Un episodio di evasione ha coinvolto il carcere di Alessandria, dove tre detenuti hanno tentato di scavalcare il muro perimetrale durante l’ora d’aria. L’azione, preparata con strumenti improvvisati, è stata bloccata tempestivamente dagli agenti della polizia penitenziaria, evitando conseguenze più gravi. L’evento ha messo in luce le fragilità della struttura e rilanciato richieste di interventi urgenti per la sicurezza interna.
Il piano di fuga e il tentativo di evasione nel cortile
L’episodio si è svolto ieri, intorno alle 13:10, nel cortile della sezione ex art. 32 del carcere di Alessandria. Qui sono detenuti gli individui con precedenti di comportamenti violenti e attitudini antisociali, tra cui i tre coinvolti nel tentativo di fuga, due tunisini e un marocchino. Il metodo adottato prevedeva l’uso di una corda artigianale realizzata con strisce di tessuto annodate, nascosta abilmente dentro un secchio contenente indumenti bagnati.
Il gancio metallico e il ruolo di vedetta
Il gancio metallico, elemento essenziale per agganciare la recinzione, era stato ricavato da un fornellino da campeggio, dimostrando un certo livello di organizzazione e ingegno dei detenuti. Mentre due di loro provavano a lanciare il gancio verso la cima del muro di cinta, il terzo faceva da “vedetta”, pronto a segnalare movimenti sospetti del personale di sorveglianza. L’intenzione era chiara: issarsi con la corda e superare il muro perimetrale.
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Gli agenti, però, hanno captato l’anomalia nei comportamenti dei detenuti e sono intervenuti rapidamente. L’efficace tempestività del corpo di polizia penitenziaria ha impedito che il piano venisse realizzato, bloccando l’azione prima che si potesse concretizzare. L’arresto immediato di ogni tentativo ha evitato una possibile fuga e ulteriori rischi per la struttura e gli operatori.
Reazioni e richieste del sappe sulle carenze di sicurezza nel carcere
Il segretario regionale del Sappe, Vicente Santilli, ha illustrato la dinamica dell’episodio sottolineando che il pronto intervento degli agenti ha impedito un evento che avrebbe potuto degenerare in una fuga vera e propria. Secondo Santilli, solo la preparazione e la vigilanza costante dei baschi azzurri hanno assicurato il controllo della situazione.
Questo fatto riporta all’attenzione le carenze strutturali del sistema penitenziario italiano, spesso in difficoltà di fronte a situazioni del genere. Il segretario generale del Sappe, Donato Capece, ha rilanciato la richiesta di interventi immediati per rafforzare il controllo nelle carceri. Tra le misure indicate, spiccano l’aumento del numero di agenti, il miglioramento degli strumenti di difesa e l’introduzione di dispositivi non letali come flash ball e bola wrap, già adottati in alcuni stati europei e in parte dell’Italia.
Applicazione art. 14 bis e trasferimenti dei detenuti
Capece ha anche insistito sull’applicazione rigorosa dell’articolo 14 bis, relativo al carcere duro per detenuti violenti e con tentativi di evasione, e sul trasferimento immediato in carceri lontane dalla residenza dei condannati per motivi di sicurezza. Questi provvedimenti, secondo lui, sono fondamentali per evitare che episodi simili diventino una minaccia comune e affrontare la crescente organizzazione dei detenuti.
Condizioni del personale penitenziario e criticità del sistema
Il Sappe evidenzia come la gestione attuale delle carceri grava molto sulle spalle degli agenti, che lavorano con risorse scarse e in condizioni di sottorganico prolungato. Il personale deve affrontare una popolazione detenuta sempre più numerosa e con comportamenti difficili da contenere.
L’attenzione agli episodi critici non può più fare affidamento solo sulla prontezza individuale degli operatori. Serve un rafforzamento generale delle misure di sicurezza e una revisione profonda delle politiche carcerarie, dicono i sindacati. Il rischio è che emergano situazioni più gravi se la situazione non cambia e non si adottano strategie concrete per proteggere agenti e cittadini.
Il recente tentativo di evasione, seppure neutralizzato, conferma l’urgenza di intervenire per evitare che la sicurezza interna resti un problema irrisolto nelle strutture penitenziarie italiane.