Tajani boccia piano Trump per Gaza: impossibile cacciare palestinesi dalle loro case

Tajani Boccia Piano Trump Per

Tajani critica il piano Trump per Gaza e la rimozione dei palestinesi. - Gaeta.it

Sara Gatti

1 Settembre 2025

Il piano Great Trust, proposto dall’ex presidente Usa Donald Trump per la ricostruzione di Gaza, continua a suscitare dibattiti a livello internazionale. Il progetto prevede una trasformazione significativa della Striscia di Gaza con investimenti importanti, ma anche possibili spostamenti della popolazione palestinese. Antonio Tajani, ministro degli esteri italiano, ha espresso una netta opposizione all’allontanamento forzato dei palestinesi, sottolineando invece l’importanza del cessate il fuoco e del dialogo previsto dal piano egiziano.

Il piano Great Trust: obiettivi e controversie economiche e sociali

Il Great Trust mira a rilanciare Gaza attraverso una ricostruzione urbanistica e infrastrutturale su larga scala. L’idea centrale è trasformare l’area in una sorta di “riviera di lusso”, con grattacieli, resort, centri commerciali e tecnologie avanzate, sotto una gestione fiduciaria americana prevista per almeno un decennio. Il progetto prevede investimenti complessivi di circa 100 miliardi di dollari, provenienti da capitali pubblici e privati. I promotori puntano a un ritorno economico quadruplicato entro dieci anni.

Lo sviluppo secondo questo modello comporta però lo spostamento di circa due milioni di abitanti palestinesi. Che si tratti di incentivi economici o di proposte di trasferimento temporaneo o definitivo, la prospettiva ha suscitato forti critiche. Sono state sollevate accuse di violazioni del diritto internazionale e di possibili pulizie etniche, poiché l’imposizione di un esodo su vaste comunità non sembra compatibile con le norme umanitarie. Gli aspetti economici si intrecciano così con questioni di diritti e dignità umana difficili da ignorare.

La posizione di Tajani e la diplomazia italiana sull’emergenza Gaza

Antonio Tajani, durante una visita all’Ospedale Gemelli di Roma, ha respinto l’ipotesi che i palestinesi possano essere costretti ad abbandonare le proprie case. Ha evidenziato la necessità di un cessate il fuoco immediato come condizione indispensabile per ogni passo successivo. Tajani ha invitato la diplomazia a considerare le richieste della popolazione palestinese invece di imporre soluzioni dall’alto.

Il ministro ha indicato il piano promosso dall’Egitto, sostenuto anche dall’Italia, come la strada più adeguata per affrontare la crisi di Gaza. Questa proposta, meno controversa, sembra puntare a un equilibrio più rispettoso delle condizioni politiche e umanitarie. La posizione italiana ribadisce il rispetto della sovranità palestinese e il rifiuto di iniziative che escludano o esproprino i residenti con la forza. L’approccio di Tajani riflette una linea europea che privilegia il dialogo e percorsi diplomatici più inclusivi.

Implicazioni geopolitiche e legali legate al piano di ricostruzione

Dietro il Great Trust ci sono figure di rilievo della politica internazionale, tra cui il segretario di Stato statunitense Marco Rubio, l’ex premier britannico Tony Blair e Jared Kushner, genero di Trump e ideatore del progetto. I finanziamenti e gli interventi coinvolgono investitori pubblici e privati su una scala senza precedenti nella regione.

Nonostante l’entità economica, le implicazioni legali restano rilevanti. Il diritto internazionale vieta il trasferimento forzato di popolazioni, anche se accompagnato da incentivi finanziari. Le denunce di possibili violazioni dei diritti umani sono amplificate dal rischio che lo spopolamento di Gaza aggravi la crisi umanitaria e politica. La gestione fiduciaria americana per dieci anni prefigura una temporanea perdita di autonomia locale, con conseguenze delicate sulla sovranità palestinese e sulla governance della regione.

Il quadro delineato dal Great Trust intreccia poteri economici, interessi politici e questioni legali complesse. Eventuali sviluppi dovranno tenere conto del diritto internazionale e delle reazioni della comunità palestinese per evitare ulteriori tensioni o escalation nel conflitto.