Roberto Saviano è tornato a parlare a le iene show con un monologo intenso, dove riflette sulle scelte che hanno segnato la sua vita, sull’amore e sulla libertà che si perde nel confronto con minacce e pericoli. Il giornalista e scrittore si apre su una quotidianità segnata da anni di protezione dovuta ai rischi corsi per il suo impegno contro la criminalità organizzata.
La testimonianza diretta di Roberto saviano sui rischi di una vita sotto scorta
Durante l’ultima puntata di le iene show, Roberto Saviano ha condiviso un monologo in cui ha affrontato il peso di una vita vissuta sotto protezione da oltre vent’anni. Ha raccontato come il processo contro il boss che lo ha minacciato dura da sedici anni, una battaglia legale lunga e faticosa. Saviano ha spiegato che spesso ha pensato se valesse la pena rinunciare alla libertà, per mettere a nudo la realtà del crimine organizzato con i suoi libri e articoli.
Ha ammesso che, sebbene gli altri vedano nel suo lavoro un servizio di verità che ha mostrato al mondo una società segnata dalla violenza e dalla corruzione, lui a volte si sente sconfitto. Il monologo si fa duro quando parla dell’isolamento e della condizione di bersaglio: non solo minacciato dalla mafia ma anche osteggiato da certe pieghe della politica e della società. Il senso di rinuncia alla libertà personale si fa evidente, soprattutto perché continua a essere considerato colpevole di non essere morto.
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Piccoli gesti e valore della libertà
Il racconto si sofferma poi su quei piccoli gesti quotidiani che chi vive fuori da simili situazioni dà per scontati: camminare mano nella mano, vivere un amore senza paura, partecipare a una festa senza timori. Saviano ha ricordato come perdere queste cose rende il loro valore enorme. L’emozione si taglia a fette nel modo in cui descrive questa “cattività”, un’esistenza limitata e sospesa che non sempre si può spiegare a chi non la vive.
Amore, coraggio e violenza: la storia di Rossella casini e Francesco frisina
Il monologo prosegue raccontando un episodio emblematico che lega amore e criminalità, parlando di Rossella Casini, che ha perso la vita per aver amato Francesco Frisina. Lui era figlio di una famiglia legata alla ’ndrangheta, la potente organizzazione criminale calabrese. Rossella ha lottato per liberarlo dalla spirale di violenza che lo circondava, ma ha dovuto affrontare conseguenze pesanti.
Saviano racconta che Rossella si è mossa con una forza delicata, mettendo in gioco se stessa per cercare di fermare le faide interne tra clan. Ha persino affrontato un boss chiedendo tregua in nome dell’amore. Non ce l’ha fatta ed è stata vittima di una violenza brutale: mutilata e uccisa, il suo corpo gettato in mare come segno di un messaggio crudele e senza pietà, un rito di morte che ha fatto notizia in tutta Italia.
Questa vicenda non è solo cronaca nera, ma diventa uno spunto su cui Saviano riflette sull’amore come forza che resiste anche davanti all’orrore. Ricorda le parole di Emily Dickinson per spiegare come l’amore, anche quando sembra distrutto, non si esaurisce mai. Rossella, con la sua storia, ha dimostrato qualcosa che va oltre la tragedia: l’amore esiste anche in chi ha scelto di affrontare il pericolo con un cuore aperto.
Punti chiave del monologo finale
La conclusione del monologo mette in luce il paradosso dell’amore, una “materia strana” secondo Saviano. Anche quando sembra consumarsi, non si esaurisce. L’amore, spiegava il giornalista, può dare libertà anche in prigionia. È una forza che non si deprime nel tempo, che si conserva in chi lo dona e in chi lo riceve.
Saviano si interroga senza risposte facili sulla vittoria o sconfitta di chi, come Rossella Casini, paga con la vita per un sentimento intenso e coraggioso. Pur nella violenza e nella perdita, l’amore mantiene una sua energia, una sua presenza che, nelle parole dello scrittore, non sparisce mai.
Il monologo ha messo sullo schermo un tema antico ma sempre attuale, dove la lotta per la verità si intreccia con la vita privata di chi la sceglie come strada, senza potersi davvero sottrarre. Sullo sfondo, un’Italia che non sempre accoglie questi gesti, ma che resta a osservare queste scelte estreme e le storie umane che ne derivano.