Il dibattito sui centri di permanenza per i rimpatri torna al centro dell’attenzione dopo la visita della deputata e responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, al centro di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia. L’ispezione conferma molti problemi legati a queste strutture e rilancia l’idea chiave della chiusura, puntando il dito contro l’inefficacia dei Cpr nell’evitare che le persone trattenute finiscano per tornare in Italia in modo irregolare. La questione coinvolge diverse realtà italiane e anche un confronto internazionale, come attestano le condizioni a Gjader, in Albania.
Come stanno i cpr a gradisca d’isonzo
Il Cpr di Gradisca d’Isonzo ospita attualmente circa 75 persone, per lo più provenienti da altre regioni italiane. La suddivisione interna avviene in aree segnate da colori diversi, una scelta adottata per separare le diverse categorie di ospiti. Nonostante la gestione da parte dell’ente responsabile e il lavoro delle forze dell’ordine siano stati valutati positivamente, la struttura fisica presenta gravi problemi. Molte stanze risultano chiuse perché dichiarate inagibili, soprattutto nelle zone più delicate del centro. Non risultano interventi di manutenzione o ristrutturazione in corso, e non è chiaro se siano programmati lavori in altre parti della struttura.
Queste criticità rendono la permanenza difficile non soltanto per chi viene trattenuto, ma anche per il personale che lavora nel centro. La parlamentare ha sottolineato l’urgenza di un intervento, ma ha anche osservato come “una ristrutturazione di queste dimensioni sarebbe molto costosa e, in fondo, poco pratica, viste le dimensioni e l’effettiva capacità ricettiva del centro.”
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Il fallimento della deterrenza nei cpr
Secondo quanto evidenziato da Serracchiani, i Cpr non svolgono la funzione che generalmente gli viene attribuita, ovvero quella di deterrenza verso la presenza irregolare sul territorio. Nel caso di Gradisca, gli ospiti si trovano qui per ragioni diverse: alcuni vengono prelevati subito dopo il carcere, trattenuti fino a 90 giorni e poi rimessi in libertà con un foglio di espulsione. In molti casi, questi soggetti riprendono il ciclo di ingresso irregolare. Altri ancora sono persone trovate senza documenti sparsi nel paese, spesso provenienti da contesti familiari italiani.
La deputata ha menzionato anche il caso di un ragazzo nato e cresciuto in Italia, che si è trovato trattenuto nel Cpr per giorni solo perché “non ha voluto rinnovare il permesso di soggiorno.” Questi episodi dimostrano l’inefficacia della detenzione nei centri di permanenza come misura per evitare che chi è senza documenti continui a muoversi liberamente o rimanga nel paese senza regolare permesso.
Problemi legali e umanitari nelle condizioni di vita nei cpr
La natura stessa delle strutture, secondo Serracchiani, si scontra con i diritti delle persone trattenute. Il centro non si presta a una gestione conforme alle condizioni di vita minime, né per i detenuti né per chi vi lavora dentro. Parlando di delinquenti, l’iter giudiziario passa dal carcere, e non dovrebbe essere confuso con questa forma di detenzione amministrativa che si svolge nei Cpr.
Le condizioni di vita, spesso degradate, e la mancanza di tutele adeguate mettono in discussione la legalità e l’umanità di queste strutture. La deputata ha espresso una forte critica proprio rispetto a questa situazione, richiamando la necessità di “rivedere completamente queste realtà, considerate illegali sotto molti aspetti.”
Un quadro internazionale: albania e i costi delle strutture
Oltre a Gradisca, Serracchiani aveva visitato in precedenza il centro di permanenza per i rimpatri di Gjader, in Albania. Qui la situazione è altrettanto delicata ma diversa per numeri e investimenti. In Albania, infatti, si è speso quasi un miliardo per una struttura che ospita appena una quarantina di persone. Questo confronto accentua, ancora di più, il senso di insoddisfazione rispetto all’efficacia e alla gestione dei centri.
I costi per ristrutturare o mantenere centri come quello di Gradisca risultano molto alti, a fronte di un utilizzo e una capacità di trattenuta relativamente bassa. Lo squilibrio tra spesa e funzione di queste strutture sembra alimentare il dibattito sulla loro riorganizzazione o chiusura.
Confronto con l’amministrazione locale dopo il sopralluogo
Dopo il sopralluogo al Cpr, Serracchiani ha incontrato il sindaco di Gradisca, Alessandro Pagotto. Nel colloquio si sono discusse le problematiche del centro e la sostenibilità della sua prosecuzione. La città vive a stretto contatto con la struttura e la popolazione che ci risiede temporaneamente, con ripercussioni sul tessuto sociale locale.
Il confronto ha offerto l’occasione per evidenziare difficoltà pratiche, mancanza di risposte definitive su interventi di manutenzione e un generale senso di stallo nella gestione del Centro. Il dialogo con le autorità locali si presenta come un passaggio necessario per trovare soluzioni condivise e rispondere alle esigenze del territorio.