La vendita di prodotti come foglie, infiorescenze, olio e resina derivati dalla cannabis sativa l., chiamata comunemente cannabis light, resta vietata anche dopo il decreto sicurezza approvato nel 2025. La questione emerge da una sentenza del Tar di Bologna, che ha respinto il ricorso di un commerciante di Granarolo dell’Emilia contro un’ordinanza locale che imponeva lo stop alla distribuzione automatica di tali prodotti. La decisione del tribunale fornisce un chiarimento importante sulle norme che regolano la commercializzazione di questi derivati della canapa, tema tornato di attualità dopo le modifiche legislative recenti.
Il ricorso del commerciante e l’ordinanza dell’unione comuni terre di pianura
A gennaio 2022, lo sportello unico per le attività produttive dell’Unione dei Comuni Terre di Pianura ha emesso un’ordinanza contro una ditta individuale con sede a Granarolo dell’Emilia. L’impresa vendeva prodotti derivati dalla cannabis sativa tramite distributori automatici, ma l’autorità locale ha ordinato di cessare immediatamente tale attività. La motivazione era legata alla presunta illegittimità della commercializzazione di foglie, infiorescenze, olio e resina, indipendentemente dal contenuto di THC.
Il negoziante, assistito dagli avvocati Andrea Fornasari e Claudia Agusta Facinelli, ha impugnato l’ordinanza al Tar di Bologna, sostenendo che i prodotti fossero legali e quindi non soggetti a restrizioni. Tuttavia i giudici della prima sezione, presieduti da Paolo Carpentieri e con Mara Bertagnolli relatrice, hanno respinto il ricorso. La decisione ha confermato le ragioni dell’Unione dei Comuni, rappresentata dall’avvocato Michele Cristoni. Questo pronunciamento conferma la linea restrittiva adottata dal territorio terrestre di Pianura e potenzialmente da altre amministrazioni locali.
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La sentenza della cassazione 2019 e il contrasto normativo sulla canapa
Fondamentale per la decisione del Tar di Bologna è stata la citazione di una sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione risalente al 10 luglio 2019. All’epoca, la Cassazione aveva affrontato il conflitto tra la normativa sugli stupefacenti e le leggi a sostegno della produzione e trasformazione industriale della canapa. La sentenza aveva stabilito che, per prodotti come foglie, infiorescenze, olio e resina, la legge che tutela la filiera della canapa non può essere invocata per giustificare la loro commercializzazione libera.
Questa pronuncia ha fatto chiarezza su un tema controverso, chiarendo che tali derivati non rientrano nell’ambito di protezione prevista per la coltivazione e la lavorazione industriale della canapa, se non sono destinati esclusivamente ad usi autorizzati e non si tratta di prodotti industriali finali. L’aspetto rilevante è che la concentrazione di THC, anche se bassa o nulla, non modifica la natura illecita della vendita al dettaglio di questi articoli.
L’effetto del decreto sicurezza e la responsabilità dell’amministrazione pubblica
La sentenza del Tar evidenzia che l’ordinanza dell’Unione dei Comuni non doveva nemmeno sottoporre i prodotti a esami specifici sulla concentrazione di THC prima di bloccarne la commercializzazione. Per i giudici, infatti, la mera vendita di derivati della cannabis sativa come foglie e resine, indipendentemente dal contenuto tetsatro della sostanza psicoattiva, è vietata. L’approvazione nel 2025 del cosiddetto decreto sicurezza non ha mutato questo orientamento giuridico.
Le amministrazioni pubbliche quindi hanno il potere di intervenire direttamente contro la vendita di cannabis light o prodotti simili, senza dover effettuare approfondimenti sulle loro caratteristiche chimiche. Questo principio limita di fatto lo sviluppo di attività commerciali legate a questi articoli, alimentando discussioni sul confine tra filiera produttiva della canapa e commercio di prodotti derivati non autorizzati.
Il mercato della canapa light nel contesto normativo italiano
Le considerazioni del Tar rafforzano le restrizioni su un mercato che in Italia resta sotto stretto controllo normativo, confermano la validità del quadro legislativo vigente e indicano ai commercianti il rischio legale ancora alto nel proporre al pubblico prodotti derivati dalla cannabis sativa l., anche se a basso contenuto di THC.