Teheran senza il suo scudo: la crisi iraniana segnata da attacchi israeliani e isolamento regionale

Teheran senza il suo scudo: la crisi iraniana segnata da attacchi israeliani e isolamento regionale

Il confronto tra Iran e Israele si intensifica con Teheran isolata e senza alleati solidi, mentre Tel Aviv avanza con il sostegno internazionale, modificando gli equilibri nel Medio Oriente.
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L'articolo analizza l'acuirsi del conflitto tra Iran e Israele, evidenziando l'isolamento crescente di Teheran, la frammentazione dei suoi alleati regionali e l'appoggio internazionale solido di Israele, con Russia e Cina che adottano una posizione prudente e mediatica. - Gaeta.it

Il confronto tra iran e israele ha raggiunto un livello di tensione che fa scivolare teheran in una situazione di isolamento e vulnerabilità senza precedenti. Mentre tel aviv prosegue con operazioni militari mirate all’interno del territorio iraniano e gode di un sostegno internazionale solido, la repubblica islamica sembra priva dell’appoggio dei suoi tradizionali alleati. Questa fase segna un punto delicato nella storia recente del medio oriente, mettendo alla prova la resistenza e la capacità di teheran di reggere un’escalation che coinvolge diversi attori regionali e globali.

L’asse della resistenza: un fronte indebolito e frammentato

L’asse della resistenza, il sistema di alleanze militari e politiche su cui iran ha fatto da tempo affidamento, sta mostrando segni evidenti di cedimento. Hezbollah, storicamente uno dei pilastri della rete di potere iraniana in libano, ha subito diversi attacchi israeliani concentrati a limitarne la capacità offensiva. Questi colpi hanno ridotto la possibilità di una reazione coordinata da parte delle milizie libanesi.

Parallelamente, il crollo del regime di bashar al-assad in siria, alleato di lungo corso di teheran, ha ridisegnato gli equilibri in modo sfavorevole per l’iran. La nuova leadership siriana, più distante e anche ostile, ha avviato un progressivo sgombero delle milizie pro-iraniane, togliendo ai persiani uno dei loro punti di appoggio strategici storici.

La complessità del quadro iracheno e yemenita

In iraq il governo centrale prova a mantenere una posizione di neutralità tra le pressioni delle milizie filo-iraniane e l’influenza di stati esterni, limitando quindi le possibilità di manovra di teheran su quel fronte. Anche gli houthi in yemen, pur continuando gli attacchi missilistici verso israele, non incidono più di tanto sull’equilibrio militare complessivo. Hanno confermato di non riuscire a cambiare la mappa strategica a favore dell’iran.

Questo scenario costringe teheran a gestire direttamente gli attacchi israeliani senza potersi più aggrappare a una difesa regionale solida. Israele ha mostrato una capacità di penetrazione profonda nel territorio iraniano, grazie a operazioni che mirano a destabilizzare senza confronto aperto e prolungato. La leadership iraniana si trova così sotto pressione per via di un’offensiva che sta superando i limiti delle tradizionali schermaglie.

Isolamento internazionale e sostegni difficili da ottenere

Sul piano internazionale, teheran si trova sempre più isolata. Israele conta sul sostegno aperto di stati come stati uniti e regno unito. Anche la germania mostra un atteggiamento segnalato come favorevole alla linea di tel aviv. Invece, iran può raccogliere solo dichiarazioni formali di condanna da parte di paesi quali cina, russia e turchia, senza mai tradurre questi segnali in un appoggio concreto o militare.

Le controffensive iraniane, pur riuscendo a colpire obiettivi in israele, non hanno superato finora una soglia che possa mettere in crisi la stabilità militare israeliana. Le autorità di tel aviv mantengono quindi un controllo netto sulla situazione, almeno sul piano operativo.

Nei paesi del golfo cresce una sorta di apprensione per le mosse israeliane, con il timore che una volta piegato l’iran, tel aviv possa portare avanti una forma di egemonia nella regione che stravolgerebbe ulteriormente gli equilibri. L’area osserva con attenzione le escalation che sono iniziate a gaza e si sono ampliate verso beirut, damasco e ora teheran.

Nonostante appelli al cessate il fuoco e richiami alla diplomazia, tel aviv non fa segnali di rallentamento e gli stati uniti sembrano, più che frenare, avallare questa offensiva con un atteggiamento aspettante. Il rafforzamento di israele serve a indebolire teheran ed è visto dagli alleati statunitensi come un obiettivo strategico.

La posizione di cina e russia tra prudenza e interessi contrastanti

La russia, mantenendo un’intesa strategica con iran, ha limitato le sue reazioni a semplici condanne verbali agli attacchi israeliani. L’accordo firmato con teheran all’inizio del 2025 non implica l’avvio di aiuti militari o un intervento diretto. Mosca cerca di bilanciare il suo rapporto con teheran e con israele.

Una strategia di equilibrio per mosca e pechino

Questo atteggiamento si lega all’intenzione del cremlino di proporsi come possibile mediatore e limitare l’espansione del conflitto che potrebbe minacciare la sua presenza nel medio oriente. Non vuole inimicarsi israele, partner con il quale ha interessi anche economici e diplomatici.

La cina evita un coinvolgimento diretto e preferisce affidarsi al richiamo alla diplomazia. A pechino preoccupa la possibilità che un conflitto duraturo possa mettere a rischio il flusso del petrolio attraverso le rotte marittime vicine all’iran. La stabilità commerciale rimane la priorità, e la sua posizione resta attendista senza schieramenti espliciti.

Nel gruppo brics, dove l’iran è entrato di recente, la coesione politica sulle crisi internazionali è escostante. Paesi come india, che hanno forti legami commerciali e militari con israele, non mostrano interesse a sostenere teheran in questa situazione. L’alleanza appare quindi poco solida e priva di un fronte unito.

Anche il pakistan, considerato l’unico vicino potenzialmente disponibile a schierarsi con l’iran, non si impegna concretamente. Le dichiarazioni di supporto rimangono simboliche, senza alcun contributo militare o logistico. Questo è legato alla consapevolezza dei rischi economici e politici che un’appartenenza attiva a questo conflitto comporterebbe.

Infine, la turchia manifesta una condanna diplomaticamente misurata all’offensiva israeliana ma preferisce mantenersi distante dal coinvolgimento. Temendo instabilità e rischi sul proprio territorio, ankara continua a dialogare con tel aviv e resta attenta alle dinamiche, puntando a un ruolo di mediatore piuttosto che di attore diretto nel conflitto.

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