La rete umanitaria di Caritas Gerusalemme ha riavviato le attività sanitarie e di soccorso nella Striscia di Gaza, dopo una breve pausa dovuta alle tensioni esplose tra Israele e Iran. Queste operazioni sono cruciali in un contesto segnato da una crisi umanitaria grave, con molti bambini e donne che affrontano problemi di malnutrizione e difficoltà di accesso a cure mediche essenziali.
Situazione nutrizionale critica per i bambini e le donne a gaza
Le condizioni di vita a Gaza si sono deteriorate con una rapidità che lascia poco spazio a interventi ordinari. Secondo l’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari, quasi la totalità dei bambini sotto i due anni soffre di una grave carenza alimentare: il 92% non riceve cibo sufficiente a garantire lo sviluppo sano. In particolare, quasi 300 mila bambini sotto i cinque anni necessitano di integrazioni con vitamine e macronutrienti, allo stesso modo di 150 mila donne in gravidanza o che allattano.
Questa emergenza alimentare si riflette con evidenza nei reparti ospedalieri e nei centri di assistenza primaria, dove la domanda di cure legate alla malnutrizione è in forte crescita. La scarsità di risorse e le difficoltà logistiche impediscono di rispondere adeguatamente a questa richiesta, aggravando la situazione sanitaria già critica della popolazione.
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Pressione sulle strutture sanitarie
Gli ospedali della Striscia di Gaza sono sottoposti a pressioni enormi. Oltre alla scarsità di materiali e personale, quasi la metà delle strutture ospedaliere opera in modo limitato. Su 155 centri sanitari primari, solo 75 riescono a fornire servizi, molti dei quali con capacità parziali. Otto ospedali da campo restano operativi, ma tre di questi non sono pienamente funzionanti.
Le emergenze mediche superano di gran lunga le possibilità di trattamento all’interno della Striscia: tra 10.500 e 12.500 pazienti, compresi più di 4 mila bambini, avrebbero bisogno di essere trasferiti all’estero per ricevere cure adeguate. Tuttavia, solo poche decine sono riuscite a raggiungere strutture sanitarie europee, come quelle di Milano, che rimangono una piccola goccia rispetto all’entità del bisogno crescente.
L’intervento di caritas gerusalemme con le unità mobili e la riapertura della clinica
In questo scenario, Caritas Gerusalemme ha concentrato le sue risorse sugli aiuti sanitari. Attualmente, operano dieci unità mediche mobili nei punti più colpiti della Striscia. Questi mezzi permettono di portare assistenza anche dove le strutture fisse non sono accessibili o funzionanti. Presto si aggiungerà una nuova unità ricavata dalla “Papamobile” utilizzata da papa Francesco durante la visita a Betlemme nel 2014, uno strumento che darà ancora più forza al lavoro sul territorio.
Durante la tregua fissata nei primi mesi del 2025, è stato anche attivato un punto medico sulla strada costiera principale, l’al-Rashid Street, che serve un’area densamente popolata. La clinica ospedaliera di Caritas Gerusalemme a Gaza City è tornata a funzionare, offrendo un punto di riferimento fondamentale in una situazione difficile.
Difficoltà nell’approvvigionamento delle forniture protesiche
La rete di assistenza ha fornito protesi e servizi di riabilitazione fino al marzo scorso, ma le restrizioni sull’accesso dei beni all’interno della Striscia di Gaza, imposte da Israele, hanno complicato l’arrivo di materiali essenziali. Questo ha portato alla sospensione momentanea di molte attività, soprattutto quelle legate all’assistenza protesica.
Il blocco delle forniture rallenta interventi necessari e lascia molte persone senza accesso a cure importanti per la mobilità e la qualità della vita. La situazione rimane dunque fluida, con la rete di Caritas che cerca comunque di mantenere supporto e assistenza nei limiti consentiti dalle condizioni sul campo.
Il sostegno internazionale e la mobilitazione per la pace con la petizione #CeaseFireNow
Oltre all’azione diretta sul territorio, Caritas Gerusalemme e le sue realtà collegate, tra cui Caritas Ambrosiana, partecipano attivamente a una mobilitazione globale per fermare il conflitto. La petizione online #CeaseFireNow ha raccolto decine di migliaia di firme da associazioni e cittadini in vari Paesi, chiedendo una tregua immediata.
“Questa iniziativa si inserisce nel più ampio impegno di organizzazioni umanitarie che chiedono la fine delle ostilità per permettere la ripresa di aiuti e la riduzione della sofferenza della popolazione civile palestinese.” In assenza di un cessate il fuoco duraturo, ogni intervento rischia di diventare precario e frammentato, con un impatto limitato di fronte alle emergenze in atto.