Un incendio è scoppiato ieri all’Istituto penale per i minori di Treviso, provocando l’intossicazione di un giovane detenuto e di due agenti della polizia penitenziaria. Il rogo è stato appiccato volontariamente da tre ospiti della struttura. L’episodio ha riportato sotto i riflettori le condizioni di sicurezza all’interno del carcere, con la Cgil che parla di gravi carenze nelle dotazioni di protezione e nella tutela degli operatori.
L’incendio appiccato da tre detenuti minorenni e le conseguenze immediate
I fatti si sono svolti nel corso della giornata di ieri all’interno dell’istituto penale per minori, dove tre giovani ospiti hanno dato fuoco a dei materiali nei locali comuni. Il rapido propagarsi del fumo ha colto di sorpresa sia i detenuti sia gli agenti in servizio, causando un’intossicazione da fumo a un ragazzo e a due poliziotti penitenziari presenti sul posto. Subito soccorsi, sono stati trasferiti all’ospedale di Treviso per ricevere le cure necessarie. Le condizioni dei coinvolti, sebbene serie per la natura dell’intossicazione, non sembrerebbero aver superato la soglia di pericolo immediato per la vita.
L’episodio ha costretto il personale a intervenire in emergenza, con tempi ristretti e risorse limitate. L’incendio è stato spento, ma ha sollevato interrogativi sulla gestione degli spazi comuni e sulla sorveglianza, vista la facilità con cui i minori hanno potuto accendere il fuoco all’interno della struttura. Le dinamiche interne al carcere minorile mantengono alta la tensione, specialmente in relazione alla sicurezza degli operatori e alla protezione dei ragazzi.
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Le criticità sulla sicurezza e i materiali di protezione secondo la cgil
A poche ore dall’incidente, la Cgil ha diffuso una nota in cui denuncia lacune gravissime nelle misure di sicurezza e nella dotazione di dispositivi di protezione per gli agenti in servizio. Donato Nolè, rappresentante della Cgil Funzione pubblica nazionale, ha espresso forte preoccupazione per le condizioni in cui si svolge il lavoro all’interno dell’istituto. Secondo lui, il personale si trova a operare senza adeguati tuteli, esposto a rischi che potrebbero essere prevenuti con interventi mirati e investimenti appropriati.
La mancanza di protezioni personali efficienti, come maschere antincendio o dispositivi per la respirazione in ambienti contaminati, emerge come un problema strutturale. Questo deficit aggrava ulteriormente il pericolo cui vanno incontro le forze dell’ordine e mette in discussione la possibilità di intervenire in situazioni di crisi in modo rapido e sicuro. La Cgil chiede da tempo un miglioramento delle condizioni di lavoro e sicurezza, ma le risposte paiono tardare.
Le condizioni delle strutture penitenziarie per minori tra norme e critica sociale
Il caso del carcere di Treviso riporta alla luce una questione più ampia: le condizioni di molte strutture dedicate ai detenuti minorenni non rispettano gli standard stabiliti per garantire un ambiente sicuro e rieducativo. L’episodio evidenzia una contraddizione tra la funzione rieducativa che la Costituzione assegna alla pena nei confronti dei minori e la realtà di strutture spesso fatiscenti e inadatte.
Donato Nolè nella sua nota ricorda che il sistema penitenziario per i giovani dovrebbe assicurare non solo la custodia, ma una dignità e un supporto educativo effettivo. Il mancato rispetto delle norme di sicurezza, la carenza di risorse umane e materiali e le condizioni fatiscenti degli istituti minano questa funzione. I minorenni si trovano in ambienti che poco stimolano al cambiamento e alla reinserzione nella società, aggravando il rischio di nuovi episodi critici come l’incendio.
Questa vicenda di Treviso si inserisce in un contesto nazionale di dibattito sulle politiche carcerarie minorili, dove numerose associazioni e sindacati chiedono interventi intensi sulle strutture, maggiori controlli e fondi. Il controllo del territorio penitenziario per minori si rivela cruciale per garantire sicurezza a tutti, operatori e detenuti, e per rispettare le leggi che regolano la pena.
L’impatto sull’attività della polizia penitenziaria e le richieste sindacali
L’incendio ha aggravato la situazione di stress e rischi per i poliziotti penitenziari in servizio. A Treviso, come in altri istituti minorili, il personale si trova spesso in prima linea in situazioni di emergenza con mezzi e preparazione non all’altezza delle necessità. L’intossicazione da fumo registrata è l’esempio concreto di come l’assenza di strumenti adeguati esponga gli agenti a pericoli fisici rilevanti.
La Cgil, attraverso la voce di Donato Nolè, ha ricordato la necessità di garantire protezioni, formazione specifica e dotazioni personali per ogni operatore. Questi elementi sono fondamentali per mantenere la loro sicurezza e per permettere interventi efficaci anche in situazioni pericolose, limitando le conseguenze per la salute e la sicurezza.
La rivendicazione sindacale punta anche a cambiare l’approccio alle strutture, considerandole come luoghi in cui garantire condizioni umane e di sicurezza, non solo contenimento. Le richieste includono interventi immediati sulle tecnologie antincendio e un miglioramento degli spazi che spesso appaiono inadeguati alle esigenze di una detenzione giovanile.
L’episodio di Treviso è un campanello d’allarme che mette sotto pressione istituzioni locali e nazionali, chiamate a intervenire per evitare che eventi simili si ripetano e peggiorino, con ripercussioni sul benessere di detenuti e personale penitenziario.