Trump propone di rinominare il Dipartimento Della Difesa in Dipartimento della Guerra, ma ignora la ristrutturazione postbellica del 1949

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Trump propone di rinominare il Dipartimento della Difesa in Dipartimento della Guerra - Gaeta.it

Elisabetta Cina

2 Settembre 2025

Donald Trump ha rilanciato l’idea di chiamare nuovamente il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti “Dipartimento della Guerra”, un nome usato fino al 1949. La proposta arriva in un contesto segnato da incontri diplomatici e da un discorso pubblico a Washington. Il presidente sostiene che il vecchio nome fosse più “minaccioso” verso i nemici e ricordava un periodo di successi militari, ma questa visione trascura le ragioni storiche e strategiche che portarono alla riforma e al cambio di denominazione nel secondo dopoguerra.

La proposta di trump e le motivazioni dietro il ritorno al vecchio nome

Durante una conferenza stampa a Washington con il leader sudcoreano Lee Jae-myung, Trump ha dichiarato che la modifica del nome del dipartimento della Guerra nel 1949 fu dovuta a un eccesso di “politicamente corretto”. La sua opinione è che la parola “guerra” evocasse più timore negli avversari e, per questo motivo, garantiva maggior successo. Su Truth, il social di sua proprietà, ha iniziato a chiamare il titolare attuale del dicastero, Pete Hegseth, “segretario della Guerra”, per sottolineare l’approccio più aggressivo che vorrebbe adottare.

Trump si muove in un contesto in cui vuole mostrare una linea più dura, in particolare nei rapporti con la Corea del Nord e altre questioni di sicurezza internazionale. Tuttavia, per modificare ufficialmente il nome, serve l’approvazione del Congresso, e finora questa proposta non rientra nelle priorità legislative.

Non si tratta solo di un dibattito semantico, visto che il nome “Dipartimento della Difesa” riflette un cambiamento profondo delle strutture militari statunitensi, pensato per coordinare meglio le diverse Forze armate e limitare le spese, come vedremo nei paragrafi successivi.

La riorganizzazione del 1947-1949 e la nascita del dipartimento della difesa unificato

Prima del 1949, il Dipartimento della Guerra controllava esclusivamente l’Esercito, ma le altre Forze armate erano separate. La Marina aveva un suo dicastero fin dal 1798, e l’Aeronautica militare, istituita solo nel 1947, era ancora autonoma. Questa frammentazione rendeva difficile la cooperazione tra i rami, fondamentale in un’epoca in cui la guerra moderna richiedeva operazioni combinate e sinergiche.

L’allora presidente Harry S. Truman voleva superare questo sistema creando una struttura unificata per migliorare la sicurezza nazionale e contenere i costi. Nel 1947 fu approvato dal Congresso il National Defense Establishment, che avrebbe raccolto tutti i rami in un’unica amministrazione. Nel 1949 questa struttura fu rinominata Dipartimento della Difesa.

Con questa riforma furono istituiti due ruoli chiave: il segretario della Difesa, un civile con poteri di coordinamento, e il Capo di stato maggiore congiunto, il massimo ufficiale militare. L’obiettivo era semplificare la gestione e la collaborazione tra i corpi armati.
La Marina, però, resistette alla riorganizzazione, preoccupata per la perdita di autonomia e di un budget indipendente. Anni di rapporti tesi tra le Forze durante la Seconda guerra mondiale alimentarono queste divisioni. Il cambiamento rimase intatto, ma la struttura alla prova dei decenni ha dimostrato i vantaggi di un comando unico, aggiungendo poi anche la Space Force creata da Trump nel 2019.

Il significato politico e simbolico del nome dipartimento della difesa oggi

Secondo alcuni storici, il cambio di nome del 1949 non fu solo una questione amministrativa, ma anche simbolica. Krister Knapp, storico della Washington University di St. Louis, spiega che l’intenzione era ancorare il ruolo delle Forze armate a una funzione difensiva, segnalando che la guerra doveva essere usata solo come ultima spiaggia per proteggere il paese, e non come uno strumento d’attacco.

Questo quadro rifletteva anche un clima internazionale segnato dalla fine della Seconda guerra mondiale, in cui molti Stati decisero di accettare la guerra come estrema risposta a una minaccia diretta, e non come prima opzione militare. L’idea di una difesa nazionale prevalente voleva distanziarsi da un passato visto come più aggressivo o imperialista.

La posizione recente della Casa Bianca, con la portavoce Anna Kelly che ha affermato che “l’esercito dovrebbe focalizzarsi sull’attacco e non solo sulla difesa”, entra in contraddizione con questo significato storico. Il linguaggio usato da Trump, che mira a riportare il nome “guerra”, sottolinea una volontà di tornare a un atteggiamento percettivamente più duro, ma questo non cambia le dinamiche complesse legate all’organizzazione militare e alle leggi americane sul controllo civile delle Forze armate.

Limiti legislativi e reali possibilità di cambiamento nel sistema militare statunitense

Anche se Trump ha più volte espresso l’idea del ritorno al nome “Dipartimento della Guerra”, la realtà delle procedure legislative limita fortemente questa eventualità. Il nome ufficiale può essere modificato solo tramite un atto del Congresso e le priorità attuali non sembrano includere questa questione. L’iter potrebbe risultare lungo e complicato, senza garanzie di successo.

Questa proposta si inserisce in un dibattito più ampio sulla missione delle Forze armate e il loro ruolo negli scenari globali, ma gli elementi organizzativi e le convenzioni costituzionali attuali confermano una linea di controllo civile e centralizzazione che difficilmente verrebbe intaccata da una semplice modifica di denominazione.

Il progetto di Trump va letto soprattutto nel quadro del suo posizionamento politico e della sua immagine pubblica più che come un’azione concreta destinata a trasformare l’assetto istituzionale degli Stati Uniti.

Donald Trump ha rilanciato una vecchia discussione sul ruolo e il nome dell’apparato militare americano. Il richiamo al passato nasconde una complessità che ha radici profonde nella storia militare e politica del Paese, sottolineando le differenze tra visione difensiva e aggressiva della guerra e le trasformazioni istituzionali necessarie per gestirle.