La recente sentenza della Corte d’Assise di Taranto ha portato a dure condanne per l’omicidio di Cosimo Nardelli, un caso che ha suscitato grande interesse pubblico. Cosimo, 61 anni, noto per i suoi precedenti penali, è stato ucciso il 26 maggio 2023 con due colpi di pistola al torace davanti alla propria abitazione in via Cugini 7. La decisione del tribunale ha svelato non solo la brutalità del crimine, ma anche la complessità delle dinamiche familiari coinvolte.
Le condanne principali: ergastolo per i mandanti
La Corte, presieduta da Filippo Di Todaro con il giudice a latere Loredana Galasso, ha inflitto due pene dell’ergastolo. Le condanne sono state emesse nei confronti di Paolo Vuto e Tiziano Nardelli, rispettivamente considerati l’organizzatore e il mandante dell’omicidio. La relazione tra i condannati e la vittima ha catturato l’attenzione, poiché Tiziano Nardelli è il fratello di Cosimo e, secondo l’accusa, avrebbe orchestrato il delitto a causa di dissidi legati alla gestione di una cooperativa agricola, rivelando così la complessità dei legami familiari che possono sfociare in atti di violenza estrema.
L’esecutore materiale e i suoi complici
Cristian Aldo Vuto, figlio di Paolo Vuto, è stato identificato come l’esecutore materiale dell’omicidio e ha ricevuto una condanna a 30 anni di reclusione. A questa pena si aggiunge quella di 25 anni per Francesco Vuto, cugino di Cristian, il quale ha guidato la moto durante l’attacco. La sentenza ha escluso l’aggravante del metodo mafioso, sebbene la brutalità dell’atto e il contesto familiare rimangano elementi significativi da analizzare. Il collegamento di questi due giovani con l’atto criminoso solleva interrogativi su come il contesto familiare e sociale possa influenzare decisioni tanto drastiche.
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Le altre condanne e il passato della vittima
Altri due imputati coinvolti nel caso hanno ricevuto pene minori: 18 anni per uno di loro, accusato di tentato omicidio, e 2 anni per l’altro, accusato di detenzione di arma da fuoco. Questo aspetto della sentenza evidenzia come non solo gli esecutori diretti, ma anche coloro che svolgono ruoli di supporto o complicità , siano considerati parte del probabile piano criminoso.
Cosimo Nardelli, da poco uscito dal carcere dopo aver scontato 17 anni per concorso nell’omicidio di Alessandro Cimoli nel 2006, ha condotto una vita segnata da eventi violenti. Questa condizione evidenzia un ciclo preoccupante di violenza e conflitto, che permea il contesto in cui operava Nardelli e che culmina in questa tragica vicenda.
Con un’indagine attenta, la Procura, rappresentata dai pm Milto Stefano De Nozza e Francesco Sansobrino, ha cercato di delineare la dinamica di un omicidio che, sebbene avvenuto in un contesto familiare, ha avuto ripercussioni inquietanti per l’intera comunità . La richiesta di ergastolo per Tiziano Nardelli e Paolo Vuto, e le pene severe per i cugini Vuto, evidenziano la gravità dei reati commessi e la determinazione della giustizia nel fare chiarezza su un caso così complesso e umanamente difficile.