Truffa migranti tra Napoli e provincia, giro d’affari plurimilionario e minacce tra gli avvocati coinvolti

Truffa migranti tra Napoli e provincia, giro d’affari plurimilionario e minacce tra gli avvocati coinvolti

Un’indagine a Napoli e provincia scopre una rete di truffa gestita da tre avvocati che sfruttava i click-day per favorire ingressi illegali di migranti, con estorsioni, minacce e un giro d’affari milionario.
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Un’indagine a Napoli ha smantellato una rete criminale, guidata da tre avvocati, che truffava migranti sfruttando i “click-day” per favorire ingressi illegali, con minacce, estorsioni e un giro d’affari milionario. - Gaeta.it

Un’indagine condotta tra Napoli e provincia ha svelato un sistema di truffa legato ai migranti, gestito da tre avvocati e una rete di collaboratori. Il giro d’affari che ruotava attorno a questa organizzazione superava il milione di euro, ma non mancavano tensioni e minacce all’interno del gruppo. Ecco i dettagli emersi dalle indagini e dalle intercettazioni.

La struttura del business e il ruolo dei “click-day”

L’organizzazione si è fondata sull’abuso dei cosiddetti “click-day”, cioè le giornate in cui si possono inviare domande per l’ingresso di cittadini extracomunitari. Questi momenti diventavano strategici per l’invio delle richieste, a cui l’organizzazione accedeva grazie a “inseritori” e “cliccatori” dotati di computer veloci e connessioni internet performanti. Ciò permetteva di assicurarne la priorità nelle procedure online. In parole semplici, sfruttavano questa tecnologia per anticipare gli altri richiedenti e garantire l’esito favorevole.

Le accuse rivolte agli indagati sono gravi. Si tratta di sfruttamento dell’immigrazione clandestina, estorsione aggravata dal metodo mafioso, falso ideologico e truffa. Il loro operato non si limitava alla gestione burocratica, ma toccava aspetti criminali rilevanti e anche intimidazioni ai danni di chi provava a ribellarsi.

Le minacce e la tensione tra gli affiliati

Il sistema non era però privo di tensioni. Alcuni extracomunitari che avevano versato somme ingenti per usufruire dei “servigi” dell’organizzazione si sono sentiti raggirati. Per questo, avevano minacciato di denunciare. Una situazione che ha fatto scattare la risposta intimidatoria di uno degli avvocati coinvolti, Vincenzo Sangiovanni. L’uomo ha reagito minacciando ritorsioni contro chi tentava di denunciare. È stata proprio alla sua persona che è stato sequestrato un bene di lusso: una Ferrari, ritenuta provento del guadagno derivante dallo sfruttamento dell’immigrazione clandestina.

Le pressioni all’interno del gruppo erano evidenti anche nelle intercettazioni ambientali. Sangiovanni ammetteva apertamente con un collaboratore, di nome Sami, uno dei procacciatori di extracomunitari, che l’affare stava diventando pericoloso. Aggiungeva anche frasi che confermano la spietatezza dell’organizzazione, come: “Mi hai dato 200mila euro… mi dovevi dare 600mila euro… vogliono venire? Devono pagare altrimenti se ne devono andare, non faccio neanche una carta se non mi pagano”.

L’hinterland napoletano al centro dell’indagine

L’attività illegale si estendeva tra Napoli e la sua provincia, toccando diverse comunità di cittadini extracomunitari, in particolare provenienti da Bangladesh e Sri Lanka. La forte richiesta di ingressi da queste comunità aveva destato fin da subito sospetti tra le forze dell’ordine, che hanno inteso approfondire le dinamiche di questa rete.

L’operazione ha coinvolto, oltre ai tre avvocati, una folta schiera di collaboratori suddivisi in ruoli precisi ed organizzati. Questi ultimi gestivano varie fasi della truffa, dal reclutamento dei richiedenti fino all’invio tempestivo delle pratiche durante i click-day. Il sistema criminale ha prodotto un giro d’affari milionario, confermato dai sequestri e dagli accertamenti patrimoniali eseguiti nel corso dell’inchiesta.

Lo sviluppo delle indagini sulle responsabilità

Le indagini proseguono per ricostruire con precisione tutti i passaggi e i ruoli all’interno della rete. Quanto emerso dalle intercettazioni ha consentito di stabilire i rapporti tra gli indagati e il funzionamento del sistema estorsivo legato all’immigrazione clandestina. La complessità della struttura richiede ora approfondimenti, per individuare chi ha avuto ruoli di maggiore responsabilità e chi invece ha agito da semplice collaboratore.

Il quadro che emerge descrive una rete articolata e decisa a mantenere il controllo sulle pratiche di ingresso. La quantità di denaro movimentata ha fatto scattare diverse misure preventive, comprese le confische di beni di valore associati agli indagati. In particolare, il sequestro della Ferrari a Sangiovanni ha evidenziato come i profitti del sistema venissero reinvestiti in beni di lusso.

Lo sviluppo dell’inchiesta resta sotto stretta osservazione, con particolare attenzione alla eventuale presenza di altri soggetti coinvolti ancora ignoti. L’obiettivo è spezzare definitivamente la catena criminale che ha fatto leva sul bisogno di migliaia di cittadini stranieri.

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