Un recente studio ha portato all’identificazione di un gruppo di nove nane brune, tra cui due oggetti di dimensioni inedite per questo tipo di corpi celesti. Queste “stelle fallite“, come vengono spesso chiamate, si posizionano in una fascia di massa tra i pianeti giganti e le stelle di piccola taglia, e contribuiscono a ridefinire confini finora incerti nell’astronomia. La scoperta è stata guidata dal ricercatore Kevin Luhman dell’Università statale della Pennsylvania, che ha sottolineato l’importanza di stabilire nuovi limiti minimi per la massa delle nane brune.
Le caratteristiche delle nane brune e perché sono chiamate “stelle fallite”
Le nane brune sono corpi celesti nati dall’aggregazione di gas e polvere nello spazio, analogamente alle stelle. Tuttavia, a differenza di queste ultime, non raggiungono mai una massa sufficiente per innescare la fusione nucleare dell’idrogeno in elio nel loro nucleo, un processo che definisce una stella attiva. Per questo motivo sono soprannominate “stelle fallite”. Nonostante questo, svolgono comunque alcune reazioni nucleari al loro interno, sebbene meno potenti e meno durature. Queste caratteristiche le collocano in una posizione intermedia tra i pianeti giganti e le stelle di bassa massa. Rappresentano quindi un anello di congiunzione importante per comprendere i processi di formazione degli oggetti substellari.
L’importanza del limite di massa e la novità dei due esemplari più piccoli
Fino a oggi, la comunità scientifica identificava la massa delle nane brune tra 13 e 60 volte quella di Giove, ovvero tra lo 0,013 e lo 0,08 della massa solare. La scoperta dei due esemplari in questione ha fatto emergere oggetti con masse intorno al doppio di Giove, approssimativamente 0,002 volte la massa del Sole. Questo dato amplia significativamente la scala riconosciuta di masse per le nane brune. Kevin Luhman ha evidenziato come sia sorprendente che un processo di formazione stellare possa generare corpi così poco massicci, inferiori a quanto si pensasse possibile, e 500 volte più leggeri del Sole. Tale scoperta potrebbe avere ripercussioni importanti sulla definizione tra pianeti giganti e nane brune e stimolare nuove ricerche sulla formazione di corpi substellari.
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Presenza di molecole idrocarburiche insolite e il mistero chimico in ic 348
Oltre alla scoperta delle nuove nane brune, il team ha trovato un segnale chimico inaspettato: tracce di un idrocarburo sconosciuto, formato solo da atomi di carbonio e idrogeno, nell’ammasso stellare IC 348. Questa rilevazione rappresenta un enigma per gli scienziati, che non sono ancora riusciti a identificarne con certezza la natura e l’origine. In precedenza, composti di questo tipo erano stati osservati soltanto nelle atmosfere di Saturno e della sua luna più grande, Titano. La presenza di queste molecole su stelle fallite stimola nuove domande sulle condizioni chimiche e fisiche che si verificano in questi oggetti e nei loro ambienti circostanti.
Osservazione e implicazioni future
La continua osservazione delle nane brune e delle loro caratteristiche fisiche e chimiche resta una frontiera aperta in astronomia, con potenziali implicazioni per la comprensione della formazione stellare e planetaria. I nuovi dati raccolti suggeriscono che la natura di questi corpi è più complessa e sfaccettata di quanto si immaginasse, spingendo la comunità scientifica a riconsiderare alcuni parametri fondamentali.