Scontro acceso tra militari e ministri di destra israeliani sulla gestione dell’operazione a Gaza City e i tempi di evacuazione

Tensioni nel governo israeliano tra militari e ministri di estrema destra sulle strategie a Gaza, con pressioni americane per un’azione rapida e dure posizioni contro tregue o evacuazioni veloci
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Tensione tra militari e ministri di destra sulla gestione a Gaza City. - Gaeta.it

Le tensioni dentro il governo israeliano emergono con forza durante un incontro tra il capo di stato maggiore dell’esercito, Eyal Zamir, e i ministri di estrema destra Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, in cui si discute delle modalità e dei tempi per l’evacuazione della popolazione civile a Gaza City. La questione sul campo sembra ben lontana dalla risoluzione rapida auspicata dagli esponenti politici, mentre la pressione esterna, soprattutto quella degli Stati Uniti, spinge per un’azione militare decisa e veloce.

Il duro scontro verbale tra Zamir e i ministri di estrema destra sulle strategie a Gaza

Nel confronto teso che si è svolto recentemente, il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha espresso dubbi sui tempi necessari per evacuare i civili da Gaza City. Il generale ha sottolineato come questa operazione non possa essere veloce, proprio perché comporta sfide operative di rilievo. Ha inoltre spiegato che le truppe israeliane non agiscono solo a Gaza City, ma anche in altre zone come Khan Younis e Rafah, complicando ulteriormente la situazione sul terreno.

Di fronte a queste considerazioni, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, noto esponente politico di estrema destra, ha manifestato un approccio molto più duro. Smotrich ha invitato le forze militari a mantenere l’assedio e a non lasciare fuggire chi non si evacua. Ha suggerito di privare di acqua ed elettricità la popolazione rimasta, con l’obiettivo che possa morire di fame o cedere infine all’arrendersi. Queste parole, riportate da Channel 12 e riprese dal Times of Israel, riflettono la linea rigida di Smotrich che rifiuta ogni accenno di tregua e spinge per un risultato militare totale.

Il capo di stato maggiore, dal canto suo, ha cercato di spiegare a Smotrich le ragioni militari e tattiche di una guerra complessa come quella in corso. Secondo Zamir, i ministri non comprendono appieno la struttura e il funzionamento delle unità militari coinvolte. “Non capisci niente, non sai cosa sia una brigata o un battaglione. Ci vuole tempo”, avrebbe replicato Zamir in modo netto, smontando l’idea di una soluzione rapida ventilata dai politici.

Le pressioni di netanyahu e del sostegno statunitense per una rapida vittoria contro Hamas

Durante lo stesso incontro, è emerso anche un elemento centrale della dinamica decisionale israeliana: la pressione politica che arriva dagli Stati Uniti. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, insieme al suo principale consigliere Ron Dermer, ha ribadito il pieno supporto offerto dal presidente americano Donald Trump all’operazione militare condotta a Gaza. Stando alla cronaca dei fatti, Trump spingerebbe per una guerra breve e risolutiva, senza lasciare che il conflitto si protragga a lungo.

Questa condizione esterna si riflette nelle decisioni israeliane e alimenta il confronto interno. Netanyahu appare orientato a portare avanti l’offensiva a ritmo serrato. Il sostegno americano, infatti, non solo legittima le azioni sul campo, ma fissa anche un preciso orizzonte temporale per chiudere l’operazione contro Hamas.

Il quadro descritto spiega le tensioni tra la necessità di tempi più lunghi suggerita dallo Stato Maggiore e la volontà politica di un’azione rapida dettata dalle esigenze diplomatiche e strategiche internazionali.

La posizione di bezalel Smotrich e le minacce di dimissioni in caso di tregua

Il ministro Bezalel Smotrich ha espresso senza mezzi termini la sua linea intransigente la quale esclude qualsiasi tipo di tregua con Hamas che non arrivi a una vittoria completa. L’esponente di estrema destra, responsabile del dicastero delle Finanze, ha più volte minacciato di lasciare il governo se Netanyahu dovesse accettare un accordo che non cancelli completamente la presenza di Hamas a Gaza.

Smotrich propone di adottare misure drastiche per chi non abbandona la città sotto assedio. La sua strategia punta su un isolamento totale della zona: tagliare i rifornimenti e stringere l’assedio, spingendo i civili rimasti a cedere o soccombere. Queste dichiarazioni esprimono la volontà di non lasciare margini di manovra ai militanti di Hamas e di non perdere tempo in negoziati.

Le parole di Smotrich sottolineano il forte contrasto tra la politica e l’esercito, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei civili e dei tempi. Le sue posizioni determinano un clima di tensione anche all’interno della maggioranza di governo, mettendo in luce una spaccatura netta su come condurre la guerra e quali priorità dare.

Le operazioni complesse dell’idf nelle diverse aree di gaza e le difficoltà sul campo

L’IDF porta avanti operazioni non solo a Gaza City, ma spostandosi anche su fronti come Khan Younis e Rafah, zone chiave nella gestione del conflitto. Il capo di stato maggiore Zamir insiste sul fatto che la molteplicità di fronti e la presenza di civili rendono gli interventi più complicati del previsto.

La guerra contro Hamas non è riducibile a un semplice assedio o a una rapida occupazione. Le truppe devono monitorare, bloccare e talvolta combattere in ambienti urbani densamente popolati, con rischi elevati per la popolazione e i militari stessi. Proprio per questo, Zamir richiama attenzione sui tempi necessari per evacuare i civili senza provocare danni gravissimi o caos.

Gli scontri e la gestione delle operazioni militari mostrano chiaramente la differenza tra la guerra teorica immaginata dai politici più duri e la realtà sul terreno fatta di difficoltà logistiche, umanitarie e tattiche. L’emergere del quadro operativo reale spiega la prudenza del comando militare nel promettere risultati immediati o facili.


Questa battaglia interna tra politica e militari, unita alla pressione diplomatica esterna, fotografano un momento delicato per Israele, chiamato a decidere come condurre la guerra a Gaza City nel breve tempo concesso, davanti a un nemico radicato e a una popolazione civile intrappolata in mezzo.