Il recente monologo di Rula Jebreal a Le Iene Show ha acceso un faro sulla drammatica situazione a Gaza, definita dalla giornalista come “la più grande scena del crimine del secolo“. Nei pochi minuti a disposizione, Jebreal ha espresso dai microfoni del programma una forte denuncia sulla crisi umanitaria che sta causando la morte di migliaia di civili, con un particolare rilievo sulle sofferenze dei bambini e delle donne. Il suo intervento invita a riflettere non solo sulle vicende di Gaza ma sul peso delle nostre azioni o inazioni verso quel che accade.
Il monologo di rula jebreal e la storia raccontata
La giornalista ha iniziato il suo discorso con una frase che lega il passato dell’Olocausto al presente della Palestina. La risposta alle domande sulla violenza estrema e inumana, ha sottolineato, è riconoscibile tra le rovine di una terra martoriata. Jebreal ha dichiarato che a Gaza ogni giorno perdono la vita migliaia di persone, inclusi bambini, uomini e donne, in un conflitto dove la sofferenza umana è totale. Ha ricordato che oltre 50mila bambini sono stati uccisi o feriti, e la mancanza di medicine e materiali medici essenziali aggrava la condizione di chi sopravvive.
Una tragedia aggravata dalla mancanza di aiuti
L’accesso agli aiuti non solo è limitato, ma spesso diventa una trappola mortale. La fame è usata come una strategia per annientare, mentre gli ospedali si trovano sprovvisti dei medicinali più basilari, come anestetici e antidolorifici. Jebreal ha raccontato di casi specifici, come quello di due gemellini e la madre uccisi poco dopo la nascita, un’immagine che rimane impressa come simbolo della tragedia.
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Le condizioni disperate di donne e bambini durante il conflitto a gaza
Nel suo intervento, la giornalista ha dato rilievo alle condizioni estreme in cui si trovano le donne incinte, costrette a partorire sotto le bombe, circondate dalle macerie e dai cadaveri, spesso divorati da cani randagi. Ha dichiarato che migliaia di donne, circa 25mila, hanno perso la vita, molte di loro in stato di gravidanza, con una perdita che si estende ai feti. Gli ospedali, travolti dall’emergenza, non riescono neppure a registrare con precisione il numero di morti a causa della frammentazione dei corpi.
Un racconto crudo per restituire la realtà
Lì, ha spiegato Jebreal, si misura la tragedia “a peso” visto che 70kg di carne umana corrispondono a un corpo, sottolineando l’assurdità e l’orrore di una conta che si slega dalla dimensione umana. Questa descrizione cruda vuole restituire la realtà di un conflitto dove la dignità delle vittime viene cancellata.
Il richiamo alla comunità internazionale e la responsabilità morale
Il monologo ha proseguito con un appello forte verso la comunità internazionale. Gaza viene definita come il luogo in cui si consumano crimini che mettono a dura prova anche il diritto internazionale. Jebreal ha spiegato che non si possono più aspettare decenni a costruire musei o commemorazioni, mentre ora si continua a far morire civili innocenti. Per lei servono azioni concrete: sanzioni, blocco delle armi e un processo internazionale paragonabile a quello di Norimberga.
Una sfida al senso morale globale
La giornalista sollecita una presa di coscienza che riguardi tutte le nazioni e le società civili, evidenziando che la lotta non è soltanto quella per un territorio o per un popolo ma per la difesa dell’umanità. La sua è una richiesta a impedire che questa tragedia venga archiviata senza responsabilità, una sfida al senso morale globale.
Il messaggio finale di rula jebreal: una domanda per il futuro dell’umanità
Nel passaggio conclusivo, Jebreal offre uno spunto di riflessione che trascende la cronaca attuale. Chiede quale sarà la risposta delle nuove generazioni di fronte alla memoria del genocidio di Gaza. Il suo appello è che quel futuro non venga segnato dal silenzio o dalla rassegnazione ma da un impegno condiviso per impedire il ripetersi di simili eventi.
Gaza diventa così uno specchio, un racconto che riguarda anche noi e che anticipa scenari possibili se non si fermano le violenze in corso. Per la giornalista in gioco c’è molto di più del destino di un popolo: è in gioco la tenuta morale del mondo e il modo in cui l’umanità affronterà le proprie responsabilità.