Nel corso della presentazione dei palinsesti Rai del 27 giugno 2025, Selvaggia Lucarelli ha affrontato temi cruciali legati alla responsabilità del giornalismo contemporaneo. La giornalista e opinionista ha offerto una riflessione serrata sulla diffusione delle fake news, la gestione dei casi di cronaca e il modo in cui la televisione tratta argomenti delicati, come il caso di cronaca nera di Garlasco. Questa intervista si concentra su come dovrebbe svolgersi il lavoro dei professionisti della comunicazione e sull’importanza di un’informazione corretta e consapevole.
La vigilanza nel lavoro giornalistico: un ruolo da sentinella anche verso i colleghi
Selvaggia Lucarelli mette in evidenza che il lavoro giornalistico oggi si trova davanti a una sfida fondamentale: la vigilanza. In un mondo dove le fake news si diffondono rapidamente, profittando anche della credulità del pubblico, i giornalisti non devono limitarsi a riportare informazioni ma devono impegnarsi a controllare e a segnalare notizie false, anche quando queste arrivano da colleghi o all’interno degli ambienti media.
Secondo Lucarelli, troppe volte si assiste a un atteggiamento di complicità o di indifferenza tra operatori dell’informazione, con un “cane non morde cane” che alimenta la confusione. La giornalista, che è anche giudice nel programma Ballando con le stelle, ricorda che esser sentinelle significa impedire la diffusione di bufale, soprattutto quando chi dovrebbe controllare diventa parte del problema.
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Questo spinge a riflettere sul valore etico del mestiere giornalistico, che va oltre la semplice diffusione di notizie e si trasforma in una responsabilità verso il pubblico e il sistema informativo. La comunicazione deve puntare alla trasparenza e alla chiarezza e non alla spettacolarizzazione che rischia di svuotare i fatti del loro reale significato.
Cronaca nera e tv: il caso garlasco tra share e distorsioni narrative
Lucarelli si sofferma in particolare sul modo in cui la tv tratta i casi di cronaca, citando il caso di Garlasco, nota vicenda giudiziaria che da anni cattura l’attenzione mediatica. Secondo lei, diversi programmi televisivi seguono una strategia che punta più ad attirare ascolti che a raccontare la verità.
Spesso si alimentano ipotesi senza basi concrete, passando da piste alternative a teorie complottiste e narrative suggestive. La giornalista sottolinea come questi continui cambi di focus creino solo “fumo negli occhi” agli spettatori, rischiando di confondere e diluire la reale comprensione degli eventi.
Questo meccanismo serve ad allungare la durata della copertura mediatica, trasformando la cronaca in una serie televisiva senza fine. Invece di chiudere in tempi ragionevoli i casi giudiziari, la televisione conserva l’attenzione con ipotesi deboli e poco fondate, solo per mantenere alto lo share, a discapito dell’informazione corretta.
L’importanza di un racconto del reale che rispetti i fatti e il pubblico
Intervistata su come debba essere oggi il lavoro di chi fa comunicazione, Lucarelli non propone soluzioni semplici ma insiste su una pratica necessaria: filtrare e custodire la verità dei fatti. Sottolinea che ogni nuovo dettaglio deve essere verificato con rigore e che il giornalismo non deve trasformarsi in uno spettacolo dove conta soprattutto la spettacolarizzazione.
L’attenzione alle fonti e la critica interna tra colleghi rappresentano due strumenti imprescindibili per proteggere il pubblico dalla disinformazione. Per fare questo occorre anche un salto di qualità culturale nel modo in cui la società percepisce la cronaca nera, che non dovrebbe mai essere banalizzata o trattata con superficialità.
Spetta anche a chi racconta la cronaca, che lavora in televisione o in altri media, resistere alla tentazione di sfruttare i casi giudiziari per fare audience, mantenendo invece un contatto autentico con la realtà dei fatti. Le parole di Lucarelli rimangono un monito a evitare derive pericolose in un’epoca dove “notizia” e “intrattenimento” rischiano di confondersi sempre più spesso.