Un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ha portato alla luce un’organizzazione che gestiva in modo illecito le richieste di regolarizzazione per immigrati extracomunitari attraverso i cosiddetti click day. Tra gli arrestati c’è anche un poliziotto in servizio nel capoluogo campano, che avrebbe aiutato il sistema mettendo a disposizione le sue competenze informatiche pur non essendo un tecnico. L’inchiesta ha svelato un giro di pratiche false, assunzioni fittizie e documenti contraffatti, con centinaia di persone coinvolte a vario titolo. L’operazione ha portato a numerosi arresti, sequestri importanti e accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e altre gravi violazioni.
Ruolo e attività dell’agente della polizia di stato
Mario Nippoli, agente appartenente al commissariato di Poggioreale a Napoli, è stato identificato come uno dei membri della rete smascherata. Secondo gli inquirenti, avrebbe collaborato all’invio di molteplici domande di nulla osta durante le giornate dei click day, consentendo così all’organizzazione di accedere alle procedure con richieste false o gonfiate. Il questore di Napoli, Maurizio Agricola, ha dichiarato che “Nippoli non era un vero esperto informatico ma conosceva abbastanza il sistema da poter facilitare le operazioni illecite.” L’inchiesta ha creato profonda tensione all’interno della Polizia di Stato, che ha reagito tempestivamente adottando misure per isolare e rimuovere l’anomalia dall’ente.
Struttura organizzativa e il ruolo degli avvocati coinvolti
Secondo l’accusa, a dirigere l’organizzazione erano tre avvocati di San Giuseppe Vesuviano: Vincenzo Sangiovanni, Gaetano Cola e Aniello Annunziata. Tutti legati a Centri di Assistenza Fiscale attivi nel territorio vesuviano, avrebbero orchestrato un sistema che prevede l’invio di richieste fittizie e assunzioni false per far ottenere titoli di soggiorno. Il gruppo chiedeva pagamenti fino a 10mila euro per ogni pratica di ingresso, prevalentemente da cittadini originari del Bangladesh, comunità molto presente nei comuni di San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano. Le persone coinvolte facevano affidamento su queste pratiche irregolari per raggiungere l’Italia e regolarizzare la propria posizione attraverso vie illegali.
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Accuse e misure cautelari applicate
L’indagine nasce da denunce di cittadini bengalesi e dalle rivelazioni di un imprenditore agricolo, da cui è emerso un quadro di accuse molto grave. Tra i reati contestati spiccano l’associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravata, estorsione aggravata dal metodo mafioso, falso ideologico e truffa. Complessivamente sono stati iscritti nel registro degli indagati 46 soggetti, di cui 11 sono finiti in carcere e 23 sottoposti agli arresti domiciliari, inclusi mediatori e collaboratori. Undici datori di lavoro sono obbligati a firma per aver messo a disposizione le proprie aziende per assunzioni fasulle, in alcuni casi senza saperlo. Sono stati sequestrati beni e polizze assicurative per un valore superiore a 2 milioni di euro.
Testimonianze delle vittime e descrizione del modus operandi
Le denunce dei cittadini bengalesi hanno fornito un dettaglio importante sulla dinamica del raggiro. Uno dei testimoni, un sarto che vive in Italia da 23 anni, ha raccontato di aver versato quasi 20mila euro divisi in due pagamenti dopo aver ottenuto documenti falsi di nulla osta per il ricongiungimento familiare. La frode è saltata fuori quando la rappresentanza diplomatica italiana a Dhaka ha respinto le richieste di visto. Un altro testimone ha dichiarato di aver consegnato oltre 31mila euro seguendo un percorso simile. I sospetti su alcuni indagati si sono rafforzati davanti al tenore di vita non compatibile con quanto dichiarato ufficialmente: per esempio, uno degli avvocati coinvolti si è recentemente comprato una Ferrari costosa.
Diffusione dell’inchiesta e soggetti indagati
L’operazione ha coinvolto 46 persone originarie principalmente di Napoli, San Giuseppe Vesuviano, Ottaviano e altri centri limitrofi. Tra loro figurano cittadini di origine bengalese e italiani, professionisti, mediatori e imprenditori. Il gruppo agiva principalmente nelle aree con maggiore presenza di comunità bengalesi nel napoletano. Tra i nomi spicca la presenza dell’agente di polizia Mario Nippoli e gli avvocati Sangiovanni, Cola e Annunziata. L’inchiesta prosegue anche per ricostruire la rete esterna che avrebbe favorito il sistema illecito, con concentrazione su pratiche documentali e presunti legami esterni.
L’azione della DDA di Napoli e della polizia ha prodotto un intervento significativo nel contrasto a questi fenomeni, con svariate implicazioni sia a livello giudiziario che sul piano della trasparenza amministrativa nel territorio campano.