle trattative.
Keith Kellogg, ex generale e inviato speciale americano, ha recentemente incontrato Zelensky a Kyiv e ha partecipato alla Yalta European Security Conference insieme a esperti europei. Gli Stati Uniti mantengono così un rapporto stretto con Kyiv e con i Paesi europei coinvolti, coordinando le strategie e discutendo anche i protocolli di sicurezza lungo le linee di confine, uno dei punti più delicati per via delle tensioni militari.
Trump deluso: “Avrei risolto tutto diversamente”
L’ex presidente Donald Trump si è detto amareggiato per la complessità della crisi ucraina. Fonti vicine a lui spiegano che la sua frustrazione nasce da due motivi: il rammarico di non essere stato alla guida quando è scoppiato il conflitto — convinto che avrebbe potuto anticipare e fermare tutto — e la delusione per il mancato risultato del suo rapporto personale con Putin durante il primo mandato.
Trump credeva che un buon rapporto con Putin avrebbe portato a una soluzione pacifica. Invece, la guerra si è intensificata. Questo scarto tra aspettative e realtà ha alimentato la sua crescente amarezza, mentre osserva come gli eventi abbiano preso una piega complicata, lontana dalle sue speranze.
Gli Usa provano a mediare, dialogo aperto con Parigi e altri alleati
Steve Witkoff ha spiegato agli interlocutori americani una strategia che punta a trovare compromessi tra Ucraina e Russia. È un cammino delicato, che cerca soluzioni accettabili per tutti senza imporre condizioni rigide. Si parla di protocolli di sicurezza, presenze militari lungo il confine e di idee ancora in fase iniziale, più bozze che accordi.
Le consultazioni non si fermano a Washington. Il team Usa mantiene contatti frequenti con leader europei, in particolare con il presidente francese Emmanuel Macron. Witkoff ha avuto più incontri con Macron per confrontarsi su possibili proposte da portare a Mosca e Kyiv. Anche altri Paesi europei aggiornano i loro rappresentanti e sostengono l’apertura al dialogo, muovendosi in una rete diplomatica attiva ma prudente, senza svelare dettagli sulle trattative.
Le sanzioni europee restano un nodo, Trump e la partita energetica
Uno dei temi più spinosi riguarda le sanzioni europee contro la Cina e il blocco degli acquisti di petrolio e gas russo da parte dell’Unione Europea. Trump ha spesso sollevato questi punti come chiavi per risolvere la crisi, ma fonti americane e analisti sono più cauti sul reale impatto di queste misure.
In particolare, il piano di Trump sulle sanzioni appare difficile da mettere in pratica per l’Europa, che ha interessi economici e geopolitici diversi. I Paesi europei cercano un equilibrio tra la pressione su Mosca e le loro necessità energetiche. Tenere aperti i canali di negoziazione senza rinunciare alle sanzioni è quindi un tema centrale. Lo scenario diplomatico resta fluido e complesso, con Washington e i suoi alleati che cercano di navigare questa fase senza affrettare le mosse.