Un ispettore di 55 anni è stato aggredito da un detenuto nel carcere di Sulmona e ha riportato una prognosi di sette giorni. La situazione nella struttura abruzzese resta complicata, tra la carenza di personale e una tensione che cresce di giorno in giorno tra i detenuti, un problema purtroppo comune in molte prigioni italiane.
Aggressione in carcere, cosa è successo a Sulmona
L’episodio è avvenuto all’interno del carcere di Sulmona, una struttura già nota per tensioni e scontri. A colpire l’ispettore è stato un detenuto campano, che avrebbe reagito con violenza dopo il rifiuto di una sua richiesta, che in quel momento non poteva essere accolta. L’ispettore, con quasi 35 anni di esperienza nella polizia penitenziaria, è stato colpito durante la reazione.
Subito dopo l’aggressione, l’agente è stato portato al pronto soccorso, dove gli hanno dato una prognosi di sette giorni, salvo complicazioni. Episodi come questo non sono rari a Sulmona, dove la conflittualità tra detenuti e agenti è in aumento. Chi lavora lì si trova spesso a dover gestire situazioni sempre più complicate in un ambiente che diventa ogni giorno più difficile.
Colleghi e sindacati hanno subito condannato l’aggressione, vedendola come un segnale preoccupante dell’aumento dell’aggressività tra i detenuti. Mauro Nardella, delegato nazionale del Coordinamento nazionale polizia penitenziaria , ha espresso il suo disappunto: “un collega con una carriera così lunga non aveva mai vissuto un episodio del genere.”
Carenza di personale e sovraffollamento, una miscela esplosiva
Uno dei problemi più gravi è la carenza di agenti. Con pochi uomini a disposizione, diventa sempre più complicato garantire la sicurezza e prevenire atti di violenza. Questo non riguarda solo Sulmona, ma molte carceri italiane.
Ogni anno sono tanti gli agenti che finiscono in ospedale per ferite ricevute durante il lavoro. La sovrappopolazione e l’aumento dell’aggressività rendono il quadro ancora più difficile.
I sindacati da tempo denunciano questa mancanza di risorse e chiedono interventi concreti per tutelare chi lavora dietro le sbarre. La composizione dei detenuti è cambiata, con un aumento di persone coinvolte in dinamiche violente, che rendono il lavoro degli agenti più pericoloso.
Senza più personale e migliori condizioni operative, la situazione rischia di peggiorare. Lo testimoniano le tante voci raccolte e i segnali di disagio ormai evidenti. Con pochi agenti in servizio, la pressione su chi resta cresce in modo insostenibile.
Il sindacato al fianco degli agenti: la voce del Coordinamento polizia penitenziaria
Il Coordinamento nazionale polizia penitenziaria non ha tardato a prendere posizione. Mauro Nardella, delegato nazionale con quasi 35 anni di esperienza, ha sottolineato che l’aggressività in carcere è un campanello d’allarme per tutto il sistema.
Secondo Nardella, l’episodio subito dall’ispettore è solo la punta dell’iceberg di un disagio diffuso. Spesso gli agenti si trovano a gestire situazioni delicate senza le garanzie di sicurezza e il supporto necessari. Il sindacato chiede investimenti urgenti e un aumento del personale, perché senza questi interventi la tenuta delle carceri è a rischio.
Anche i colleghi presenti al momento dell’aggressione hanno mostrato solidarietà e prontezza: il Commissario Francesco Arena e Francesca Aprile hanno prestato subito assistenza all’ispettore, dimostrando vicinanza sia professionale che umana.
Il sindacato resta una voce fondamentale nelle trattative per migliorare la sicurezza e la tutela degli agenti nelle carceri italiane. Le parole di Nardella e degli altri operatori mettono in luce il disagio di chi lavora in strutture dove spesso mancano le risorse essenziali.
Sulmona resta un esempio di questa crisi evidente, dove episodi come quello dell’ispettore ferito richiamano l’attenzione su scelte più attente a garantire sicurezza e legalità.