La città di Foggia ha dato questa mattina l’addio a Hayat Fatimi, la donna di 46 anni originaria del Marocco uccisa brutalmente a coltellate dall’ex compagno la notte tra il 6 e 7 agosto. La tragedia è avvenuta a pochi metri dalla sua abitazione nel centro storico cittadino. Dopo il delitto, l’uomo si è allontanato ma è stato fermato dalle forze dell’ordine alcune ore più tardi a Roma. Le esequie si sono svolte in forma simbolica, davanti all’obitorio del policlinico Riuniti dove si è raccolta una folta rappresentanza di istituzioni e operatori che avevano seguito Hayat nel suo percorso di denuncia.
Commemorazione sobria ma partecipata davanti al policlinico riuniti di foggia
La cerimonia funebre, richiesta espressamente dai familiari, ha avuto luogo presso l’obitorio del policlinico Riuniti. Il momento ha visto la presenza di esponenti del Comune, operatrici del centro antiviolenza e diversi operatori sanitari che hanno assistito la vittima in passato. Al passaggio del feretro si è respirato un clima di intensa commozione e molte persone presenti hanno manifestato il loro dolore in lacrime. La scelta di svolgere il saluto in modo riservato rispecchia il desiderio della famiglia di vivere un momento di raccoglimento e rispetto.
La presenza concreta delle operatrici del centro antiviolenza evidenzia l’impegno della comunità locale nel proteggere donne vittime di violenza domestica e nell’accompagnare Hayat nelle fasi di denuncia e di richiesta d’aiuto. Questo coinvolgimento indica anche quanto fosse noto l’allarme lanciato dalla donna prima del tragico epilogo. L’addio oggi si è trasformato in un monito a non sottovalutare mai i segnali di pericolo.
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L’amministrazione comunale proclama lutto cittadino e annuncia azioni legali
Il Comune di Foggia ha dichiarato il lutto cittadino per la morte di Hayat Fatimi. La sindaca Maria Aida Episcopo ha voluto sottolineare come la donna fosse da anni una cittadina naturalizzata e parte integrante della comunità foggiana. Secondo la prima cittadina, Hayat si era distinta per un comportamento considerato degno di lode, e veniva ricordata con affetto anche dai suoi datori di lavoro. La perdita ha lasciato una ferita ancora aperta nella città, una ferita che si manifesta anche nei modi più concreti come quello della proclamazione ufficiale di lutto.
Il Comune ha annunciato anche la determinazione a costituirsi parte civile nel procedimento giudiziario che vedrà l’ex compagno di Hayat imputato per l’omicidio. Episodi di violenza di questa gravità richiedono, anche nella dimensione legale, una risposta netta da parte delle istituzioni. La decisione di partecipare attivamente al processo non solo rappresenta un sostegno alla famiglia, ma anche un segnale chiaro alla cittadinanza contro ogni forma di violenza domestica e femminicidio.
Appello alla comunità e riflessioni della sindaca sul ruolo delle istituzioni
Nel corso delle dichiarazioni pubbliche, la sindaca Episcopo ha richiamato l’attenzione sull’importanza della risposta corale dopo tragedie simili. Ha evidenziato il dolore di una famiglia, in particolare della madre anziana di Hayat, ancora incredula e devastata dall’accaduto. Il rispetto mostrato dalla famiglia nel momento del dolore è stato definito dalla sindaca un esempio di dignità umana.
La prima cittadina ha rimarcato che, oltre al dolore individuale, questa morte riguarda tutta la comunità, le istituzioni, lo Stato. Ha però evitato generalizzazioni, riconoscendo che alcuni enti erano presenti e che il centro antiviolenza ha risposto al grido d’aiuto di Hayat. La donna aveva cercato di tutelarsi con fiducia, convinta che certi drammi non potessero avvenire. La realtà ha dimostrato il contrario: il femminicidio si è consumato proprio davanti casa, in un contesto quotidiano e vicino. Questi dati sottolineano la dimensione drammatica della violenza di genere e il bisogno urgente di risposte efficaci.
Il caso di hayat fatimi e la sfida della prevenzione della violenza domestica
L’omicidio di Hayat Fatimi si inserisce in un quadro che coinvolge spesso donne vittime di violenze da parte di partner o ex compagni. La sua tragedia ricorda quanto siano fragili i percorsi di protezione e denuncia che spesso queste donne affrontano. Nonostante l’aiuto ricevuto dal centro antiviolenza, il pericolo non è stato scongiurato.
I fatti di Foggia invitano a riflettere sulle modalità con cui si seguono le vittime, sui limiti della prevenzione e sulla necessità di potenziare strumenti per intervenire prima che si sviluppino situazioni di rischio estremo. La presenza concreta dello Stato e delle istituzioni è fondamentale ma non sempre basta. Ogni decesso di questo tipo sollecita una revisione delle pratiche, una maggiore attenzione agli allarmi e uno sforzo collettivo per evitare che simili episodi si ripetano.
L’arresto dell’ex compagno a Roma dopo la fuga sottolinea come, anche quando la persona responsabile cerca di sfuggire alla giustizia, le forze dell’ordine possono agire rapidamente se coordinano le indagini. Il seguito processuale sarà decisivo per chiarire ogni dettaglio del caso e per fornire giustizia alla vittima e ai suoi cari.