L’evento drammatico che si è verificato a Gorla ha segnato la vita di molti, lasciando cicatrici indelebili nel cuore della comunità. La testimonianza di un sopravvissuto rivela le difficoltà e le coincidenze sfortunate di quella tragica mattina del 20 ottobre 1944, quando una bomba colpì una scuola, portando via la vita di molti bambini innocenti. Questo articolo esamina i ricordi di chi è sopravvissuto e l’impatto profondo che questo avvenimento ha avuto sulle generazioni successive.
Il terribile allerta e la fuga immediata
Il primo allarme si sentì alle 11.15. Gli insegnanti, seguendo le procedure di evacuazione, si affrettarono a condurre i bambini verso i rifugi sotterranei. Tra di loro c’era un bambino, che a soli sei anni aveva già fatto il suo ingresso in seconda elementare, saltando la prima grazie a un percorso scolastico privatista. Questa scelta si rivelò fondamentale per la sua salvezza e per quella di altri. Le prime classi, collocate al piano terra, furono tra le prime a fuggire, ma nessuno tra gli studenti di quelle aule poté farcela. Purtroppo, una bomba causò il crollo delle strutture coinvolgendo i rifugi.
Mentre i bambini si precipitavano verso i ripari, il ricordo di esserci dimenticati il cappotto si fece strada nella mente del piccolo. Tornare indietro a prenderlo si configurò come una decisione che, a posteriori, avrebbe cambiato il corso degli eventi. Durante la frenesia della discesa, si trovò a dover affrontare la presenza del bidello, che aveva lasciato aperto il portone della scuola. Ignorando il pericolo, il bambino corse verso l’uscita, e mentre il cielo si riempiva di esplosioni, la sua vita fu salvata per un soffio.
Una scappatoia in un momento cruciale
Il giovane fuggitivo, strisciando lungo le strade e costeggiando le abitazioni, riuscì ad arrivare al sagrato di una chiesa del quartiere. Qui un droghiere, rendendosi conto del pericolo imminente, lo strattonò nel suo negozio. Un attimo dopo, una bomba colpì la chiesa, provocando un’esplosione devastante. Nella cantina del negozio, con la bocca piena di polvere e gli orecchi che fischiavano, il bambino si rese conto di essere scampato a una sorte tragica. Questo rifugio temporaneo divenne un simbolo di salvezza in una giornata altrimenti segnata dalla perdita e dal dolore.
Dopo un tempo che sembrò infinito, il ragazzo si diresse verso casa. Durante il tragitto, per sua fortuna, incrociò sua madre, che era corsa verso la scuola nella speranza di trovarlo. Insieme, i due percorsero quella strada che aveva riempito le loro vite di paura e angoscia, ma che ora rappresentava la via del ritorno a un luogo sicuro, sebbene idealmente.
La tribolazione e le perdite tra gli amici
Con il passare dei giorni, il bilancio di quella mattina si fece chiaro e devastante. Solo un compagno di classe del giovane protagonista era sopravvissuto. Un amico che, per fortuna, si era ammalato di influenza e non era andato a scuola quel giorno. Gli altri, purtroppo, persero la vita nel crollo, un tragico epilogo che segnò per sempre il quartiere di Gorla. Mentre metà della comunità piangeva i propri figli, l’altra metà si trovava a riflettere sull’imprevedibilità della vita. La differente distribuzione oraria degli studenti sulle diverse estremità di Viale Monza risultò determinante per la sopravvivenza di alcuni.
Un nodo di colpa e il dolore della comunità
I genitori del ragazzo, traumatizzati dall’evento, decisero di allontanarlo dal quartiere. Si sentivano colpevoli per la sua sopravvivenza, tormentati dalle domande delle madri che avevano perso i propri figli. Queste interazioni quotidiane rappresentavano uno strazio emotivo. La vita del quartiere, una volta animata e serena, si era trasformata in un lento processo di lutto e rielaborazione del dolore. Anni dopo la guerra, quelle stesse madri si riunirono per festeggiare l’arrivo dei liberatori americani, cercando di lasciarsi alle spalle la memoria di una tragedia che aveva portato via i loro cari. La complessità delle emozioni evidenziava il conflitto interiore di una comunità che cercava di ricostruirsi dopo un orrore insostenibile.
L’impatto del trauma sulla vita di un sopravvissuto
Malgrado il passare degli anni, il ricordo di quel drammatico evento rimase impresso nella memoria del sopravvissuto. A distanza di otto decenni, ogni anniversario evocava un senso di tristezza profonda per tutti coloro che non avevano avuto la possibilità di vivere. Il ragazzo, cresciuto in un contesto famigliare protettivo, trovò comunque la forza per costruirsi una vita soddisfacente, sia professionalmente che personalmente.
Il trauma, sebbene presente, non sembrava aver offuscato la luce delle sue aspirazioni. Sebbene avesse trovato una carriera nel mondo della cultura e dell’editoria, la ferita lasciata da quella mattina rimase parte di lui. Fino ad oggi, questa esperienza ha influenzato il suo modo di percepire il mondo attorno, creando un conflitto interiore nei suoi sentimenti verso eventi e situazioni legate al potere e alla cultura.
Ultimo aggiornamento il 20 Ottobre 2024 da Marco Mintillo