Il processo a Roma vede Matteo Salvini e lo scrittore Roberto Saviano contrapposti in una causa per diffamazione. Salvini ha querelato Saviano per alcuni post del 2018, nei quali lo scrittore definiva il ministro con espressioni molto pesanti. In aula, Salvini ha spiegato le ragioni che lo hanno spinto ad avviare la querela, le sue reazioni ai contenuti e le questioni legate alla sua protezione personale.
Salvini spiega le ragioni della querela contro saviano
Matteo Salvini si è presentato davanti al giudice monocratico di Roma per chiarire il motivo della querela contro Roberto Saviano. Lo scrittore, noto per il suo impegno contro le mafie, pubblicò nel 2018 post sui social che definivano Salvini “ministro della mala vita” e “amico della ‘ndrangheta”. Salvini ha definito questi termini come “offensivi”, sia come ministro che come cittadino e segretario di partito.
Ha sottolineato di essere abituato a ricevere critiche politiche ma ha considerato quelle espressioni fuori da ogni limite. Non ha accettato la presunta accusa di contiguità con la ’ndrangheta, una realtà che ha ripetutamente condannato e di cui ha paura, ha detto. Durante l’udienza, Salvini ha confermato la volontà di procedere legalmente perché quei messaggi, diffusi a un pubblico vasto – Saviano conta milioni di follower – non rispondevano a verità e risultavano ingiusti.
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La difesa di salvini sulla lotta alla mafia e i post incriminati
Matteo Salvini ha ricordato che al momento della pubblicazione dei post lui era appena diventato ministro dell’Interno. Ha spiegato di essersi soffermato a rileggere quei contenuti dopo alcuni anni e di aver trovato le parole di Saviano particolarmente gravi. Ha precisato che i post hanno avuto ampia diffusione, facendo riferimento direttamente all’impegno che ha profuso nella lotta alle organizzazioni mafiose.
Ha sottolineato come la sua azione al ministero sia stata sempre orientata contro la criminalità organizzata e ha ribadito la propria distanza da ogni accusa di connivenza o amicizia con la ’ndrangheta. La querela nasce dunque dalla percezione di un’offesa ingiusta a un servizio pubblico svolto con rigore, nel quadro di una responsabilità istituzionale.
Il nodo delle scorte: salvini e saviano sotto protezione
Il dibattito in aula ha toccato anche il tema delle scorte. Salvini ha spiegato che, come Saviano, vive sotto scorta da molti anni. Ha specificato di non considerare la protezione personale un privilegio, ma una misura necessaria per garantire la sicurezza, visto il contesto di minacce e pericoli legati al loro impegno pubblico.
Ha inoltre precisato che durante il suo mandato non ha adottato alcun comportamento che potesse risultare lesivo nei confronti di Saviano. Entrambi, ha ricordato, operano in un contesto delicato che li ha posti sotto tutela delle forze dell’ordine. La questione della sicurezza personale, in relazione alla querela, è stata affrontata senza accenti polemici, con un riconoscimento implicito delle difficoltà di entrambi nell’ambito della tutela.
Il processo e la diffusione delle accuse sui social
La querela nasce da un contesto di forte tensione politica e sociale. I post di Saviano, pubblicati sulle piattaforme digitali, hanno raggiunto un vasto pubblico, moltiplicando l’effetto delle accuse verso Salvini. La capacità di diffusione sui social rende ogni parola un elemento di grande impatto, soprattutto se riferita a figure di alto profilo.
Il procedimento in corso serve a stabilire la veridicità e la legittimità delle affermazioni pubbliche. Salvini ha scelto la via legale per tutelare il proprio nome e la propria immagine pubblica, contro definizioni che considera non solo inattendibili ma anche offensive. La discussione in aula, quindi, non riguarda solo le accuse originarie ma anche il peso delle parole usate nella comunicazione politica e pubblica.
La vicenda conferma come i social siano diventati spazi di confronto aperto, ma anche terreno per controversie legali e di reputazione. Il plesso giudiziario di Roma è chiamato a valutare se i commenti di Saviano abbiano superato il limite tra critica e diffamazione, finora ampliamento il dibattito sui confini del libero pensiero e dell’offesa nel dialogo pubblico.