Il “Rapporto di Primavera 2025” dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, elaborato con Oxford Economics, traccia uno scenario economico chiaro per l’Italia. Se il paese puntasse con decisione sulla transizione ecologica e digitale, il pil registrerebbe un aumento significativo nei prossimi decenni. Le conseguenze riguarderebbero non solo l’economia generale, ma anche la salute del mercato del lavoro, il debito pubblico e la competitività delle imprese italiane. A confrontare i vari scenari, emerge però il rischio di danni gravi in caso di inerzia politica e sociale.
Impatti economici della transizione verde e digitale sul pil italiano
Secondo il rapporto, nel 2035 il pil italiano potrebbe essere superiore dell’1,1% rispetto a uno scenario in cui le politiche di svolta restano allo stato attuale. Con uno sguardo verso il 2050 la crescita sarebbe ancora più marcata, toccando l’8,4%. Questo sviluppo sarebbe spinto da tre fattori principali: il rallentamento del riscaldamento globale, l’innovazione legata all’efficienza energetica e la conseguente riduzione dei costi legati ai danni ambientali. La spesa pubblica in investimenti crescerebbe ma sarebbe compensata da maggiori entrate fiscali, grazie a un’economia più attiva e sostenibile.
Effetti sul debito pubblico e sul mercato del lavoro
Ciò comporterebbe anche un miglioramento del rapporto debito pubblico/pil, un indice vitale per la stabilità finanziaria del paese. Rispetto a uno scenario di base, la riduzione del debito in rapporto al pil segnalerebbe una minore pressione sui conti pubblici, permettendo al governo di gestire meglio le risorse. Nel 2035, il tasso di disoccupazione sarebbe più basso dello 0,7%, il che indica un mercato del lavoro più dinamico e inclusivo.
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Rinnovamento e crescita del settore industriale
Le aziende italiane, in particolare quelle manifatturiere, registrerebbero un vantaggio importante. Il valore aggiunto dell’industria salirebbe dell’1,7% già nel 2035 e raggiungerebbe il 14,9% nel 2050, superando, stando alle previsioni, la crescita di paesi come la Germania nello stesso periodo. Questa spinta deriva dall’adozione di processi più sostenibili e dall’uso efficiente delle risorse, che migliorano la produttività senza aumentare i costi.
Le aziende che puntano sulla sostenibilità migliorano anche la loro solidità finanziaria. Già oggi il 34,5% delle piccole e medie imprese e il 73,8% delle grandi imprese italiane sono coinvolte in pratiche ambientali. Le imprese manifatturiere sostenibili ottengono livelli di produttività tra il 5 e l’8% superiori rispetto alle altre, con un impatto positivo anche sul bilancio aziendale.
Sostenibilità e modello di economia circolare nelle imprese italiane
Quasi metà delle imprese italiane ha adottato almeno una forma di economia circolare, passando cioè da modelli di produzione tradizionali a quelli che limitano gli sprechi e valorizzano i materiali riciclati. Questi cambiamenti portano risultati concreti: miglioramento delle performance finanziarie, aumento degli investimenti e riduzione del livello di indebitamento.
Il rapporto sottolinea come per il 92% delle imprese familiari e l’89% di quelle non familiari la sostenibilità sia un fattore che migliora la reputazione e la fiducia nel brand. Per quasi tutti, questo rappresenta un obiettivo prioritario nei prossimi tre anni, data la crescente attenzione di clienti e mercati verso prodotti e servizi responsabili.
Rischi globali e sfide politiche per l’italia
Non tutto è roseo nel quadro delineato. Il rapporto evidenzia problemi a livello internazionale che influenzano anche il nostro paese. La crisi del multilateralismo, la disinformazione crescente e il ritorno di posizioni nazionaliste frenano gli sforzi comuni su temi chiave come il cambiamento climatico e le disuguaglianze sociali.
Criticità nelle politiche italiane 2024
In Italia, l’analisi delle politiche pubbliche del 2024 mostra ritardi nel pieno utilizzo del Pnrr e nella definizione di una strategia chiara all’interno della legge di bilancio. Se non si sceglie di agire subito, si rischiano scenari economici pesanti. Lo studio descrive uno scenario “transizione tardiva” dove il pil nel 2035 sarebbe inferiore del 2,4% a quello previsto, mentre in uno scenario “catastrofe climatica” il pil nel 2050 potrebbe crollare del 23,8%, con possibilità di peggioramenti ulteriori nel tempo.
Le scelte compiute tra pochi anni avranno implicazioni forti. Agire ora sulla transizione verde e digitale allontanerebbe questo destino e riscriverebbe la traiettoria economica e sociale dell’Italia nel lungo periodo, proteggendo e rilanciando il tessuto produttivo e la qualità della vita per le prossime generazioni.