Tre associazioni criminali tra San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano favorivano ingresso illegale di migranti

Tre associazioni criminali tra San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano favorivano ingresso illegale di migranti

Un’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli scopre una rete criminale con avvocati, operatori di Caf e datori di lavoro coinvolti in ingressi illegali di migranti dal Bangladesh tra San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano.
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Un'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ha smantellato una rete criminale composta da avvocati, operatori di Caf e datori di lavoro che facilitava l’ingresso illegale di migranti, soprattutto dal Bangladesh, tramite false assunzioni e documenti falsificati nell’area vesuviana. - Gaeta.it

Un’inchiesta recente della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ha scoperto una rete composta da tre gruppi criminali attivi nel facilitare l’ingresso illecito di migranti in Italia. Le indagini hanno messo in luce l’azione di avvocati e operatori di Caf coinvolti nell’organizzazione di ingressi illegali, con un focus particolare su cittadini provenienti dal Bangladesh. Le attività si svolgevano principalmente nei comuni di San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano, due realtà dell’area vesuviana.

Il ruolo degli avvocati e operatori di caf nelle organizzazioni criminali

Le tre associazioni scoperte dall’antimafia erano guidate da professionisti legali e figure legate ai Centri di Assistenza Fiscale, soggetti che usavano la loro posizione per elaborare documentazioni false o manipolate. Questi intermediari creavano un sistema che sfruttava le lacune legate alle normative sui flussi migratori. Il risultato era una rete capace di far transitare persone senza i requisiti richiesti dalle leggi italiane sull’immigrazione. Il costo per ogni ingresso illegale era stimato intorno ai 10mila euro, una cifra significativa che denota la natura organizzata dell’attività.

Gli avvocati coinvolti agivano soprattutto fornendo assistenza legale di facciata per rendere meno sospette le pratiche di ingresso e regolarizzazione. Gli operatori di Caf, dal canto loro, facilitavano pratiche e documentazioni false, creando apparentemente richieste di soggiorno regolari. Questa alleanza tra professionisti del diritto e intermediari fiscali rendeva complesso risalire ai reali responsabili e alle modalità con cui veniva portata avanti l’attività criminale.

L’area operativa tra san Giuseppe Vesuviano e ottaviano

I centri dell’attività criminale erano localizzati principalmente in due comuni dell’hinterland napoletano: San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano. Questi territori diventavano punti di raccolta e transito per i migranti che volevano entrare in Italia con mezzi non leciti. Le organizzazioni si approfittavano di un contesto locale dove certe dinamiche sociali e lavorative potevano facilitare l’infiltrazione di reti illegali.

L’area mostrava una certa complicità o, quantomeno, omertà di alcuni settori, in quanto l’organizzazione aveva la possibilità di agire senza troppa interferenza. In particolare il sistema prevedeva una collusione con datori di lavoro locali, che avrebbero creato false assunzioni per dare una parvenza di legalità ai migranti presenti sul territorio. Si trattava spesso di contratti fittizi, senza che i lavoratori venissero effettivamente impiegati nell’attività dichiarata, così da aggirare controlli amministrativi e ispettivi.

Arresti, indagati e sequestro di beni per due milioni di euro

Le forze dell’ordine, al termine delle investigazioni, hanno identificato 45 persone coinvolte in attività illecite che andavano dall’immigrazione clandestina alla truffa. Tra questi, 23 soggetti sono stati sottoposti agli arresti domiciliari. Le misure restrittive testimoniano la gravità e il radicamento delle azioni portate avanti dalle associazioni.

La procura ha disposto anche il sequestro di beni mobili e immobili per un valore stimato in circa 2 milioni di euro. Questa operazione mira a colpire direttamente le risorse economiche accumulate grazie alle attività illegali. Gli investigatori hanno rintracciato conti bancari, proprietà immobiliari e altri beni utilizzati dalle organizzazioni per il loro sostentamento. L’obiettivo è spezzare la catena di profitto che alimentava gli ingressi irregolari.

Dinamiche delle false assunzioni e coinvolgimento dei datori di lavoro

Uno degli aspetti emersi dall’inchiesta riguarda l’uso di contratti di lavoro fittizi per coprire la permanenza illegale dei migranti. Alcuni imprenditori o responsabili d’azienda avrebbero accettato di stipulare formalmente rapporti di lavoro che non corrispondevano a reali condizioni operative. Era un accordo che consentiva di mantenere in Italia queste persone senza passare dai canali legali.

Queste finte assunzioni trovavano riscontro solo sulla carta, senza che i lavoratori svolgessero effettivamente l’attività indicata. La frode si estendeva quindi anche al sistema previdenziale e fiscale, con il rischio di danni alle casse pubbliche. Il meccanismo restava occultato finché non sono scattate le indagini che hanno portato alla luce tutta l’articolazione del sistema illegale.

Il caso rappresenta un chiaro esempio di come condotte illegali possano sfruttare strumenti e istituzioni legittime per mettere in piedi attività fuori legge. Le autorità proseguono nel monitoraggio per evitare che simili fenomeni si ripropongano in altre zone o attraverso altre modalità.

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